Applicabilità della clausola compromissoria alla controversia sul valore di liquidazione della quota del socio receduto
La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società, sicché il socio, pur receduto, è dunque astretto dal vincolo compromissorio per tutto quanto attiene alle vicende sociali, trattandosi di conflitti che attengono comunque al sodalizio di impresa. La cessazione per qualunque causa del rapporto sociale non comporta l’inapplicabilità nei rapporti tra la società e l’ex socio della clausola arbitrale eventualmente contenuta nello statuto, la quale continua a spiegare i suoi effetti in ordine alle controversie aventi matrice nel contratto sociale, tra le quali devono essere ricompresi i conflitti nascenti dall’esercizio da parte del socio del diritto di recesso.
La controversia attinente alla liquidazione della quota del socio receduto, sebbene sorta successivamente alla sua fuoriuscita dalla compagine sociale, ha ad oggetto un credito che ha la sua fonte nel contratto sociale ed è assoggettata all’efficacia della clausola compromissoria: si tratta, infatti, di contesa attinente alla vicenda estintiva del rapporto sociale rispetto al singolo contraente che, considerata nel suo complesso, a prescindere dall’immediata operatività dello scioglimento del vincolo, ricomprende anche la fase della liquidazione del valore della quota del socio receduto, esaurendosi solo con il pagamento della somma dovuta.
Esclusione del socio di s.n.c. e tolleranza delle inadempienze da parte degli altri soci
L’art. 2286 c.c. prevede che l’esclusione del socio di società semplice, norma applicabile anche alle società in nome collettivo in forza del rinvio contenuto nell’art. 2293 c.c., possa essere disposta facoltativamente per tre ordini di motivi: (i) per gravi inadempienze ascrivibili al socio; (ii) per mutamenti dello stato personale del socio; (iii) per impossibilità del socio di eseguire il conferimento promesso. A fondamento della delibera di esclusione del socio di s.n.c. per gravi inadempienze non può essere posto un fatto che gli altri soci hanno tollerato per fatti concludenti, non essendo sussistente in tali ipotesi il necessario presupposto del venir meno del rapporto fiduciario.
Pur in difetto di espressa previsione legislativa, il giudizio di opposizione alla delibera di esclusione, secondo il procedimento di cui all’art. 2287, co. 2, c.c., deve essere introdotto dal socio con atto di citazione. Ne consegue che il rispetto del termine decadenziale di trenta giorni per promuovere opposizione, decorrenti dalla data di comunicazione della decisione di esclusione, deve essere valutato avendo riguardo alla data di notifica della citazione.
Il liquidatore di s.n.c. in concordato può promuovere azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori per violazione dell’art. 2303 c.c.
Vanno indiscutibilmente riconosciuti l’autonomia del patrimonio della società in nome collettivo da quello dei soci e, conseguentemente, un preciso obbligo dei soci-amministratori, quali gestori di un patrimonio autonomo, di dare conto della attività svolta nella amministrazione della società. Da ciò deriva un interesse della società all’integrità del proprio patrimonio e, pertanto, laddove la stessa successivamente sia messa in liquidazione ed acceda a concordato preventivo, sussiste l’interesse del liquidatore ad agire a tutela di tale integrità, promuovendo azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori che abbiano effettuato dei prelievi di cassa nonostante la società avesse perduto il proprio capitale sociale, così violando il divieto di distribuire utili di cui all’art. 2303 c.c. Per promuovere detta azione, il liquidatore non necessita della preventiva autorizzazione dell’assemblea – organo, peraltro, non contemplato dal legislatore per le s.n.c. – ma della preventiva autorizzazione del giudice delegato, che svolge funzione vicariante rispetto alla delibera assembleare.
La gestione unilaterale e padronale della società da parte del socio amministratore costituisce giusta causa di recesso ai sensi dell’art. 2285 c.c.
Nelle società in nome collettivo, la gestione unilaterale e padronale dell’impresa da parte del socio amministratore, caratterizzata dalla violazione degli obblighi di rendiconto con conseguente mancata distribuzione degli utili e dalla violazione degli obblighi fiscali, determina il venir meno del vincolo di fiducia che lega i soci [ LEGGI TUTTO ]
Improcedibilità della domanda di revoca del liquidatore per sopravvenuta carenza di interesse ad agire
Deve essere dichiarata l’improcedibilità della domanda di revoca del liquidatore di s.n.c. per giusta causa per sopravvenuta carenza di interesse ad agire qualora il liquidatore nelle more del giudizio abbia portato a termine il procedimento liquidatorio, avendo “liquidato” l’attivo [ LEGGI TUTTO ]
Esclusione ope iudicis del socio di s.n.c. per gravi inadempienze
Nell’ambito di una s.n.c. costituita da due soci al cinquanta per cento, congiuntamente amministratori, integrano “gravi inadempienze” ex art. 2286 c.c. le condotte del socio che si rifiuti di partecipare alla amministrazione della società e, al contempo, di stipulare un contratto di affitto di azienda o di vendita della medesima.
Per tali condotte omissive, perduranti e [ LEGGI TUTTO ]
Competenza del Tribunale a dichiarare lo scioglimento della s.n.c. anche in presenza di clausola compromissoria
La questione relativa alla sussistenza di una causa di scioglimento della società non riguarda soltanto il personale interesse dei soci, di per sé disponibile, quanto piuttosto l’interesse generale al mantenimento in vita della società, riferito [ LEGGI TUTTO ]
Scioglimento di s.n.c.: legittimazione attiva e passiva
Legittimato attivo a chiedere lo scioglimento della s.n.c. è il socio o il creditore che vanti nei confronti della società medesima delle ragioni di credito o dirette (quali quelle del socio receduto che chieda la liquidazione della propria quota) o indirette (quali quelle del creditore del socio nelle specifiche ipotesi previste dalla legge). [ LEGGI TUTTO ]
Prescrizione del diritto al risarcimento dei danni azionato dall’erede del socio defunto contro i soci superstiti
Si prescrive in cinque anni ex art. 2949 c.c. il diritto al risarcimento dei danni azionato dall’erede del socio defunto contro i soci superstiti della società in nome collettivo.
Responsabilità degli amministratori di s.n.c., legittimazione all’esercizio dell’azione sociale e prescrizione
Ai sensi degli artt. 2260 e 2293 c.c. la legittimazione all’azione sociale nei confronti degli amministratori di s.n.c. spetta alla società. [ LEGGI TUTTO ]