Il giudicato implicito
Qualora giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune a entrambe le cause o costituente indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo e il petitum del primo.
Nullità del contratto di fideiussione per contrasto con la normativa antitrust
Al fine di far valere la nullità di clausole contrattuali contenute in un contratto di fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust e invocare l’applicazione uniforme di clausole anticoncorrenziali, l’attore deve provare l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale anteriore o coeva alla stipulazione del contratto di garanzia e finalizzata all’applicazione uniforme delle clausole contestate, intesa che è elemento costitutivo essenziale ed imprescindibile per poter configurare una violazione dell’art. 2, co. 2, lett. a) della l. n. 287/1990. Al contrario, non è sufficiente fondare la domanda giudiziale sulla riproduzione, nel modello contrattuale fideiussorio impugnato predisposto dalla banca, di clausole contrattuali, quali la c.d. clausola di riviviscenza, quella di rinuncia per il garante ai termini dell’art. 1957 c.c. e di sopravvivenza, che riproducano lo schema negoziale predisposto dall’ABI già accertato come non compatibile con il suddetto art. 2, l. n. 287/1990 da parte della Banca d’Italia.
Sul valore probatorio dell’accertamento di infrazioni anticoncorrenziali ad opera delle Autorità di Vigilanza: le fideiussioni omnibus
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. n. 287/90, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della Banca di Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della l. n. 262 del 2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale. Pertanto, l’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia con il provvedimento amministrativo n. 55 del 2005 riferibile al periodo temporale ottobre 2022 – maggio 2005 esplica elevata attitudine probatoria in ordine all’esistenza dell’intesa anticoncorrenziale rispetto alle fideiussioni omnibus stipulate nel corso della finestra temporale oggetto dell’accertamento.
Quel che assume rilievo, ai fini della nullità delle clausole del contratto di fideiussione omnibus riproducenti lo schema ABI, è che esse costituiscono lo sbocco dell’intesa vietata e cioè che attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita nei confronti di tutti gli operatori del mercato; ciò che va accertato, pertanto, è la coincidenza delle condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che possa ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva, per cui il giudice deve valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva.
Con riferimento alle fideiussioni omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano il frutto o, meglio, l’estrinsecazione di un’intesa illecita ex art. 2 l. n. 287/1990, può configurarsi, oltre al rimedio del risarcimento del danno, anche quello civilistico della nullità speciale, posta – attraverso le previsioni di cui agli artt. 101 del TFUE e all’art. 2, co. 2, della l. 287/90 – a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico; dunque, nullità ulteriore a quella che il sistema già conosceva. In tal senso depone la considerazione che siffatta forma di nullità ha una portata più ampia della nullità codicistica (art. 1418 c.c.) e delle altre nullità conosciute dall’ordinamento – come la nullità di protezione nei contratti del consumatore (c.d. secondo contratto), e la nullità nei rapporti tra imprese (c.d. terzo contratto) –, in quanto colpisce anche atti, o combinazione di atti avvinti da un nesso funzionale, non tutti riconducibili alle suindicate fattispecie di natura contrattuale. La ratio di tale speciale regime è tale da ravvisarsi nell’esigenza di salvaguardia dell’ordine pubblico economico, a presidio del quale sono state dettate le norme imperative nazionali ed europee antitrust. Il contratto tra imprenditore e utente finale costituisce il compimento stesso dell’intesa anticompetitiva tra imprenditori, la sua realizzazione finale, il suo senso pregnante, mentre ragionando diversamente si giungerebbe a negare l’intero assetto, comunitario e nazionale, della normativa antitrust, la quale è posta a tutela non solo dell’imprenditore, ma di tutti i partecipanti al mercato.
Le clausole del contratto di fideiussione omnibus conformi a quelle di cui allo schema ABI illecito, devono essere dichiarate nulle in virtù al principio di conservazione degli atti negoziali, costituente la regola nell’ordinamento, a meno che non risulti comprovata agli atti una diversa volontà delle parti, nel senso dell’essenzialità, per l’assetto degli interessi divisato, dalla parte del contratto colpita da nullità. Va, per contro, esclusa la nullità totale del contratto a valle, con specifico riferimento alla fattispecie oggetto del presente giudizio. Ed invero, anche a prescindere dalle critiche mosse a siffatta impostazione – sotto i diversi profili dell’inconfigurabilità di un collegamento negoziale tra intesa e fideiussione, della non ravvisabilità di un vizio della causa o dell’oggetto, ecc.) –, è proprio la finalità perseguita dalla normativa antitrust ad escludere l’adeguatezza del rimedio in questione.
Il provvedimento n. 55 del 2005, quale prova privilegiata relativa alla sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale, non si estende né alla prova dell’esistenza del nesso di causalità tra il fatto illecito e il danno patito, né alla prova del danno conseguenza, che resta rimessa all’onere probatorio di parte istante. Se il legislatore avesse voluto estendere l’efficacia della decisione dell’Autorità Garante anche alla prova del nesso di causalità e del danno lo avrebbe fatto espressamente.
Distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia; nullità relativa e onere probatorio
A differenza del contratto di fideiussione, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, tutelando l’interesse all’esatto adempimento della relativa prestazione, il contratto autonomo di garanzia ha la funzione di tenere indenne, mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, avendo come causa quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso a detta mancata esecuzione. Ai fini della configurabilità di un contratto autonomo di garanzia piuttosto che di un contratto di fideiussione, non è decisivo l’impiego delle espressioni “a semplice richiesta” o “a prima richiesta” del creditore, bensì la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia. La caratteristica principale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione, infatti, è l’assenza dell’elemento dell’accessorietà della garanzia, insita nella circostanza che viene esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c.
L’art. 1419 c.c. richiama il generale favore dell’ordinamento per la conservazione, in quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale, per cui riveste carattere eccezionale l’estensione della nullità che colpisce la parte o la clausola all’intero contratto. Corollario di tale impostazione è la conseguenza che è a carico di chi ha interesse a far cadere in toto l’assetto di interessi programmato l’onere di fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, rimanendo precluso al giudice rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto. La nullità della singola o di alcune clausole contrattuali può comportare la nullità dell’intero contratto ovvero, al contrario, la conservazione dello stesso in dipendenza della scindibilità del contenuto negoziale, con necessità, dunque, di procedere alla valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all’eventualità del mancato inserimento di tale clausola, e, pertanto, in funzione dell’interesse in concreto dalle stesse perseguito. La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, può estendersi all’intero contratto, o a tutta la clausola, solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. In relazione all’art. 1419 c.c., la nullità parziale non si estende all’intero contenuto della disciplina negoziale se permane l’utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice.
Pur tenendo conto della situazione di asimmetria informativa indubbiamente gravante sull’attore, nelle cause stand alone – e cioè non direttamente fondate su fatti accertati in sede amministrativa di accertamento della violazione antitrust – l’attore è onerato quantomeno della necessità di fornire elementi anche indiziari atti a confermare la prosecuzione dell’intesa illecita anche successivamente al periodo accertato dall’Autorità antitrust.
Il provvedimento 55/2005 di Banca d’Italia riguarda solo le fideiussioni omnibus
L’oggetto dell’accertamento – sfociato poi nell’adozione del provvedimento 55/2005 – con cui Banca d’Italia ha accertato l’uniforme applicazione, da parte delle banche aderenti all’associazione ABI, di un modello di contratto standardizzato, da questa associazione predisposto, contenente, fra le altre, tre clausole ritenute violative della concorrenza risulta circoscritto alle condizioni generali delle fideiussioni omnibus, con ciò intendendosi quella particolare garanzia di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti presenti e futuri che il debitore ha assunto entro un limite massimo predeterminato ai sensi dell’art. 1938 c.c.
Sono nulli i contratti di fideiussioni omnibus a valle solo limitatamente alle clausole riproduttive dello schema illecito a monte, poiché adottato in violazione della normativa – nazionale ed eurounitaria – antitrust, a meno che non risulti comprovata agli atti una diversa volontà delle parti, nel senso dell’essenzialità – per l’assetto di interessi divisato – della parte del contratto colpita da nullità.
Nullità parziale della fideiussione omnibus conforme allo schema ABI
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), della l. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
La formulazione di una eccezione riconvenzionale in una materia devolta alla competenza delle sezioni specializzate in materia di imprese non comporta la separazione delle cause e lo spostamento della competenza. Specularmente, essendo la competenza sull’opposizione a decreto ingiuntivo una competenza funzionale inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di connessione, del giudice che ha emesso il decreto, ne deriva che questi, in caso sia proposta domanda riconvenzionale di competenza delle sezioni specializzate delle imprese di altro tribunale, è tenuto a separare le due cause, rimettendo quella relativa a quest’ultima domanda dinanzi al tribunale competente.
Schema ABI e nullità parziale dei contratti di fideiussione
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti. Dunque, ai fini di una declaratoria di nullità totale della fideiussione omnibus, incombe sulla parte istante la dimostrazione che i contraenti non avrebbero concluso il contratto in difetto di tali clausole.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia può considerarsi prova presuntiva tanto della condotta anticoncorrenziale quanto dell’astratta idoneità a procurare un danno ai consumatori solo nel caso in cui il contratto di fideiussione sia stato concluso e sottoscritto nell’arco temporale ricompreso nell’attività d’indagine svolta dall’Autorità di vigilanza (la cui istruttoria è compresa tra il 2002 e il 2005). In tale ipotesi, infatti, l’onere della prova incombente sul fideiussore risulta parzialmente attenuato; viceversa, ove non sia ricompreso, la parte istante è onerata dell’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale dedotto in giudizio, di cui all’art. 2 l. 287 del 1990.
Intese restrittive della concorrenza: i rapporti con i contratti stipulati a valle
Tra l’intesa a monte e la fideiussione bancaria a valle si configura un collegamento funzionale, alla cui stregua la stipula di tali atti può essere individuata come un’operazione unitaria tesa alla violazione della normativa antitrust nazionale ed europea. In tal guisa, l’art. 2, co. 3, l. 287/1990, statuisce che le intese vietate sono nulle ad ogni effetto, così comprendendo anche i contratti che conferiscono concreta attuazione all’intesa vietata.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Nullità delle fideiussioni omnibus e non rilevanza dell’applicazione dello schema ABI alle fideiussioni specifiche
In materia di fideiussioni bancarie, il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia (ratione temporis Autorità competente) assurge alla funzione di prova privilegiata della incompatibilità con le norme a tutela della concorrenza e del mercato della uniforme applicazione, da parte degli istituti bancari, di modelli contrattuali standardizzati contenti l’obbligo per il fideiussore di rimborsare la banca per le somme incassate in adempimento di obbligazioni garantite, se restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi (clausola c.d. di “reviviscenza”), la rinuncia ai termini dell’art. 1957 c.c. e l’estensione della fideiussione a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide (clausola c.d. di “sopravvivenza”). Poiché tali clausole sono da considerarsi quale sbocco “a valle” e manifestazione sintomatica dell’intesa vietata “a monte”, producendo l’effetto di limitare la possibilità di scelta tra i prodotti concorrenti sul mercato, la parte che intenda invocare la tutela reale assolverebbe all’onere probatorio su di sé incombente allegando e producendo il contratto di fideiussione ed il provvedimento dell’Autorità, mentre il Collegio sarebbe chiamato a verificare la conformità delle clausole impugnate rispetto a quelle censurate dal decreto 55/2005, ritenendone accertata l’anticoncorrenzialità. Tali premesse e conseguenze sono tuttavia applicabili limitatamente alle fideiussioni omnibus ed entro i limiti temporali oggetto dell’istruttoria compiuta dalla Banca d’Italia (2002/2005).
L’accertamento condotto dall’Autorità Garante ha avuto ad oggetto le condizioni generali della fideiussione omnibus, con ciò intendendosi quella particolare garanzia di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti presenti e futuri che il debitore ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1398 c.c. La nullità non può colpire anche le fideiussioni specifiche, riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus.
Nullità parziale di fideiussione omnibus per violazione di normativa antitrust: onere della prova
L’accesso alla tutela antitrust non è riservato alla sola categoria dei consumatori. Lo scopo della normativa antitrust di cui alla l. 287/1990 è quello di preservare e proteggere il funzionamento del mercato in senso oggettivo, in particolare dei valori della trasparenza e dalla correttezza, obiettivo che va ben oltre la tutela del singolo interesse individuale del soggetto che ha patito una lesione. Chiunque (consumatori, imprenditori, singoli utenti) può ritenersi vittima di illecito anticoncorrenziale e agire al fine di ottenere tutela reale (nullità), ricorrendone i presupposti.
In caso di accertamento dell’intesa anticoncorrenziale a monte dei contratti di fideiussioni omnibus per violazione all’art. 2, co. 2, lett. a), l. 287/90, nei contratti a valle si concretizza un regime di nullità parziale, in conformità al principio generale di conservazione del negozio giuridico. L’ipotesi di una nullità totale, quale possibile estensione della nullità di cui le clausole sono affette, rimane uno scenario eccezionale e di difficile verifica, rimesso completamente all’onere di allegazione, a carico della parte che ne ha interesse, di un quadro probatorio che dimostri l’essenzialità della componente viziata del negozio.
La mera produzione dello schema ABI e/o del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia può avere un’esaustiva efficacia probatoria solo quando l’oggetto della controversia sia una fideiussione sottoscritta nel periodo sostanzialmente coincidente con l’istruttoria compiuta o comunque immediatamente successivo a tale accertamento. Al di fuori del perimetro temporale coincidente con l’arco di tempo in cui si è svolta l’istruttoria – o comunque esteso al periodo successivo immediatamente coincidente, in ipotesi ancora verosimilmente connesso all’attuazione di tali intese – e, dunque, nel caso di fideiussioni sottoscritte in un periodo marcatamente precedente o successivo al periodo ricompreso tra il 2002 e il maggio 2005, parte attrice è onerata dall’allegazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito anticoncorrenziale di cui all’art. 2 l. 287/90, sia pure nei limiti in cui essa potrebbe dare conto della permanenza di tale intesa.