Sequestro giudiziario di partecipazioni alienate in violazione della prelazione societaria
Il patto di prelazione, inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali, siccome preordinato a garantire un particolare assetto proprietario ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente.
La violazione di tale clausola statutaria comporta l’inopponibilità nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione della cessione della partecipazione societaria, nonché l’obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto, alla stregua delle norme generali sull’inadempimento delle obbligazioni. L’efficacia reale del patto non implica la configurabilità di un diritto potestativo del socio pretermesso di “riscattare” la partecipazione nei confronti dell’acquirente e pertanto, proprio per la struttura e la natura della clausola di prelazione statutaria, il socio pretermesso non può ottenere una pronuncia di risoluzione o di nullità dell’atto di compravendita della partecipazione sociale (né tantomeno il riscatto), ma soltanto una pronuncia di accertamento dell’inefficacia dell’atto medesimo nei confronti della società. Quest’ultima, infatti, è tenuta a non considerare socio il soggetto che abbia acquistato la quota sociale sulla base di un atto posto in essere in violazione della clausola di prelazione.
Nel caso in cui, nonostante l’intervenuta accettazione della denuntiatio da parte del socio prelazionario, la partecipazione venga alienata ad un terzo, viene in rilievo direttamente il disposto di cui al terzo comma dell’art. 2470 c.c. Infatti, poichè il contenuto della denuntiatio ha la natura e gli effetti di una proposta contrattuale, la semplice accettazione da parte del destinatario è idonea a perfezionare il contratto di trasferimento delle partecipazioni, con conseguente immediato trasferimento della partecipazione sociale in favore del prelazionario. Verificandosi una siffatta ipotesi, si deve valutare se l’intervenuto acquisto – perfezionatosi mediante l’accettazione del prelazionario della denuntiatio – debba in ogni caso prevalere rispetto all’acquisto effettuato dal terzo, applicando l’ultimo comma dell’art. 2470 c.c. che impone di tener conto della buona fede nell’acquisto del secondo acquirente della quota. Quanto alla buona fede, essa va intesa come “mancata possibilità di conoscenza” e di conseguenza non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave.
Il primo comma dell’art. 669-septies c.p.c. dispone che l’ordinanza di rigetto non preclude la riproposizione dell’istanza per il provvedimento cautelare quando si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto. L’identità delle domande cautelari deve essere comunque rapportata alla prospettata domanda di merito, sicché la diversità di causa petendi e di petitum delle due domande di merito comporta la non sovrapponibilità della domanda cautelare (e l’esclusione dell’esistenza di un giudicato cautelare).
Diritto di intervento e di voto relativamente a quote di s.r.l. sequestrate
Con il sequestro delle quote il diritto di intervento e di voto in assemblea spetta al custode (artt. 2471 bis e 2352 c.c.); pertanto, il custode/amministratore delle quote totalitarie ha piena legittimazione non solo a convocare l’assemblea, ma anche a prendervi parte e ivi esprimere la volontà dell’assemblea in carica in luogo del socio.
La regola dell’incidenza della giusta causa di revoca solo sul piano risarcitorio e della correlata piena libertà dell’assemblea di revocare gli amministratori in ogni momento, prevista dall’art. 2383, co. 3, c.c. in tema di s.p.a., è applicabile in via analogica alla s.r.l.
Esecuzione del sequestro conservativo di azioni di s.p.a, istanza di riduzione del sequestro e nomina del custode delle azioni
Le modalità di esecuzione del sequestro conservativo di azioni di s.p.a. variano a seconda della circostanza che le azioni siano state emesse o meno. Nel caso di azioni incorporate in titoli effettivamente emessi dalla società, vengono in considerazione gli artt. 1997, 2022, 2024 c.c. e 3, co. 1 e 3, del r.d. n. 239/1942. Nel caso di azioni non emesse, ferma restando la loro sequestrabilità (pacificatamene desumibile dal disposto dell’art. 2352), la legge non detta una particolare disciplina esecutiva. Questa lacuna può essere colmata, stante la similitudine sussistente tra azioni non emesse e quote di s.r.l. (entrambe partecipazioni in società di capitali non incorporate in supporto cartolare e non dematerializzate), attraverso l’applicazione dell’art. 2471, co. 1, c.c., nella parte in cui prevede che il pignoramento venga eseguito mediante notificazione al debitore e alla società (non è invece applicabile la parte relativa all’iscrizione del vincolo nel registro delle imprese, che è propria del regime dell’efficacia del trasferimento nei confronti della s.r.l. e che non trova riscontro nella disciplina delle s.p.a.). Con riferimento alle azioni di s.p.a. non emesse, il sequestro conservativo dovrà essere eseguito con ingiunzione ex art. 492 c.p.c. da notificare sia al socio debitore che alla società, salvo l’obbligo degli amministratori di annotare il vincolo a libro soci ai fini dell’opponibilità ad eventuali successivi acquirenti.
L’eventuale irregolarità della fase di attuazione del sequestro conservativo non determina senz’altro l’inefficacia del provvedimento autorizzativo del sequestro prevista dall’art. 675 c.p.c. Tale perenzione, infatti, consegue solo ad una vera e propria inerzia della parte interessata, consistente in comportamenti meramente omissivi e di radicale mancata esecuzione. Pertanto, al fine di evitare l’inefficacia del sequestro sancita dall’art. 675 c.p.c. è sufficiente dare inizio all’esecuzione nel termine di 30 giorni (e ciò anche laddove l’esito sia infruttuoso e venga redatto verbale negativo di sequestro).
Per ottenere una riduzione del sequestro di azioni, il ricorrente ha l’onere di dimostrare la sussistenza dell’eccessività della misura cautelare subita e di fornire la prova del fatto che il valore dei beni sottoposti al vincolo eccede i limiti fissati dal giudice. A tali fini, deve essere considerato il valore reale e non meramente nominale delle azioni. Ciò perché il sequestro conservativo, mediante la conversione in pignoramento, è funzionale all’esecuzione forzata quale forma di soddisfazione coattiva ed effettiva del credito. Si deve aggiungere che una procedura esecutiva avente ad oggetto la vendita di azioni di società di capitali chiusa comporterebbe con ogni probabilità un loro consistente deprezzamento.
In caso di sequestro conservativo su quote di partecipazione societaria la competenza alla nomina del custode va riconosciuta, ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c., in capo al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare di sequestro, il quale provvede su espressa istanza di nomina di una delle parti.
Legittimazione del curatore ad esercitare l’azione di responsabilità in caso di sequestro di partecipazioni societarie e di azienda
Ove il sequestro riguardi partecipazioni societarie, il curatore potrà esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori volontari che erano in carica prima del sequestro ovvero in costanza di sequestro. Anche in caso di sequestro di azienda, il curatore, in virtù della legittimazione processuale generale a lui riconosciuta nell’esercizio di diritti afferenti la massa dei creditori, può esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli atti di mala gestio compiuti dagli amministratori volontari prima del sequestro penale. Più problematico appare, invece, l’esercizio dell’azione di responsabilità rispetto a condotte tenute dagli amministratori volontari in pendenza di sequestro. In questo caso, posto che l’amministratore giudiziario gestisce l’intera azienda con tutti i suoi beni mobili, immobili, conti correnti e disponibilità finanziarie e che non residuano beni nel patrimonio sociale, osta al riconoscimento della legittimazione, la necessaria inerenza del danno, eventualmente cagionato, ad un patrimonio. In tal caso, infatti, tutti i poteri di gestione appartengono all’amministratore giudiziario mentre l’organo di amministrazione volontaria, come avviene nel caso di fallimento, è in una posizione di sostanziale quiescenza per cui l’azione, astrattamente esperibile, risulterà difficilmente fondata. Il problema potrebbe porsi, in concreto, solo nel caso in cui l’amministratore volontario si ingerisca nella gestione dell’amministratore giudiziario, assumendo il contegno di un amministratore giudiziario “di fatto”. In quest’ultimo caso la legittimazione del curatore ad esperire l’azione di responsabilità va tuttavia esclusa potendo, detta condotta, essere rilevata solo dal giudice.
Sequestro giudiziario di quote di una società inclusa in un Trust
La domanda di nullità/annullamento/inefficacia dell’atto di assegnazione delle quote societarie conferite in Trust dal disponente, nonché l’assegnazione di dette quote ai beneficiari sono relative al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti, materia attribuita alla competenza della sezione imprese secondo il disposto di cui all’art. 3 d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come modificato dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con l. 24 marzo 2012, n. 27. Ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, sono attratte nella competenza del tribunale delle imprese anche le domande connesse, relative alla validità degli atti inerenti il Trust.
Non può essere riconosciuta soggettività giuridica al trust, che non è un soggetto giuridico dotato di una propria personalità; il trustee è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, non quale legale rappresentante di un soggetto, ma come soggetto che dispone del diritto.
Il sequestro giudiziario pone sul bene un vincolo di indisponibilità finalizzato a preservare l’attribuzione finale del bene di cui sia controversa in causa la proprietà o il possesso, e quindi ha natura del tutto affine a quella delle alienazioni di cui parla l’art. 2470 c.c. Allo stesso tempo il vincolo di indisponibilità derivante dal sequestro può essere considerato affine a quello preordinato all’espropriazione derivante dal pignoramento di cui tratta l’art. 2914, co. 1, n. 1, c.c.
Il sequestro giudiziario di quote di s.r.l. rientra tra i fatti di cui è prescritta l’iscrizione. La mancanza di una specifica previsione di legge che testualmente sancisca l’obbligo di iscrizione del sequestro nel registro delle imprese, non esclude la possibilità che tale obbligo sia ricavabile mediante interpretazione sistematica delle disposizioni legislative sul registro delle imprese. La tipicità degli atti soggetti a iscrizione deve essere intesa quale tipicità degli effetti che da tali atti discendono, nel senso che la previsione dell’obbligo di iscrizione di determinati eventi, che incidono su situazioni iscritte, determinandone la modifica o la cessazione, appare espressiva di un principio generale, in virtù del quale devono essere iscritti, pur in assenza di apposita previsione, tutti gli eventi modificativi o estintivi di situazioni iscritte. Così, la previsione dell’iscrizione nel registro delle imprese del pignoramento delle quote di s.r.l. (espressamente prevista dall’ art. 2471 c.c.) consente di ritenere la sussistenza di un obbligo di iscrizione, nonostante il silenzio della legge, di qualsiasi atto che determini un vincolo di indisponibilità su quote di s.r.l., quale quello derivante da sequestro giudiziario (espressamente ammesso dall’art. 2471 bis c.c., che tuttavia non ne precisa le modalità di attuazione), la cui funzione cautelare, in presenza di contestazione sulla proprietà o il possesso, serve, fra l’altro, a preservare il bene da rischio di alienazione.
Sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario
Ai fini della concessione del sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario – rappresentando quest’ultima una fattispecie di interposizione reale di persona – occorre che il fiduciante dia prova, quanto al fumus boni iuris, dell’esistenza del patto fiduciario e, quanto al periculum in mora, dell’esercizio di diritti dispositivi e/o amministrativi legati alla quota che sterilizzino la tutela reale del fiduciante.
In particolare, con riferimento all’esistenza del patto fiduciario, in mancanza di prova scritta del patto medesimo, l’onere probatorio può intendersi assolto anche mediante il ricorso a una serie di indizi gravi e concordanti di natura preventiva oltre che mediante il ricorso a testimoni e presunzioni, essendo il pactum fiduciae sussumibile allo schema del mandato senza rappresentanza. Con riferimento al periculum in mora occorre provare che il fiduciario stia ponendo in essere atti di gestione della quota che possano anche solo in astratto frustrare le aspettative del socio fiduciante (nel caso di specie, la convocazione di un’assemblea per la nomina di un nuovo amministratore di comodo del fiduciario).
Sequestro giudiziario di quote sociali controverse
Il sequestro giudiziario ex art. 670 cod. proc. civ. di quote sociali delle quali è controversa la proprietà, avendo l’attore formulato domanda di accertamento dell’esistenza di negozio fiduciario tra sé e la convenuta avente ad oggetto appunto l’intestazione di tali quote, con conseguente richiesta di sentenza ex art. 2932 cod. civ. disponente il trasferimento della partecipazione a sé medesimo, è autorizzato unicamente qualora l’attore ricorrente dimostri congiuntamente la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora.
Sequestro di quote sociali e competenza per territorio
Con riguardo a un giudizio cautelare promosso per il sequestro giudiziario di alcune quote sociali, è incompetente per territorio: (i) il tribunale di un luogo diverso da quello in cui il resistente ha la residenza, la dimora o il domicilio (art. 18 c.p.c.); (ii) il tribunale [ LEGGI TUTTO ]