Responsabilità dell’amministratore giudiziario
Il sequestro preventivo disciplinato dall’art. 321, comma 1, c.p.p. è una misura cautelare finalizzata ad evitare l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato ovvero l’agevolazione della commissione di altri reati, caratterizzata da ampia genericità cui si collega un’altrettanta ampia discrezionalità riconosciuta al pubblico ministero e al giudice penale nel disporne. Anche le misure cautelari reali debbono fondarsi sui principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, nel senso di assicurare il minor sacrificio possibile di diritti costituzionalmente tutelati quali il diritto di proprietà e di libertà di iniziativa economica privata. Il bilanciamento tra tali principi è demandato al giudice penale, il quale è tenuto a conformare la misura cautelare al caso concreto ed a garantire la minima compressione delle situazioni giuridiche colpite dal sequestro.
In tema di giudicato, la disposizione di cui all’art. 652 c.p.p. costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Pertanto, soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente.
In ogni caso, il giudice civile può tenere conto di tutti gli elementi di prova acquisiti in sede penale, ripercorrendo lo stesso iter argomentativo del giudice penale decidente e può inoltre trarre elementi di convincimento dalle risultanze del procedimento penale ponendo a base delle proprie conclusioni gli elementi di fatto già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, sottoponendoli al proprio vaglio critico e valutandoli autonomamente
Le norme di cui all’art. 65 e 67 c.p.c. si applicano anche al custode nominato in sede penale ai sensi dell’art. 321 c.p.p. e 104 bis disp. att. c.p.p. Pertanto, il custode deve provvedere alla conservazione e all’ amministrazione dei beni sequestrati secondo la diligenza del buon padre di famiglia, rispondendo altrimenti dei danni prodotti al proprietario dei beni stessi. I compiti del custode vanno individuati sia in tutte quelle attività conservative in senso stretto, finalizzate al mantenimento della piena integrità materiale del bene, sia in quelle attività in senso gestorio (come, ad esempio, l’esercizio del diritto di voto, l’impugnazione delle delibere assembleari) attività quest’ultima preclusa al proprietario e riservata al custode.
Il custode di cose sequestrate in sede penale opera esclusivamente per conto del giudice al cui controllo è sottoposto come suo ausiliare; se da ciò deriva l’assenza di ogni rapporto di tipo privatistico con i titolari delle cose poste sotto sequestro, questo non esclude che, nei confronti degli stessi, il custode possa assumere una propria autonoma responsabilità di natura extracontrattuale ove cagioni loro un danno a causa dell’inosservanza dei suoi doveri inerenti alla conservazione delle cose affidategli in custodia.
Sequestro ex art. 129 c.p.i. e sequestro penale
Il sequestro concesso ex art. 129 c.p.i. e il sequestro penale già in essere sulla stessa merce presentano diversi presupposti e finalità: la misura reale disposta in sede penale è destinata, in caso di condanna, a sfociare nella confisca a beneficio dell’erario e non nella soddisfazione dei creditori. A fronte delle pretese di terzi già rappresentate in sede penale sulla stessa merce, la richiesta di sequestro ‘industriale’ da parte del Fallimento appare sorretta dal distinto ed autonomo interesse a pignorare automaticamente quei beni all’esito dell’eventuale condanna, ove anche dovesse per qualsiasi ragione cadere il vincolo appostovi in sede penale.
Competenza in caso di sequestro penale convertito in misura di prevenzione patrimoniale ex d.lgs. 159/2011 di quote e intero patrimonio
Se le quote e l’intero patrimonio di una società consortile a responsabilità limitata sono stati oggetto di sequestro penale, successivamente convertito in misura di prevenzione patrimoniale, ai fini di confisca, ex art. 22 del d.lgs. 159/2011, qualsivoglia domanda di pagamento che trovi causa o titolo in eventi precedenti alla nomina dell’Amministrazione giudiziaria è di competenza del Giudice delegato alla misura cautelare secondo il procedimento di verifica dei crediti delineato dagli artt. 52, 57, 58 e 59 del d.lgs. 159/2011.
Sequestro penale successivo a pignoramento di quota di s.r.l. Quale il custode legittimato al voto?
Anche le delibere di bilancio possono essere oggetto di provvedimento di sospensione in quanto ai sensi dell’art. 2378 c.c. la sospensione può riguardare non solo quelle delibere che sono suscettibili di un’esecuzione in senso stretto, ma anche [ LEGGI TUTTO ]