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19 Novembre 2020

Necessità di comunicazione individuale al socio ai fini della regolarità della convocazione dell’assemblea

La comunicazione individuale al socio, da effettuarsi ai sensi dell’art. 2366 c.c., è l’unica forma idonea a garantire l’effettiva conoscenza della convocazione dell’assemblea. Altre modalità informali di convocazione, seppure riconosciute come prassi consolidate e previste dallo statuto, sono valide nella misura in cui rappresentano un’ulteriore modalità di convocazione, che si aggiunge e non si sostituisce alla necessaria comunicazione individualizzata. L’omissione della comunicazione individuale al socio – contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare – integra l’ipotesi di mancata convocazione dell’assemblea la quale, ex art. 2379 c.c., comporta la nullità della delibera assembleare.

La mancata accettazione di una proposta di finanziamento rivolta ai soci, non essendo sussumibile in una delle cause di esclusione legale di cui agli artt. 2531 e 2533 c.c., può determinare l’esclusione di un socio di cooperativa solo laddove esplicitamente prevista da una clausola statutaria.

10 Novembre 2020

Sulla validità della clausola penale contenuta in uno statuto sociale

Deve ritenersi valida la clausola statutaria che preveda una penale per il socio in caso di suo inadempimento a specifici obblighi sociali, laddove la stessa sia sufficientemente determinata e ancori l’entità della penale a dati specifici e oggettivi. Non costituisce invece elemento essenziale, ai fini della validità di tale clausola, la previa comunicazione al socio della quantificazione precisa della penale che gli sarà addebitata in caso di suo inadempimento.

Il Tribunale può ridurre d’ufficio la penale che ritenga manifestamente eccessiva, sempre che la parte interessata assolva agli oneri di allegazione e di prova sulla medesima incombenti in ordine alle circostanze rilevanti, al fine di formulare un giudizio di manifesta eccessività della penale.

27 Ottobre 2020

Diritto di libero accesso alle cooperative o solo risarcimento del danno ingiusto

L’illegittimità  dell’esclusione dalla qualità  di socio della cooperativa trova fondamento nella mancata osservanza dell’obbligo di motivazione ex art.2528 c.c. Il diritto di libero accesso alle cooperative ex art.2524 c.c è garantito salvo il caso in cui il medesimo statuto della cooperativa vada a prevedere la necessità  della sussistenza di determinati requisiti, ai fini dell’acquisizione dello status di socio.

Ai fini di una richiesta risarcitoria del danno ingiusto (patrimoniale e non patrimoniale) è  necessario l’accertamento del rapporto causale intercorrente tra l’esclusione dalla qualità  di socio e il prodursi del danno ingiusto. Dunque, ove l’acquisizione dello status di socio, stante la posizione giuridicamente rilevante e riconosciuta, sia subordinata al possesso di determinati requisiti previsti dallo statuto la sua negazione non va a costituire un violazione degli articoli richiamati.

28 Settembre 2020

Esclusione del socio da una società cooperativa

Appartiene alla competenza della Sezione Specializzata in materia di Imprese la controversia promossa da una società cooperativa avente ad oggetto l’accertamento della perdita della qualità di socio del convenuto, nonché, per connessione, quelle inerenti le altre domande aventi ad oggetto il rilascio dell’alloggio sociale e il pagamento dei canoni.

Responsabilità degli amministratori da omesso versamento delle imposte e delle ritenute previdenziali e tributarie

Gli amministratori hanno l’obbligo di pagare i debiti tributari e previdenziali né potrebbero sostenere di non essere a conoscenza dell’esistenza degli stessi, i quali derivano dall’andamento della gestione alla quale attendono. Il rapporto di causalità tra il mancato pagamento e la maturazione, sulle somme dovute, di interessi, sanzioni ed oneri è in re ipsa. Del tutto irrilevante in relazione al mancato pagamento delle imposte è la circostanza che la società operi nei limiti di una gestione meramente conservativa ai sensi dell’art. 2486 c.c., in quanto i limiti di gestione non esonerano certo gli amministratori dal pagare i debiti sociali o, quantomeno, dal presentare agli enti finanziari e previdenziali competenti un piano di rientro onde evitare il lievitare della somma dovuta per l’applicazione di interessi, sanzioni e altri oneri.

L’eccezione di prescrizione è eccezione in senso proprio e stretto, ossia non rilevabile d’ufficio dal giudice, come stabilito dall’art. 2938 c.c. e deve, pertanto, essere proposta nella comparsa costitutiva, da depositare almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione dei termini, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 166 c.p.c.

L’inerzia degli organi sociali non impedisce il recesso del socio di società cooperativa

In tema di società cooperative, il recesso convenzionale, contemplato dagli artt. 2518 e 2526 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 8 del D.L.vo 17 gennaio 2006, n. 6), in quanto previsto dall’atto costitutivo, costituisce manifestazione della volontà negoziale, la quale può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l’esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all’autorizzazione o all’approvazione del consiglio d’amministrazione o dell’assemblea dei soci. La necessità dell’autorizzazione non comporta la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell’ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito, e rispetto alla deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea opera come condizione di efficacia. Per tali principi e tenuto conto della natura recettizia del recesso, l’inerzia della cooperativa circa l’adozione di alcuno dei provvedimenti previsti dalla norma sopra richiamata non è ostativa all’intervenuta risoluzione del rapporto associativo.

Recesso del socio di società cooperativa edilizia

Il principio secondo il quale i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale (risoluzione del contratto, exceptio inadimpleti contractus, ecc.) non sono utilizzabili nel diverso ambito dei contratti societari – per essere questi ultimi caratterizzati non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo, sicché i rimedi invocabili sono quelli del recesso e dell’esclusione del socio – non si applica alle società cooperative, nelle quali il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all’organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo. In particolare, nell’ambito delle cooperative edilizie, un tale rapporto economico-giuridico, distinto da quello sociale, instaurandosi tra società e socio prenotatario a seguito dell’attribuzione dell’unità immobiliare costruita, caratterizza l’attribuzione come atto traslativo della proprietà a titolo oneroso, per cui riprendono vigore i rimedi generali volti a mantenere o ristabilire l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni.

In caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio di una società cooperativa edilizia, egli ha diritto sia alla liquidazione della quota sociale, con riguardo a quanto abbia versato a titolo di conferimento, sia alla restituzione di quanto versato a titolo di anticipazione, direttamente riconducibile all’acquisto ed all’assegnazione dell’alloggio (sempre che la proprietà dell’alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), posto che i rapporti fra socio e società sono, da un lato, attinenti all’attività sociale, comportanti l’obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione e, dall’altro, relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell’acquisto del terreno e della realizzazione degli alloggi. Con riguardo a tale secondo importo, al diritto di credito del socio non corrisponde un diritto di ritenzione dell’alloggio, non potendo egli avvalersi dell’exceptio inadimplenti non est adimplendum, di cui all’art. 1460 c.c., poiché gli obblighi di riconsegna dell’alloggio e di restituzione delle somme non sono configurabili come prestazioni reciproche di un sinallagma contrattuale, ma soltanto come un effetto del venir meno del rapporto sociale tra il socio receduto od escluso e la cooperativa.

18 Dicembre 2019

Autonomia statutaria nelle società cooperative in merito all’ammissibilità ed esclusione dei soci

La clausola statutaria che consente l’esclusione del socio di una società cooperativa è da ritenersi pienamente valida in quanto le partecipazioni a tali società, in cui tra l’altro assume rilevanza l’aspetto personalistico, è regolata dall’autonomia statutaria ed è sottoposta ad una disciplina che prevede la possibilità di stabilire nell’atto costitutivo le condizioni per l’ammissione dei soci ex art. 2521 co. 3 n. 6 c.c. e  sottoposta al vaglio degli amministratori e dell’assemblea, secondo le modalità procedurali di cui all’art. 2528 c.c.; in aggiunta si rileva come ex art. 2521 co. 3 n.7 c.c. e art. 2533 co. 1 n. 1 c.c. sia consentito alle società cooperative di prevedere nell’atto costitutivo specifiche clausole di esclusione.

Rileva inoltre come il cd. principio della “porta aperta” delle società cooperative si traduca esclusivamente nella previsione dell’art. 2524 co. 1 e 2 c.c., secondo il quale il capitale della cooperativa non viene fissato in un ammontare prestabilito e l’ammissione di nuovi soci, con le modalità previste, non determina alcuna modificazione all’atto costitutivo, non comportando in capo all’aspirante socio il riconoscimento di un diritto soggettivo, o di altra posizione giuridica equivalente, ad essere ammesso alla cooperativa (Cass. civ. n. 4259/97; App. Brescia 30.12.1993) in quanto la clausola dello Statuto che prevede condizioni di ammissibilità non ha valore di offerta al pubblico, e la richiesta di adesione al contratto sociale si pone come mera proposta contrattuale demandata alla decisione dell’organo amministrativo, dotato di potere di placet ex art. 2528 c.c. (Cass. civ. n. 12627 del 26.05.2006).

Infine, in merito all’ammissibilità della clausola statutaria che prevede l’esclusione del socio dalla società cooperativa se questo svolga, o tenti di svolgere, attività in concorrenza con la società stessa, giova precisare come tale clausola risulta ammissibile, in quanto riconducibile ad una delle clausole legali di esclusione previste dall’art. 2533 c.c., così come confermato dalla Suprema Corte chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della previsione secondo la quale è causa di esclusione del socio in virtù dell’attività svolta in concorrenza con la cooperativa ( Cass. civ. 7308 del 05.08.1994).