Trasformazione societaria e domanda di risoluzione del preliminare
Qualora vi sia una trasformazione da Spa in Srl, non è più eseguibile il preliminare avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali nei termini concordati dalle parti, essendo variato l’oggetto anche con riferimento alla qualità del bene: da azione a quote di srl. Da ciò si ricava che dalla diffida ad adempiere di un simile contratto rimasta infruttuosa non possa scaturire la risoluzione del contratto ex art 1454 c.c.
E’ presumibile che il socio detenuto presso una casa circondariale non abbia conoscenza dell’avvenuta notifica dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei soci effettuata presso il suo domicilio
La deliberazione dell’assemblea dei soci assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla, poiché il disposto dell’art. 2479 ter, c. 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese “in assenza assoluta di informazioni” non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull’avvio del procedimento deliberativo. Alla situazione di omessa convocazione dell’assemblea è equiparabile la mancata ricezione da parte del socio del relativo avviso in tempo utile per poter partecipare all’assemblea e, pertanto, ancorché sia stato correttamente avviato l’iter del procedimento deliberativo previsto dalla legge mediante la spedizione dell’avviso, la comprovata ignoranza da parte del socio della convocazione, determina la nullità della deliberazione.
E’ presumibile che il socio detenuto presso una casa circondariale non abbia avuto conoscenza della spedizione, ritualmente effettuata, dell’avviso di convocazione dell’assemblea al suo domicilio, in quanto la detenzione in carcere rappresenta indubbiamente un impedimento ostativo alla ricezione dell’avviso di convocazione all’assemblea a lui non imputabile tale da giustificare la declaratoria di nullità delle deliberazioni impugnate.
Scioglimento anticipato di s.r.l. per impossibilità di funzionamento e continuata inattività dell’assemblea
In base al disposto dell’articolo 2484, n. 3, c.c. lo scioglimento anticipato delle società a responsabilità limitata può avvenire qualora vi sia una “continua inattività” dell’assemblea o qualora sussista una “impossibilità di funzionamento” della stessa, ovvero quando un insanabile contrasto tra i soci renda l’organo assembleare incapace – in maniera stabile ed irreversibile – di assolvere le sue funzioni essenziali.
Nelle fattispecie in cui vi siano solo due soci paritetici, la sussistenza di un’insanabile conflittualità tra gli stessi, e il conseguente venire meno della fiducia reciproca, rende inevitabilmente impraticabili i meccanismi assembleari previsti dalla legge, con la conseguente impossibilità di un corretto, disteso e proficuo svolgimento dell’attività sociale. Appare del tutto irrilevante che tale impossibilità si configuri come una “continua inattività” dell’assemblea a causa della mancata partecipazione di un socio alle riunioni assembleari, posto che il dissidio tra i due soci paritetici, rendendo impossibile il raggiungimento delle maggioranze necessarie, provocherebbe comunque “un’impossibilità di funzionamento” dell’assemblea, integrando una causa tipica di scioglimento dell’ente.
Azione di responsabilità nei confronti degli attuali amministratori di s.r.l. con estensione a carico dei precedenti
In un giudizio di responsabilità di amministratori, di fatto o di diritto, di società a responsabilità limitata, la circostanza per cui il socio amministratore convenuto chiami in causa, quali corresponsabili, i precedenti amministratori integra la fattispecie di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. esercitata dal socio amministratore in surroga alla società. Corresponsabilità che, tuttavia, incontra un limite nel decorso del periodo di prescrizione quinquennale dalla cessazione della carica di amministratore.
In tale giudizio di responsabilità, che assume rilievo ogni qual volta risulti violato, dagli amministratori di fatto o di diritto, il dovere di diligenza professionale posto dagli artt. 2392 e 2476 c.c. e che si sostanzia nella gestione del patrimonio sociale e nella conduzione dell’attività economica nel modo più idoneo agli interessi della società, quest’ultima (o il socio che agisce in surroga ai sensi dell’art. 2476, co. 3, c.c.) ha soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni, l’illiceità delle condotte ed il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi; grava invece sugli amministratori, di fatto o di diritto, convenuti l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
Mancata convocazione dell’assemblea per la ricapitalizzazione ex art. 2482 ter c.c. e responsabilità dell’amministratore unico
Il mancato adempimento dell’obbligo di convocare l’assemblea per la ricapitalizzazione di una s.r.l. ex art. 2482 ter c.c. non integra di per sé una responsabilità dell’amministratore nei confronti del creditore sociale insoddisfatto, atteso che, ove l’amministratore avesse ottemperato all’obbligo richiamato, i soci avrebbero potuto scegliere, in luogo della ricapitalizzazione, l’alternativa loro offerta dalla legge di sciogliere la società, cui sarebbero comunque conseguite l’incapienza del patrimonio sociale e, quindi, l’infruttuosità di qualsiasi tentativo di escussione del creditore.
Azione sociale di responsabilità nella s.r.l.
L’esercizio dell’azione sociale di responsabilità deve essere deliberato, anche nelle società a responsabilità limitata, dall’assemblea dei soci. L’autorizzazione assembleare, dunque, si pone come requisito necessario per attribuire al legale rappresentante della società la legittimazione processuale e la volontà dei soci deve necessariamente essere espressa mediante una deliberazione da assumersi nell’assemblea in sede ordinaria (art. 2364, co. 1 n. 4, c.c.), non essendo ammesse forme equipollenti.
L’azione sociale di responsabilità si configura, per consolidata giurisprudenza, come un’azione risarcitoria di natura contrattuale, derivante dal rapporto che lega gli amministratori alla società e volta a reintegrare il patrimonio sociale in conseguenza del depauperamento cagionato dalla cattiva gestione degli amministratori e dalle condotte da questi posti in essere in violazione degli obblighi gravanti in forza della legge e delle previsioni dell’atto costitutivo, ovvero dell’obbligo generale di vigilanza o dell’obbligo di intervento preventivo e successivo. E’ onere della parte attrice allegare l’inadempimento sussistente in capo all’amministratore degli obblighi a lui imposti dalla legge e/o dall’atto costitutivo, nonché discendenti dal generale obbligo di vigilanza al fine di evitare il determinarsi di eventi dannosi.
La condotta dell’amministratore di s.r.l., equiparata per tale aspetto ai doveri che devono connotare il contegno degli amministratori di s.p.a., deve informarsi alla diligenza richiesta per la natura dell’incarico ed alle specifiche competenze del settore; trattasi, dunque, della speciale diligenza richiesta, ai sensi dell’art. 1176, 2° comma, al professionista e non, come previsto nei tempi precedenti alla riforma del diritto societario entrata in vigore il’1.1.2004, alla generica diligenza del mandatario.
Giova precisare che, ai fini della risarcibilità del danno, il soggetto agente, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore nei termini summenzionati, deve anche allegare e provare l’esistenza di un danno concreto, che si estrinsechi nel depauperamento del patrimonio sociale di cui si chiede il ristoro, nonché nella possibilità di ricondurre detta lesione alla condotta dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico.
La ripartizione dell’onere probatorio attribuisce alla parte attrice l’obbligo non solo di allegare l’inadempimento – nel caso di specie l’acquisto della società identificato come operazione antieconomica per la società e, dunque, lesiva del dovere di diligenza che impegna l’amministratore nei confronti della società stessa – ma anche l’onere di allegare e provare l’esistenza di un danno concreto, causalmente connesso alla condotta dell’amministratore.
Non costituisce causa di nullità del contratto preliminare di cessione di quote della S.r.l. il generico approfittamento di uno stato di debolezza psichica da cui non derivi alcun nocumento patrimoniale
L’azione di annullamento per incapacità naturale prevista dall’art. 1425 e 428 c.p.c. richiede, innanzitutto, la deduzione e prova dell’incapacità di intendere e di volere al momento della conclusione dell’accordo, non essendo sufficiente la mera suggestionabilità o debolezza psichica prospettata, mentre le altre azioni di annullamento per dolo, violenza o errore essenziale richiedono la deduzione e prova della specifica condotta tenuta dal contraente per incidere sulla volontà negoziale dell’altro che la convenuta non ha né descritto né offerto di provare in giudizio.
Laddove l’approfittamento della situazione di debolezza psichica dell’altro contraente integri la fattispecie del reato di circonvenzione d’incapace allora il contratto stipulato è nullo, ai sensi dell’art. 1418 c.c., per contrasto con norma imperativa, quale è l’art. 643 c.p..
Non costituisce un “atto che importi per il soggetto passivo qualsiasi effetto giuridico dannoso” tale da configurare un elemento del reato di circonvenzione d’incapace ex art. 643 c.p. l’esecuzione di un contratto preliminare che prevede un compenso congruo per la cessione di una quota di S.r.l. di una società messa in liquidazione per perdita integrale del capitale sociale in quanto manca l’elemento della pregiudizialità dell’impegno, anche se detto impegno sia stato assunto a causa di un generico approfittamento di una situazione di debolezza psichica.
Azione di responsabilità promossa dalla s.r.l. a socio unico
Ai sensi dell’art. 2393, co. 1 c.c., l’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa “in seguito a deliberazione dell’assemblea” e, in linea di principio, tale norma deve ritenersi applicabile anche alla s.r.l. a socio unico. Tuttavia, in quest’ultimo caso, qualora la società sia senza sindaci e qualora l’unico socio ricopra altresì la carica di amministratore unico, può ritenersi non indispensabile una formale delibera assembleare che autorizzi l’amministratore a proporre l’azione, ben potendo tale autorizzazione ravvisarsi (in re ipsa) nel conferimento della procura alle liti al proprio difensore.
Responsabilità dell’amministratore ex art. 2485 c.c. e mancata restituzione del ramo d’azienda in affitto
L’amministratore di S.r.l. che abbia ritardato nel rilevamento e accertamento delle condizioni di scioglimento della società per erosione del capitale sociale al di sotto del minimo legale ex art. 2484, co. 1, n. 4 c.c. omettendo l’assunzione di una delibera di aumento del capitale al di sopra del minimo ex art. 2482 ter c.c., di scioglimento o di attivazione di una procedura concorsuale per la soddisfazione dei creditori, è responsabile per il danno derivante dalla violazione dei doveri in qualità di amministratore ai sensi dell’art. 2485 c.c. laddove egli abbia omesso di restituire il ramo d’azienda in affitto già dal momento in cui l’attività caratteristica non poteva più continuare, in considerazione dell’andamento negativo e l’aumento esponenziale dei debiti già desumibile dai bilanci degli esercizi precedenti che avrebbe richiesto piuttosto una gestione in chiave conservativa e liquidatoria, determinando per il locatore una perdita per i canoni insoluti anche tenuto conto della possibilità di affittare il ramo d’azienda a terzi a pari condizioni.
Effettuazione di pagamenti, loro imputazione e onere della prova
Una volta dedotto che i pagamenti eseguiti dalla società convenuta in favore della società attrice per la restituzione dell’indebito versamento a titolo di deposito cauzionale da quest’ultima effettuato, sono compatibili con l’estinzione del debito, grava sul creditore l’onere di provare la loro imputazione a debito diverso, anche mediante l’analisi della specifica causale degli stessi.