Sull’onere di produrre in giudizio lo statuto violato da delibera assembleare
Il socio che impugni una delibera assembleare per violazione dello statuto ha l’onere di produrre il medesimo entro il termine decadenziale previsto dall’art. 183, co. 6, n. 2, c.p.c.; la decadenza è rilevabile d’ufficio e, in difetto di produzione, l’impugnazione deve essere rigettata.
L’abuso di maggioranza rappresenta un vizio idoneo a inficiare la delibera assembleare adottata quando essa non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, perché tesa al perseguimento, da parte dei soci di maggioranza, di un interesse personale antitetico a quello sociale, oppure perché espressione di un’attività fraudolenta dei soci di maggioranza, preordinata a ledere i diritti di partecipazione e i diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli. L’elemento discretivo tra la legittima soggezione della minoranza al principio maggioritario e l’abuso di detto principio è ravvisabile dalla ricorrenza di un superiore interesse sociale che rende giustificato il pregiudizio sopportato dalla minoranza. Grava sul socio impugnante l’onere di provare che alla base della decisione della maggioranza non vi fosse alcun interesse sociale e che alcun vantaggio per la società potesse derivarne.
Presupposti per il riconoscimento del TFM
Si deve rilevare come il TFM sia una componente della retribuzione aggiuntiva a quella ordinaria e in quanto tale concessa dallo Statuto o dalla assemblea ex art 2364 e 2389 c.c. Qualora lo statuto non preveda il TFM come dovuto, ma solo come possibile, è necessaria una delibera assembleare per far sorgere in capo all’ex amministratore il diritto all’indennità di fine mandato che reclama. Delibera che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa.
Impugnativa di una delibera assembleare di società consortile: linee guida per i soci
I soci di società consortile che interpongono impugnazione avverso un deliberato assembleare di tale società devono, inter alia, tenere in considerazione che: (i) rispetto a quanto previsto, in via generale, dall’art. 2606 c.c., prevarranno e si applicheranno, anche sulla scorta di un prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, le norme relative alla disciplina tipica della forma societaria prescelta da tale società consortile, (ii) la qualità di socio, anche ai fini del rilascio di eventuali deleghe, potrà essere fatta valere unicamente per tabulas nonché facendo pieno riferimento a quanto risultante dal registro delle imprese, (iii) le disposizioni statutarie prevalgono sempre su quelle dell’atto costitutivo, (iv) l’esistenza di situazioni di conflitto d’interesse in capo ai soci non è da sola sufficiente a fondare l’annullamento di una delibera assembleare dovendo altresì essere provato un danno, anche solo potenziale, per la società, (v) i soci che non abbiano interamente versato i conferimenti ma che – allo stesso tempo – non siano stati costretti a farlo entro un determinato limite temporale potranno essere ammessi a partecipare alle decisioni assembleari, (vi) la sussistenza di eventuali requisiti di legge in capo ai soci andrà accertata alla data di adozione della delibera e (vii) eventuali abusi del potere della maggioranza in danno della minoranza potranno configurarsi soltanto laddove la delibera arrechi danno agli interessi di uno o più soci di minoranza in assenza di un concorrente interesse e della società con l’esclusivo intento della maggioranza di arrecare nocumento alla minoranza.
Recesso convenzionale nelle società cooperative e competenza statutaria
Lo statuto della società cooperativa può legittimamente subordinare l’esercizio del recesso convenzionale alla ricorrenza di determinati presupposti o condizioni, tra cui l’autorizzazione o l’approvazione del consiglio di amministrazione. In un caso analogo, all’organo amministrativo viene accordato il potere discrezionale di verificare la corrispondenza della singola fattispecie concreta alle previsioni statutarie dettate con riferimento all’esercizio del diritto di recesso.
Responsabilità degli amministratori per la creazione di c.d. “fondi occulti” asseritamente impiegati nell’interesse sociale, prova del danno e interpretazione della clausola arbitrale contenuta in statuto
Nell’interpretazione della clausola arbitrale statutaria, in ossequio all’art. 1362 c.c., il giudice è tenuto a ricercare la comune intenzione delle parti senza arrestarsi al mero esame del senso letterale delle parole, ma pur sempre rispettando il valore semantico del linguaggio; sicché [ LEGGI TUTTO ]