Morte del socio e liquidazione della quota agli eredi: criteri di quantificazione
Nella disciplina legale dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente a un socio della società di persone, contenuta all’art. 2284 c.c. e applicabile alla società in nome collettivo in forza del richiamo dell’art. 2293 c.c., la morte di uno dei soci determina immediatamente lo scioglimento del vincolo del singolo socio al momento del decesso, ponendo i soci superstiti nell’alternativa tra: (i) continuare fra loro l’attività e liquidare la quota agli eredi del socio deceduto, titolari iure proprio verso la società del diritto di credito ad una somma di denaro corrispondente al valore della quota del socio defunto al momento del decesso, ai sensi dell’art. 2289 c.c.; (ii) sciogliere la società determinando la perdita del diritto degli eredi del socio defunto alla liquidazione della quota, con la conseguenza che essi saranno costretti a partecipare al procedimento di liquidazione della società; (iii) accordarsi con gli eredi del socio defunto per continuare con loro la società. La disciplina richiamata trova applicazione anche nell’ipotesi di società composta da due soli soci, così che il socio superstite, in mancanza dell’accordo per la continuazione della società con gli eredi del socio defunto, ha sempre l’alternativa tra l’offerta agli eredi della liquidazione del valore della quota appartenuta al socio deceduto e lo scioglimento anticipato della società.
Una volta che il socio superstite abbia optato per l’offerta agli eredi della liquidazione della quota appartenuta al defunto secondo le modalità previste dall’art. 2289 c.c., il diritto di credito degli eredi del socio deceduto è indifferente alle successive vicende della società, fossero anche lo scioglimento e lo stato di liquidazione derivanti dalla mancata ricostituzione della pluralità di soci.
L’art. 2289 c.c. prevede che nei casi di scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio la liquidazione in denaro della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento. La situazione patrimoniale a cui la norma richiamata si riferisce deve essere rapportata all’effettiva consistenza del patrimonio sociale nel giorno del decesso del socio. Non può, dunque, farsi semplice riferimento all’ultimo bilancio sociale ma deve essere redatta dall’amministratore, tenuto ai sensi dell’art. 2261 c.c. a rendere il conto della gestione, una situazione patrimoniale ad hoc, che rappresenti l’effettiva consistenza economica dell’azienda sociale all’epoca dello scioglimento del rapporto nei confronti del socio.
Nell’ipotesi di mancata redazione o di contestazione della situazione patrimoniale posta a fondamento della quantificazione della quota è onere del socio superstite, a prescindere dal fatto che il defunto fosse o meno socio amministratore, dimostrare quale fosse la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio mediante la produzione in giudizio delle scritture contabili della società. L’onere di provare il valore della quota del socio defunto di una società di persone, ai fini della liquidazione della stessa in favore degli eredi, incombe ai soci superstiti e non agli eredi del socio, in quanto solo i soci rimasti in società, e non certo gli eredi del defunto, sono in grado, con la produzione di scritture contabili della società, di dimostrare quale era la situazione patrimoniale nel giorno in cui si è verificata la morte del socio e quali sono gli utili e le perdite inerenti alle operazioni in corso in quel momento.
Dal mancato assolvimento da parte del socio superstite dell’onere di provare la situazione patrimoniale della società al momento del decesso del socio il giudice può trarre argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., nella soluzione delle specifiche contestazioni sollevate dall’erede del socio defunto in ordine alle singole poste patrimoniali.
La denuncia di vizi fondati sulla violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio effettivamente subito dal diritto di difesa in conseguenza della denunciata violazione, così che non può dar luogo a nullità dell’atto processuale la violazione che non abbia in concreto impedito la piena esplicazione del contraddittorio.
Successione mortis causa, trasmissione del diritto d’autore e condotte anticoncorrenziali
Quando ad invocare la tutela autorale è un soggetto terzo rispetto all’autore dell’opera dell’ingegno, il quale avrebbe acquistato la privativa sull’opera da un altro soggetto, anch’egli diverso dall’autore e che, a sua volta, avrebbe da quest’ultimo acquistato i diritti sull’operare in qualità di erede, occorre verificare la continuità e l’ampiezza dei trasferimenti del diritto fatto valere in giudizio, a partire dalla allegata cessione iure hereditatis.
L’autore può aver trasmesso iure hereditatis al figlio (dante causa, quest’ultimo, dell’odierna attrice) i soli diritti che, secondo la legge che regola la successione, facevano già parte del suo patrimonio al momento della morte. Da ciò consegue che il figlio non può aver acquistato i diritti esclusivi di sfruttamento economico di un’opera che, già prima della morte del padre, era caduta in pubblico dominio per la legge statunitense e che era, quindi, divenuta libera da privative. In questi termini, non può non rilevarsi che, a prescindere da ogni considerazione in ordine alla legge nazionale applicabile in materia di tutela autorale, la successione mortis causa è pacificamente regolata dalla legge statunitense.
Deve escludersi che la commercializzazione della traduzione dell’edizione originale di un’opera configuri un illecito anticoncorrenziale ai sensi dell’art. 2598 c.c. quando non ricorrono gli estremi della fattispecie di c.d. imitazione servile del prodotto per diversità strutturale e ontologica tra i due testi oggetto di traduzione, nonché per diversità del titolo e per la specifica indicazione che si tratta dell’“edizione originale” dell’opera. Il dato appare rilevante anche ai fini dell’esclusione dell’ipotesi di confondibilità tra i prodotti, atteso che il mercato di riferimento è rappresentato da studiosi e cultori, quindi da esperti della materia, difficilmente suscettibili di disorientamento circa l’origine e la natura della res posta in commercio, e non già da consumatori medi, se non proprio “profani”, sicuramente più esposti a ciò.
Successione dei soci di società di persone estinta nei rapporti obbligatori facenti capo all’ente
Il termine di prescrizione breve ex art. 2949, comma 1, c.c. non è applicabile per il caso del regresso nei confronti degli altri soci che si titoli nell’avvenuto pagamento, da parte di uno di essi, di un debito della società. Ché tale pagamento, e la relativa azione di regresso, pianamente si collocano come vicende attinenti all’ordinario svolgimento dell’attività imprenditoriale dell’ente. Le stesse [ LEGGI TUTTO ]