Recesso del socio: individuazione del termine massimo entro cui la messa in liquidazione della società può renderlo inefficace
L’interpretazione letterale e costituzionalmente orientata dell’art. 2473, comma 5, c.c. porta a ritenere che il termine entro cui la società, deliberando la propria messa in liquidazione, può rendere privo di efficacia il recesso legittimamente esercitato dal socio vada individuato in quello massimo di gg. 180 (pari al termine di preavviso previsto dal secondo comma dell’art. 2473 cc) più ulteriori gg. 180 (pari al termine massimo previsto dal quarto comma dell’art. 2473 c.c. entro cui deve essere eseguito il rimborso delle partecipazioni per cui è stato esercitato il diritto di recesso). Trattasi di interpretazione che è imposta dall’esigenza di garantire al socio receduto una ragionevole previsione della definitività degli effetti della sua manifestazione di volontà con la conseguenza che l’effetto conseguente alla dichiarazione di recesso si è ormai stabilizzato così come si è stabilizzato il diritto della ricorrente ad ottenere la liquidazione della quota. In buona sostanza, una volta che il recesso è divenuto efficace (decorso il termine di preavviso di gg. 180 entro cui il socio deve comunicare alla società la propria volontà di recedere), la società dispone di ulteriori gg. 180 (pari al termine entro cui deve procedere al rimborso della partecipazione) per deliberare l’eventuale messa in liquidazione e rendere, così, inefficace il recesso del socio ex art. 2473, comma 5, c.c., risultando, altrimenti, consacrato il diritto del socio alla liquidazione della quota.