Responsabilità precontrattuale e trasferimento di quote societarie
In tema di responsabilità precontrattuale, non sussiste alcuna responsabilità delle parti quando le trattative per la conclusione di un accordo di collaborazione commerciale non si sono concretizzate in un contratto definitivo, in assenza di prove tangibili circa la mala fede o il dolo di una delle parti nel recedere dalle trattative stesse. La mera esistenza di bozze contrattuali non sottoscritte e di incontri tra le parti per discutere i termini dell’accordo non è sufficiente a dimostrare il raggiungimento di un’intesa vincolante o la sussistenza di un obbligo a contrarre. Inoltre, non può essere accolta la domanda di trasferimento di quote societarie basata su un presunto accordo non formalizzato, in mancanza di elementi probatori che dimostrino un nesso di corrispettività tra la mancata conclusione dell’accordo di collaborazione e l’esclusione di una parte dalla compagine sociale di una nuova società.
Comunione erediaria di quote di S.r.l.
Quando al de cuius succedono più eredi si instaura tra loro una comunione sull’intero asse ereditario. Trattandosi di una comunione, tutti gli eredi sono comproprietari dei beni e contitolari dei diritti e dei debiti che fanno parte dell’eredità. È dunque attraverso la divisione ereditaria che il coerede diventa unico proprietario dei beni che gli sono assegnati ed il cui valore corrisponde a quello della sua quota ereditaria; divisione ereditaria che non può avvenire arbitrariamente, ma secundum legem. Il coerede, inoltre, può divenire titolare unico dei beni ereditari nel caso di rinuncia all’eredità da parte di tutti gli altri chiamati. [Nel caso di specie, l’attore chiedeva di retrocedere in suo favore le quote societarie del de cuius fiduciariamente intestate alle due convenute, quantomeno nella porzione a lui spettante quale erede. Sulle quote in questione, tuttavia, si era formata una comunione ereditaria in ragione della presenza di più coeredi, sicchè la sua pretesa poteva essere accolta solo previa divisione ereditaria o rinuncia all’eredità da parte degli altri coeredi].
Clausola di prelazione per la cessione di quote: natura e contenuto minimo della denuntiatio
L’art. 2469, co. 1, c.c., in tema di s.r.l., stabilisce la libera trasferibilità delle quote per atto tra vivi e a causa di morte, facendo salva una diversa disposizione dell’atto costitutivo. Quest’ultimo inciso normativo trova la sua estrinsecazione nelle clausole limitative della circolazione delle partecipazioni, nell’ambito delle quali deve certamente ricomprendersi la clausola di prelazione, la cui presenza nell’atto costitutivo obbliga il socio che voglia alienare la propria quota a offrirla agli altri soci, i quali avranno diritto di acquistarle alle medesime condizioni concordate con i terzi.
In presenza di una clausola statutaria di prelazione non dettagliata: 1) è necessario che la proposta contenga tutti gli elementi essenziali minimi del contratto di cessione di quote sociali; 2) al fine di stabilire se il soggetto passivo del rapporto di prelazione abbia l’obbligo di indicare anche il nome del terzo interessato all’acquisto, si deve ricorrere ai criteri di cui agli artt. 1362 ss. c.c., individuando le finalità che la clausola tutela, sì che l’indicazione del nominativo del terzo è da ritenere necessaria tutte le volte in cui la clausola di prelazione – alla stregua degli elementi del caso concreto forniti dal tipo sociale, dalla compagine societaria preesistente, dall’entità della percentuale da trasferire, ecc. – risulti posta anche a tutela dell’interesse del socio a influire, mediante la sua decisione se acquistare o no, sulla possibilità di ingresso in società di un soggetto a lui non gradito.
La denuntiatio, prevista dalla clausola di prelazione in caso di trasferimento delle quote di una società a responsabilità limitata, non si sostanzia dunque nella mera enunciazione della sola intenzione di vendere la propria quota, ma integra una vera e propria proposta contrattuale, che, come tale, deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto che si intende concludere.
L’atto di trasferimento delle quote eseguito in violazione della clausola di prelazione è inopponibile alla società.
Non vi sono oneri di forma per il trasferimento delle quote di s.r.l.
Non vi sono oneri di forma per il trasferimento della partecipazione di s.r.l., che può, dunque, avvenire, sia ad substantiam sia ad probationem, in forma libera. La forma, che pure continua ad essere richiesta, è solo ad regularitatem, nel senso che essa serve ai fini della iscrizione nel libro soci (se previsto nello statuto) e nel registro imprese. Si ha, cioè, una asimmetria fra forma per la validità (ad substantiam), che è libera, e forma per la pubblicità (ad regularitatem), che è la autentica notarile.
Sequestro giudiziario e conservativo delle quote sociali
Nel procedimento cautelare proposto ante causam è necessario che il ricorso contenga la precisa indicazione non solo del provvedimento cautelare richiesto, ma anche della causa petendi e del petitum del giudizio di merito, cui è prodromica l’azione cautelare, onde consentire alla controparte di poter adeguatamente difendersi in merito alla cautela invocata ed al giudice di compiere un adeguato accertamento sulla propria competenza a provvedere e sulla strumentalità della misura rispetto al diritto da cautelare.
La concessione di una misura cautelare ante causam va valutata nell’ottica della sua accessorietà rispetto al merito e della sua finalità di garantire la conservazione dell’utilità pratica che la decisione definitiva attribuirà alla parte, previo riconoscimento dei relativi diritti. La futura decisione sul merito costituisce altresì il limite per il contenuto del provvedimento cautelare sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo, non potendo esso attribuire alle parti beni che le stesse non potrebbero conseguire per effetto della sentenza.
Il sequestro giudiziario può essere concesso nell’ambito di una controversia sulla proprietà o sul possesso non soltanto quando sia esperita azione di rivendica, ma anche in ipotesi di azioni personali aventi per oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta, in quanto il termine “possesso”, usato dall’art. 670 c.p.c. unitamente a quello di “proprietà”, non va inteso in senso strettamente letterale, rientrando in esso anche la detenzione.
Ai fini dell’applicabilità dell’art. 670 c.p.c., legittimati a chiedere il sequestro giudiziario sono non soltanto i titolari dei diritti reali, ma anche i titolari di diritti personali relativi a beni mobili o immobili, poiché la controversia sulla proprietà o il possesso può sussistere non solo quando siano esperite le tipiche azioni a presidio di tali diritti, ma anche quando si tratti di azioni personali ad effetto la restituzione della cosa da altri detenuta.
Può sussistere il nesso di strumentalità tra il sequestro giudiziario delle quote sociali e l’ azione di merito volta al trasferimento coattivo delle stesse. Infatti, si è in presenza di una controversia sulla proprietà o il possesso ex art. 670 c.p.c., non soltanto quando siano o saranno esperite le caratteristiche azioni di rivendica, di manutenzione o di reintegrazione, ma anche nel caso in cui sia stata proposta o debba proporsi un’azione contrattuale che, se accolta, importi condanna alla restituzione di un bene, come nelle ipotesi di azioni personali aventi ad oggetto la restituzione della cosa da altri detenuta.
Per la concessione del sequestro giudiziario, non si richiede, come per il sequestro conservativo, che ricorra il pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo sufficiente, ai fini dell’estremo dell’opportunità richiesto dall’art. 670 n. 1 c.p.c., che lo stato di fatto in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l’attuazione del diritto controverso.
Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorchè riportati in apposito documento (cosiddetto “minuta” o “puntuazione”), risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori.
Valore soggettivo della clausola di prelazione
In linea generale, non può dirsi che la clausola di prelazione abbia di per sé la funzione di evitare ai soci non cedenti di vedere entrare soggetti non graditi nella compagine, potendo questo essere solo un effetto secondario della loro scelta di acquistare. Tuttavia, può accadere che lo statuto sociale valorizzi l’aspetto relativo al soggetto acquirente, precisando che la comunicazione al prelazionario debba contenere il nome dell’acquirente. In tali casi, la menzione del soggetto acquirente “o di società a lui riferibile” è indicazione sufficiente e sulla quale può formarsi un valido assenso del prelazionario, in quanto la limitata incertezza sul soggetto acquirente è subita allo stesso modo dai promittenti venditori.
Forma (libera) del contratto di cessione di partecipazioni e prova della sua stipulazione
Con riguardo alla prova della stipula di accordi involgenti società di capitali e pattuizioni assai complesse, volte al trasferimento di quote di una società straniera a mezzo di una società veicolo appositamente costituita in Italia, non rileva il difetto, di per sé, di un regolamento scritto, essendo il contratto di cessione di partecipazioni un negozio a forma libera, quanto piuttosto della formazione del consenso sulle rispettive obbligazioni.
Ripetizione dell’indebito e ritrasferimento di partecipazioni sociali oggetto di patto fiduciario
La ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 e ss. c.c. richiede, quali requisiti, la traditio da parte del solvens e l’assenza – originaria e sopravvenuta – di una valida giustificazione dell’attribuzione. In assenza della datio da parte dell’attore al convenuto in esecuzione delle pronunce di primo e secondo grado, medio tempore caducate a seguito della mancata riassunzione del giudizio conseguente alla cassazione della corte di legittimità, è da ritenersi mancante il presupposto dell’indebito oggettivo, non potendo diversamente il trasferimento trovare giustificazione in condotte del tutto autonome come quella, verificatasi nel caso di specie, di re-intestazione delle quote litigiose – oggetto di pronunce di primo e di secondo grado – attraverso la semplice annotazione a libro soci.
Anche qualora, ai fini dell’ottenimento del rimedio restitutorio, si invochi l’esistenza di un patto fiduciario vincolante tra le parti, deve rammentarsi che il pactum fiduciae ed il relativo obbligo restitutorio possono essere azionati dal fiduciante dal momento in cui l’obbligazione è esigibile e, dunque, dalla scadenza del termine se l’accordo lo prevede, ovvero, in mancanza, dal momento in cui il fiduciario manifesta la propria volontà di non adempiere all’obbligazione restitutoria e che, nel caso in esame, è stato individuato nella notifica dell’atto introduttivo del giudizio de quo.
Condizione risolutiva espressa: la cancellazione delle fideiussioni prestate dal socio a favore della società in caso di cessione delle quote
E’ valida la clausola contenuta nella scrittura privata stipulata tra soci di una s.r.l. secondo la quale la mancata cancellazione delle fideiussioni prestate dal socio a favore della società a seguito della cessione delle quote della stessa costituisce condizione risolutiva espressa del negozio di trasferimento delle quote societarie allo stesso intestate.
Cessione di partecipazioni sociali: vizio e difetto di qualità e clausole di garanzia
La consistenza patrimoniale della società nell’ambito della cessione di quote o azioni di quest’ultima rileva solo in presenza di una specifica garanzia assunta dal cedente, poichè la cessione ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Le carenze o i vizi relativi alla consistenza e alle caratteristiche dei beni ricompresi nel patrimonio sociale possono giustificare la risoluzione di tale contratto solo se sono state fornite a tale riguardo dal cedente specifiche garanzie contrattuali, anche se non vi è bisogno che esse vengano così espressamente qualificate, sufficiente essendo che il rilascio della garanzia si evinca inequivocamente dal contratto. In tutti gli altri casi va ribadita l’irrilevanza delle maggiori passività pregresse o delle minori attività, scoperte dall’acquirente successivamente al perfezionamento del contratto di cessione di quote, con conseguente perdita di valore delle stesse. Le tutele apprestate dalla legge – sia nella fase genetica (vizi della volontà) sia in quella funzionale (ai fini dell’esatta e corretta esecuzione del contratto) – proteggono l’interesse del compratore rispetto a discrepanze che riguardano le partecipazioni compravendute, non il patrimonio sociale.
Il vizio e il difetto di qualità in relazione alla compravendita di partecipazioni sociali può attenere, in via generale, unicamente alla qualità dei diritti e obblighi che in concreto la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire. Non può riguardare, invece, il suo valore economico in quanto esso non attiene all’oggetto del contratto, ma alla sfera delle valutazioni motivazionali delle parti.
La cessione della quota attuata sul presupposto di una determinata consistenza patrimoniale della società può inquadrarsi nell’ambito di un complesso regolamento negoziale, il quale ha per oggetto non solo l’acquisizione di un generico status socii, ma anche ulteriori obblighi a carico del cedente; tali obblighi possono per relationem essere collegati dalle parti, appunto, a una certa consistenza del patrimonio ovvero a determinate caratteristiche di beni sociali specificamente considerati.
Fra le clausole che possono essere previste ed introdotte nel contratto di cessione di partecipazioni societarie (clausole di garanzia, di gestione, di prezzo, di prelazione, di gradimento), quelle di garanzia tendono a garantire l’acquirente da passività potenziali o da attività inesistenti o minori, riferibili alla situazione aziendale ed imprenditoriale esistente al momento della cessione; è invece evidente che eventuali oneri e sopravvenienze future rientrano nell’ambito del normale rischio di impresa e non possono che gravare sul cessionario. Tali garanzie, da distinguere – a seconda della tecnica redazionale – in sintetiche o analitiche, possono salvaguardare il cessionario da generiche differenze negative, determinate da eventuali minusvalenze attive o plusvalenze passive rispetto alle risultanze di bilancio ad una certa data ovvero possono riguardare specificatamente determinate poste patrimoniali inserite in bilancio ovvero ancora possono riguardare gli sviluppi negativi derivanti da operazioni in essere al momento della cessione: le possibili opzioni negoziali sono innumerevoli e dipendono dal contenuto degli accordi.
In linea di massima, si possono individuare due tipi di garanzie: una relativa alla quota sociale oggetto del trasferimento (c.d. nomen verum) e una connessa alla situazione patrimoniale della società, le cui azioni/quote sono oggetto di cessione (c.d. nomen bonum); con riferimento alla prima, il cedente è tenuto solo a garantire che la partecipazione societaria ceduta è di sua proprietà e che ne può liberamente disporre, in assenza di vincoli, pesi o legami di sorta. Diverso è il discorso in relazione alla seconda garanzia, ricollegata al fatto che la partecipazione ceduta rappresenti effettivamente una determinata percentuale del capitale sociale e quel determinato valore economico, risultante dal bilancio (o, comunque, da una situazione patrimoniale) ad una certa data. In altre parole, questa seconda tipologia di clausole tende ad assicurare la consistenza patrimoniale e la capacità reddituale dell’impresa.