Tutela cautelare suppletiva del tribunale nelle more della instaurazione del procedimento arbitrale
La sospensione cautelare dell’efficacia della deliberazione assembleare – rispetto alla quale il giudizio di merito in ordine alla illegittimità della stessa sia devoluto dallo statuto ad un organo arbitrale – può essere richiesta al tribunale secondo le norme ordinarie, con ruolo vicario e suppletivo, tutte le volte in cui, in concreto, gli arbitri non abbiano la possibilità di intervenire efficacemente con l’esercizio cautelare (ad esempio per la mancata instaurazione del procedimento arbitrale o a causa dei tempi tecnici di costituzione dell’organo), al fine di garantire agli interessati la piena e concreta fruizione del diritto di agire in giudizio ai sensi dell’art. 24 Cost. (norma di cui l’effettività della tutela cautelare costituisce componente essenziale ed immanente al fine di evitare che la durata del processo si risolva in un danno della parte che ha ragione).
Decisione dei soci di s.r.l. in materie gestorie
In assenza di una espressa riserva gestoria in favore dei soci, contenuta ex art. 2475, co.1, c.c. nello statuto sociale, ogni eventuale decisione dell’assemblea in tale materia, eventualmente provocata dagli amministratori o dagli stessi soci ex art. 2479 c.c. non è vincolante per gli amministratori, avendo per gli stessi carattere meramente consultivo. Per tale motivo, in sede di impugnazione ex art. 2378 c.c. della medesima decisione assembleare, non è rilevante – e nemmeno valutabile dal giudice ai fini dell’art. 2479-ter c.c. che la stessa sia stata assunta con il voto determinante di un socio che versava in conflitto di interesse.
Ricorso abusivo alla tutela cautelare atipica. Nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c. e successive vicende
Il ricorso allo strumento ex art. 700 c.p.c. avanti ad un giudice incompetente, al solo scopo di riproporre poi avanti a lui iniziative cautelari di contenuto sostanzialmente equivalente a quelle già più o meno infruttuosamente esperite nella sede propria utilizzando lo strumento cautelare tipico, deve ritenersi non solo inammissibile, ma altresì palesemente abusivo e processualmente scorretto. [ LEGGI TUTTO ]
Violazione del patto di non concorrenza e sfruttamento indebito dei segreti commerciali
Vizi nella redazione del bilancio e genericità delle contestazioni
Limitarsi a contestare la redazione del bilancio secondo criteri non liquidatori, senza fare alcuno specifico riferimento a singole poste inficiate da criteri di valorizzazione improntati a una erronea prospettiva di continuità aziendale, non integra, per eccessiva genericità, il fumus di fondatezza della impugnazione di delibera assembleare di approvazione del bilancio, asseritamente nulla – a dire di parte attrice ricorrente – per violazione dei principi di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società. [ LEGGI TUTTO ]
Accertamento cautelare e rischio di confusione tra segni utilizzati nell’attività politica: l’emblema della fiamma tricolore
La concorrenza sleale c.d. parassitaria prescinde dalla nullità dei segni distintivi dell’impresa, potendo ben risultare aliunde
Ai fini concorrenziali rileva l’attività confusoria e parassitaria in sé considerata, attività che prescinde del tutto dalla validità o meno del marchio. Un’impresa, infatti, ha tutela contro la concorrenza sleale indipendentemente dalla validità dei titoli di privativa industriale di cui fosse eventualmente titolare, come avviene nel caso di utilizzo di una ditta o insegna identica da parte di un concorrente.
In altre parole, quand’anche il marchio fosse nullo in quanto non distintivo, sarebbe in ogni caso concorrenzialmente illecita l’attività di un concorrente che si propone su internet quale rivenditore degli stessi identici prodotti, sfruttandone parassitariamente l’iniziativa commerciale mediante l’adozione dei medesimi codici ASIN, in tal modo comparendo sistematicamente quale rivenditore alternativo all’impresa in qualsivoglia ricerca eseguita da un utente.
La contestualità del deposito del ricorso cautelare come presupposto necessario ex art. 2378, III comma, codice civile
L’art. 2378, III comma, c.c. stabilisce che l’impugnante può chiedere, mediante ricorso cautelare depositato contestualmente all’atto di citazione, la sospensione dell’esecuzione della deliberazione impugnata. La ratio è quella di evitare gli effetti distorsivi di una eventuale azione di sospensione della delibera sociale disgiunta dalla azione di annullamento della stessa. L’intenzione del legislatore è, quindi, che l’azione cautelare di sospensione della delibera possa vivere solo dentro il processo il cui oggetto sia la dichiarazione della sua eventuale invalidità. Evidentemente, questa precisa scelta, risponde alla logica di certezza dei rapporti giuridici e, prima ancora, della stabilità degli effetti delle decisioni assunte, che permeano l’intera disciplina del diritto societario, in funzione delle esigenze di certezza e stabilità dei traffici economici.
Il principio di contestualità va, quindi, letto in questa chiave: l’oggetto dei due accertamenti – quello cautelare in funzione di garanzia per gli effetti della pronuncia definitiva rispetto al rapporto sostanziale – deve coesistere e non può essere scisso; rimanendo inammissibile un giudizio cautelare tipico autonomo.
Rimedi avverso deliberazione di esclusione da società semplice
Stante il carattere residuale del rimedio ex art. 700 c.p.c., è inammissibile il ricorso col quale si chieda in via d’urgenza un provvedimento di sospensione della delibera assembleare di una società di persone circa l’esclusione della qualità di socio, in presenza del rimedio tipico previsto dall’opposizione ex art. 2286 e 2287 c.c. In ogni caso, anche qualora detto rimedio fosse ritenuto ammissibile, deve considerarsi infondata l’istanza cautelare diretta ad ottenere la sospensione della deliberazione di esclusione di un socio di una società di persone qualora non sia stato proposto il giudizio ai sensi dell’art. 2287 c.c. in quanto il giudizio cautelare deve essere correlato a un pendente giudizio di merito.
Ammissibilità della tutela cautelare per i diritti di credito
Lo strumento cautelare costituisce una componente essenziale ed ineliminabile della tutela giurisdizionale, tutela da intendersi come concreta attuazione del principio secondo il quale la durata del processo non deve andare a danno della parte che ha ragione, rendendo vana l’attuazione satisfattiva del diritto. La garanzia costituzionale del diritto d’azione trova completa attuazione sul versante cautelare solo con un’azione d’urgenza di carattere generale. La tutela urgente è, dunque, lo strumento che munisce i diritti soggettivi di un’idonea tutela che anticipa quella fornita dai rimedi ordinari e ne rappresenta una componente irrinunciabile, in un sistema giurisdizionale che voglia essere efficiente e, soprattutto, effettivo. Questo collegamento strumentale della tutela cautelare d’urgenza con l’esigenza d’attuare il principio d’effettività della giurisdizione, mostra con tutta evidenza che l’ambito oggettivo di applicazione della tutela d’urgenza deve essere identico a quello della tutela giurisdizionale di cognizione che è, com’è noto, la via ordinaria di tutela dei diritti soggettivi. Ciò implica che la tutela d’urgenza sia strumentale indistintamente a tutte le forme di tutela giurisdizionale “in via ordinaria”, e che la misura cautelare è, quindi, strumento di salvaguardia dei diritti soggettivi di qualunque natura, senza che si possano operare distinzioni di sorta.
Con riferimento ai diritti di credito si è assistito all’abbandono della teoria della non tutelabilità a priori per la astratta risarcibilità, in termini monetari, della relativa lesione, potendo configurarsi casi in cui gli strumenti risarcitori per la riparazione definitiva del pregiudizio sofferto non appaiano in grado di assicurare una tutela satisfattoria completa, con il conseguente determinarsi di uno scarto intollerabile tra il danno subito ed il danno risarcito.