Il carattere più o meno forte del segno distintivo
L’art. 122 c.p.i. non esclude la proponibilità della mera eccezione di nullità del marchio (sulla scorta del presente principio di diritto il Tribunale ha ritenuto ammissibile, per il nostro ordinamento, l’eccezione di nullità proposta dal convenuto in contraffazione al solo fine di paralizzare la domanda avversaria e non anche allo scopo di ottenere la declaratoria di nullità del marchio asseritamente contraffatto; ciò diversamente da quanto previsto in materia di marchio comunitario dal Reg. CE 207/2009 – oramai superato per effetto del Reg. UE 1001/2017 – il cui art. 99 poneva limiti alla proponibilità delle domande di nullità in forma diversa da quella della domanda riconvenzionale).
Il marchio costituito dalle parole “Regina Margherita” riferito alla attività di ristorazione napoletana, ed in particolare alla pizzeria, viene ad avere carattere descrittivo del prodotto somministrato, la pizza, nella particolare ricetta di grandissima diffusione che riporta i colori della bandiera: rosso il pomodoro, bianca la mozzarella e verde il basilico; per l’effetto tale marchio, in riferimento alla classe 43, è un marchio che può acquisire carattere distintivo ed essere validamente registrato solo in ragione degli elementi figurativi che si aggiungono o connotano le parole in sé, mancando nella denominazione “Regina Margherita”, di per sé considerata, il carattere distintivo necessario.
Il carattere più o meno forte del segno distintivo rileva, ai fini della tutela, perché consente margini diversi di interferenza lecita agli altri segni: un segno composto da elementi fortemente distintivi, che quindi nel mercato vale a richiamare fortemente il prodotto e il produttore cui è associato, non potrà verosimilmente essere riprodotto neppure in parte senza che vi sia contraffazione, mentre un segno che connotato da un aspetto almeno parzialmente descrittivo potrà convivere nel mercato con segni oggettivamente interferenti ogni qualvolta l’interferenza riguardi gli aspetti descrittivi e non riguardi la porzione distintiva.
Al fine di dimostrare l’assunzione, da parte di un segno distintivo, di un secondary meaning non basta che l’imprenditore dimostri di avere fatto pubblicità, e utilizzato il segno, nella rete, sui social, diffondendolo vastamente, ma occorre dimostrare che l’uso del segno ha conseguito un effetto specifico, cosicché gli elementi che lo compongono, pur mantenendo il loro significato per così dire naturalistico, hanno acquisito una ulteriore valenza, richiamando nella percezione dei consumatori, il produttore o il prodotto a cui quel segno è abitualmente associato.
La concessione in licenza del marchio costituisce una forma di uso posta in essere dal titolare del diritto; si tratta infatti di una condotta positiva, a cui consegue anche un ritorno economico, e che consente che il segno sia utilizzato nel mercato.
Non vi è dubbio che il criterio della royalty corrisponda al minimo liquidabile, atteso che non include alcun aspetto sanzionatorio, imponendo, in definitiva, a chi ha improntato la propria condotta all’agire illecito, il solo prezzo di acquisto del bene (marchio) di cui ha usufruito.
Assenza di apposita clausola di sell-off: l’uso del marchio fuori dal periodo di durata della licenza è ammissibile solo per un periodo congruo al fine di bilanciare gli interessi delle parti
Il venire meno del titolo contrattuale che autorizza l’utilizzo dei segni distintivi fa venire meno il consenso all’utilizzazione dei detti segni distintivi. Purtuttavia, successivamente alla scadenza del contratto di licenza, si può pattuire un termine per la lecita commercializzazione delle scorte o, in caso di mancata previsione, può giustificarsi -in base al canone di buona fede, che sempre deve presiedere i rapporti contrattuali- un circoscritto termine finalizzato allo smaltimento delle scorte. Nel contemperamento degli opposti interessi del titolare del segno e dell’ex licenziatario, in mancanza di un’espressa previsione, il periodo temporale di commercializzazione, successivo alla scadenza del contratto di licenza, deve essere limitato secondo criteri di equità, tenendo conto, da un lato, della natura di diritto assoluto della privativa e, dall’altro, della legittima aspettativa dell’ex licenziatario in buona fede allo smaltimento di giacenze prodotte nel periodo di vigenza del contratto. Tale periodo va circoscritto, tenendo presente gli elementi e le peculiarità del caso di specie e, in particolare, valutando la durata dei rapporti contrattuali e le quantità di prodotti oggetto della produzione. In base agli usi, quando non sia prevista dalle parti una espressa clausola di sell off, si ritiene congruo, per il lecito smaltimento di giacenze, un arco temporale individuabile tra i tre e i sei mesi. La liceità dell’uso del segno è circoscritta alla finalità dello smaltimento delle giacenze e, quindi, non può scriminare condotte volte a promuovere nuovi prodotti, come la promozione e la pubblicizzazione di nuovi modelli, attraverso nuovi cataloghi relativi ad anni successivi alla cessazione della licenza. Tale condotta consentirebbe surrettiziamente l’uso dei segni distintivi altrui, in palese violazione dei diritti assoluti di privativa, per un periodo di tempo indefinito e di gran lunga superiore a quelli riconducibili alla legittima aspettativa dell’ex licenziatario.[Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto incongruo un periodo di due anni successivi alla cessazione del contratto di licenza, ai fini del lecito smaltimento delle giacenze. Esso è infatti eccessivo rispetto agli usi, nonché valutando in concreto la durata biennale del contratto di licenza, addirittura uguagliato, se non superato, dal periodo successivo di utilizzazione non autorizzato dei segni distintivi].
Presupposti del litisconsorzio necessario e rinomanza del marchio. Interesse ad agire per la decadenza di un marchio nazionale e caratteri dell’uso idoneo ad evitare la decadenza
Il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, solo quando la situazione giuridica azionata è strutturalmente comune a una pluralità di soggetti, e la decisione non può conseguire il proprio scopo se non è resa nei confronti di tutti questi. Al fine di determinare il ricorrere di un’ipotesi di litisconsorzio necessario [ LEGGI TUTTO ]
Uso indebito della denominazione del partner a seguito della cessazione del contratto di collaborazione
Una volta cessata la partnership fra due soggetti giuridici, in base alla quale il primo veniva autorizzato a spendere la denominazione del secondo per descrivere l’esistenza della collaborazione, è consentito al primo continuare a usare la denominazione del secondo al solo fine di esporre al pubblico la propria storia imprenditoriale. É invece illecita [ LEGGI TUTTO ]
L’uso effettivo del marchio da parte di un’impresa appartenente al medesimo gruppo del titolare è idoneo ad evitare la decadenza per non uso
L’eccezione di decadenza per non uso del marchio non è fondata quando essa riguarda una categoria di prodotti rispetto ai quali sarebbe integrato l’illecito contraffattorio, illecito che non necessita della perfetta identità delle classi di prodotti dei cui marchi si discute, essendo sufficiente la mera affinità degli stessi. [ LEGGI TUTTO ]
La decadenza del marchio registrato: interesse ad agire e nozione di uso effettivo
L’interesse all’agire nelle cause di declaratoria di decadenza per non uso del marchio sussiste in capo a tutti gli operatori del settore cui la privativa si riferisce che rinvengono nella presenza del marchio un ostacolo all’esercizio della loro attività.
Sussiste un uso effettivo del marchio allorché questo assolva la sua funzione essenziale di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, [ LEGGI TUTTO ]
Indebito uso e registrazione del marchio anteriore registrato altrui nel settore vitivinicolo
La valutazione sulla obiettiva confondibilità dei segni distintivi va compiuta in maniera unitaria e sintetica dal punto di vista dei consumatori che siano dotati di media intelligenza e diligenza e non può risolversi in un’indagine di fatto sul raffronto tra il numero dei consumatori effettivamente caduti in confusione e quelli che invece non lo sono, tenendo altresì in considerazione se i prodotti siano destinati al commercio all’ingrosso e al dettaglio, quindi (anche) al grande pubblico. [nel caso di specie ritiene il Tribunale che ai fini della sussistenza del requisito della confondibilità assuma rilievo determinante l’uso da parte della convenuta del nucleo essenziale del marchio registrato dalla società attrice, la parola AUGUSTALE, denominazione di un’antica moneta d’oro con l’effige dell’imperatore romano Augusto, che, oltre a non essere una parola di uso comune, non ha una funzione intrinsecamente descrittiva dei prodotti per distinguere i quali è stata utilizzata, i vini, ma è ad essi collegata in virtù di un accostamento di pura fantasia che le attribuisce originalità ed efficacia individualizzante. Non assume rilievo in senso contrario l’aggiunta – sulle etichette dell’impresa convenuta – del nome del vitigno indicativa della provenienza geografica del prodotto].
Ai fini della liquidazione equitativa del danno e, in particolare, dell’ammontare delle spese sostenute a causa della contraffazione, assumono rilievo le spese documentate sostenute per effettuare la ricerca sul marchio presso banche dati, prodromica alla diffida attraverso uno studio specializzato.
Marchio registrato: nullità per assenza di capacità distintiva e decadenza per non uso.
Affinché un marchio possa essere ritenuto nullo per carenza di capacità distintiva ex art. 13 CPI, è necessario che l’assenza del carattere distintivo sussista [ LEGGI TUTTO ]
Segni descrittivi non proteggibili nel settore della moda: il marchio “Postina”
Il termine “Postina”, usato con finalità di indicare una categoria di borse ispirata alle borse che erano portate dai postini negli anni ‘50, non è distintivo e non è indicatore di origine del prodotto contrassegnato da tale segno, ma descrittivo di una categoria di prodotti (Massima di specie).
Controversia in materia di uso e non uso di un marchio litigioso nel settore farmaceutico
L’uso del marchio da parte di terzi autorizzati dal titolare produce lo stesso effetto dell’uso diretto da parte del titolare del marchio, anche ai fini dell’applicabilità del termine di cinque anni previsto art. 24 c.p.i. Inoltre, la pendenza del giudizio sulla titolarità del segno [ LEGGI TUTTO ]