Versamento in conto capitale o finanziamento soci: valore del riconoscimento del debito della società e dell’iscrizione a bilancio delle somme
Presupposto della sussistenza dell’obbligo della società di restituire la somma versata dal socio è l’esistenza di un rapporto giuridico da cui tale obbligo derivi, quale un mutuo o un altro contratto con causa di finanziamento, non potendo il debito derivare solo dal suo riconoscimento. Il riconoscimento del debito, limitandosi ad invertire l’onere della prova del rapporto fondamentale non preclude l’accertamento in giudizio dell’inesistenza del titolo generativo del credito e nell’ipotesi in cui sia “titolato”, ossia riporti l’asserita causa giustificativa del debito, è sufficiente dimostrare l’inesistenza del rapporto a cui il riconoscimento di debito fa riferimento per vincere la presunzione derivante dall’atto ricognitivo.
La dichiarazione unilaterale postuma del socio sulla natura di finanziamento della somma erogata ed il riconoscimento a nome della società di un debito inesistente sono atti negoziali inidonei ad incidere nella sfera giuridica della società.
Per determinare se ci si trovi di fronte a un finanziamento o a un versamento in conto capitale non assume rilevanza determinante la voce in cui le somme sono state iscritte nel bilancio sociale, in quanto sono le scritture contabili a dover rappresentare fedelmente la realtà fattuale e giuridica dei rapporti sociali, e non viceversa.
La prova del titolo in forza del quale la somma è stata erogata deve trarsi dalla ricostruzione della volontà negoziale come emerge dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi.
Qualificazione dei versamenti dei soci in favore della società
I versamenti che i soci effettuano in favore della società possono avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo della società di restituire entro un dato termine la somma ricevuta, oppure a titolo di versamento, che confluisce in un’apposita riserva “in conto capitale” e non è quindi iscritto tra i debiti. Tale secondo tipo di contributo non dà luogo ad un credito esigibile, se non al momento dello scioglimento della società, nei limiti dell’eventuale attivo del bilancio id liquidazione e comunque successivamente al soddisfacimento dei creditori sociali, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito. La qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che si sono sottesi. è stato peraltro precisato che ove manchi una chiara manifestazione di volontà, la chiave di lettura della qualificazione debba essere ricavata nella terminologia adottata nel bilancio: infatti questo è soggetto all’approvazione dei soci e le qualificazioni che i versamenti hanno ricevuto nel bilancio diventano determinanti per stabilire se si tratta di finanziamento o di conferimento (Cass. Civile, sez. I, 23/03/2017 n. 7471).
Valore di avviamento commerciale e natura dei versamenti effettuati dal socio
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Versamenti dei soci in conto futuro aumento di capitale: natura, tipologie e limiti alla tutela restitutoria.
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