(In)validità della cessione di brevetto per vizi del consenso
Nel giudizio sulla validità della cessione di brevetto industriale per vizi del consenso, va rilevato dapprima che l’atto di cessione di un brevetto non richiede la forma scritta ad substantiam, che è prevista solo per la trascrizione presso l’Ufficio centrale dei brevetti. Al riguardo, la giurisprudenza riconosce la possibilità di provare l’avvenuta cessione dei diritti patrimoniali del brevetto anche tramite presunzioni semplici. Pertanto, non ha pregio la tesi per cui il conferimento del brevetto dall’inventore a un terzo avrebbe dovuto richiedere la stipula di un atto pubblico redatto da un notaio.
L’uso della lingua inglese non può in alcun modo integrare un artifizio o un raggiro in quanto chi si appresta a sottoscrivere un contratto ben potrebbe pretendere dal proponente la versione del documento contrattuale in lingua italiana o rivolgersi ad un interprete per la traduzione del testo.
Ai fini della validità della cessione rileva anche l’eventuale manifestazione di intenti sottoscritta tra le parti precedentemente alla cessione, da cui emerga la volontà di trasferire il brevetto, ma ne sia esclusa la vincolatività delle pattuizioni in essa contenute, se il successivo comportamento delle parti abbia confermato la volontà di dare attuazione a tale regolamento negoziale.
Annullamento di contratti preliminari di cessione d’azienda e prova del pagamento mediante assegno bancario
La consegna dell’assegno bancario non determina l’estinzione del debito, che si perfeziona soltanto nel momento dell’effettiva riscossione della somma portata dal relativo titolo, la cui consegna deve considerarsi dunque effettuata, salva diversa volontà delle parti, “pro solvendo”: tale considerazione vale a fortiori per le matrici degli assegni che, costituendo una mera annotazione da parte del debitore, in assenza dei rispettivi titoli e della prova del loro effettivo incasso, non hanno alcuna rilevanza ai fini della prova del pagamento.
Impugnazione di lodo arbitrale irrituale previsto da clausola compromissoria anteriore al 3 marzo 2006
All’impugnazione del lodo arbitrale irrituale previsto da clausola compromissoria inserita nello statuto sociale in epoca anteriore al 3 marzo 2006, data di entrata in vigore del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, non si applica il predetto decreto legislativo e dunque tanto meno l’art. 808 ter c.p.c., ma sulla base dei principi elaborati dalla giurisprudenza prima della riforma, il lodo arbitrale irrituale è impugnabile solo per i vizi che possano vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l’errore, la violenza, il dolo, l’incapacità delle parti che hanno conferito l’incarico o dell’arbitro stesso. (Cfr. Cass. n. 13899/2014) [ LEGGI TUTTO ]
Invalidità del contratto di cessione di quote di s.n.c.
La mancanza di un’espressa garanzia circa il valore del patrimonio sociale e la qualità dei beni impedisce al compratore di domandare l’annullamento del contratto per errore essenziale ex art 1429, co. 2 c.c., ovvero di domandare [ LEGGI TUTTO ]