Tutela autoriale alle opere di design non registrate ed incompatibilità con la protezione dei marchi
Occorre riconoscere la tutela del diritto di autore, fin dall’epoca della loro creazione, anche ad opere del design mai oggetto di alcuna registrazione precedente al 19.4.2001, posto che siano rispettati i requisiti (valore artistico e carattere creativo) per accedere a tale protezione.
Il requisito del valore artistico non implica che solo le forme dotate di speciale bellezza possano accedere alla tutela autorale, ma richiede che dette forme siano oggetto di un giudizio di valore volto a verificare che la sussistenza ed eventualmente il grado di “artisticità”, siano tali da permettere di classificare le medesime forme fra le espressioni dell’arte. Il carattere industriale e la riproduzione seriale e su larga scala di un’opera del disegno industriale non esclude né minimizza in alcun modo la presenza di valore artistico.
Al fine di dare un fondamento concreto ed il più possibile oggettivo alla valutazione circa la sussistenza del valore artistico, risulta particolarmente importante rilevare la percezione dell’opera agli occhi del pubblico e degli ambienti più specializzati nel settore tra cui il conferimento di particolari riconoscimenti, i quali devono essere considerati come indicatori oggettivi della sussistenza del valore artistico sin dalla creazione dell’opera, testimoniando una diffusa e consolidata opinione che colloca l’opera stessa nel novero delle opere d’arte, tutelabili dal diritto d’autore.
L’onere di provare la sussistenza del valore artistico incombe sul soggetto che reclama la tutela autoriale.
Il carattere creativo di un’opera si concretizza nella novità dell’opera e nel pregio innovativo della stessa con riferimento all’epoca della sua creazione.
La contrarietà della nuova versione dell’art. 239 c.p.i. rispetto al diritto comunitario comporta la sua conseguente ed automatica disapplicazione in favore della versione precedente, che prevedendo un regime transitorio di soli cinque anni si può ritenere in conformità con quanto statuito dalla Direttiva n. 71/1998 e dalla Corte di Giustizia.
Nel caso di un’opera del design che presenti valore artistico, quest’ultimo potrebbe porsi come caratteristica conferente valore sostanziale all’opera, sebbene nulla escluda che quest’ultima presenti anche altre caratteristiche che le conferiscano un valore rilevante. In tal caso, il design avente valore artistico impedisce che si applichi all’opera la protezione come marchio di forma di fatto non registrato. Infatti, quando il design di un prodotto rappresenta un elemento che svolge un ruolo molto importante nel determinare la scelta del consumatore – anche se quest’ultimo prende in considerazione altre caratteristiche del prodotto in questione – si deve ritenere che il design costituisca motivo ostativo per la protezione come marchio di forma, stante l’esclusione di cui all’art. 7, lett. e) Reg. 207/09 e all’art. 9 c.p.i.. Ai fini della protezione come marchio di forma è dunque necessario che la forma oggetto di tutela svolga prevalentemente la funzione tipica del marchio, ossia quella distintiva, piuttosto che una funzione estetico-ornamentale.
E’ principio consolidato, sia in dottrina che in giurisprudenza, che la verifica della violazione dei diritti d’autore vantati ai sensi dell’art. 2, n. 10), l.d.a., come del resto il giudizio di confondibilità, debba essere condotta non in via analitica, ma in via unitaria sintetica, mediante un apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi principali e di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Dunque, bisognerà procedere tramite il c.d. “raffronto a distanza”, prendendo come riferimento il consumatore medio dei prodotti in conflitto e basandosi sulla percezione che questi possa avere.
I criteri da seguire nel risarcimento del danno per violazione del diritto d’autore sono stabiliti all’articolo 158, comma 2, l.d.a.. Detta norma prevede che il giudice possa tener conto degli utili realizzati nella violazione del diritto, ma ciò non significa che anche nel diritto d’autore sia applicabile il criterio della retroversione degli utili, espressamente previsto dal legislatore solo nel c.p.i., al terzo comma dell’art. 125. A norma dell’art. 158 comma 2 l.dir.aut., gli utili realizzati in violazione del diritto possono essere presi in considerazione ai fini della valutazione del lucro cessante. Tale ultimo criterio è preferito a quello dell’equo canone o, meglio, del prezzo del consenso per l’utilizzazione del diritto, in quanto quest’ultimo si caratterizza come criterio residuale.