Tutela cautelare della società a fronte di sanzioni amministrative irrogate a causa della condotta infedele dei propri amministratori
La società, ove esposta a responsabilità amministrativa in ragione della condotta infedele dei propri amministratori, può domandare in sede cautelare il sequestro conservativo sui beni di questi ultimi, ancorché le sanzioni amministrative inflitte non siano ancora definitive. Infatti, stante il fumus dei presupposti per l’irrogazione delle sanzioni, in sede cautelare è possibile prevedere che, a conclusione dell’iter amministrativo, il provvedimento conclusivo recepirà, almeno in parte, i dati contenuti negli avvisi di accertamento; sicché, ai fini della cautela, il pregiudizio per la società può essere determinato in via equitativa nella misura prudenziale e significativamente ribassata rispetto alle somme comminate nei verbali di accertamento, che potrebbero non essere interamente recepiti in sede di definitiva determinazione del quantum. In questo caso, il danno va commisurato alle sole sanzioni e interessi per le violazioni tributarie, posto che l’ammontare delle imposte evase costituisce un importo dovuto in ogni caso all’erario e non può costituire pregiudizio per il patrimonio sociale.
La responsabilità solidale tra amministratori ed enti disposta dal d.lgs. 231/2001 non esclude la sussistenza di un diritto risarcitorio della società nei confronti dei propri amministratori, posto che la responsabilità amministrativa dell’ente opera sul solo piano delle sanzioni amministrative, lasciando inalterato il profilo civilistico della responsabilità degli organi sociali per le condotte di mala gestio che abbiano generato danni per il patrimonio sociale.
Le risultanze degli atti di indagine penale, ancorché non sottoposte al vaglio critico della prova in dibattimento, ben possono essere utilizzate come prove atipiche nel giudizio civile, al fine di dare adeguata dimostrazione delle circostanze poste a fondamento della domanda cautelare, in ragione della cognizione necessariamente sommaria tipica della fase d’urgenza.
Non può considerarsi amministratore di fatto un soggetto che nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, ancorché a livello apicale, non abbia rivestito un ruolo gestorio, data la mancanza di adeguata dimostrazione, anche in via sommaria, di atti di spendita del proprio nome in rappresentanza della società, e di adozione di decisioni strategiche per la vita della cooperativa.