Tutelabilità dei concept stores e diritto d’autore
Deve essere affermata la tutelabilità degli arredamenti di interni dei negozi in base all’art. 2 n. 5) l.d.a. relativo alla protezione dei disegni e delle opere di architettura, laddove in tale opera dell’ingegno la progettazione costituisca un risultato non imposto dal problema tecnico funzionale che l’autore vuole risolvere e sia riscontrabile un atto creativo, seppure minimo, che può essere valutato in base alla scelta, il coordinamento e l’organizzazione degli elementi dell’opera in rapporto al risultato complessivo conseguito e laddove tale atto creativo sia suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienze nella materia.
La creatività ai fini della tutela autoriale non è costituita dall’idea in sé ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione.
L’imitazione parassitaria può considerarsi illecita ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c. laddove sussistano una pluralità di atti succedentesi nel tempo, diretti tutti a una continua e ripetuta imitazione delle iniziative del concorrente ovvero nello sfruttamento sistematico del lavoro e della creatività altrui – siano essi comportamenti ripetuti che simultanei – e solamente se l’imitazione sia effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente o dall’ultima e più significativa di esse, dovendosi intendere per “breve” quell’arco di tempo – variabile a seconda dei prodotti e delle condizioni del mercato in cui vengono immessi – per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi utilità particolari dal lancio della novità e cioè fino a quando essa è considerata tale dal pubblico dei clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto.
Il disconoscimento delle riproduzioni grafiche, pur non essendo ascrivibile all’ambito di applicazione degli artt. 214 e 215 c.p.c., deve essere accompagnato dall’allegazione di specifici elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta.
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Maria Luigia Franceschelli
AssociateDottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team(continua)