Va accolto il ricorso cautelare volto ad ottenere la revoca di un amministratore operante all’estero ai sensi dell’art. 2476 c.c., quando la condotta gestoria censurata – allo stato e nei limiti della valutazione sommaria propria della sede monitoria – risulta connotata da una complessiva opacità sia quanto alla gestione dei fondi sociali per spese riferibili ad esigenze di vita dello stesso amministratore all’estero e rispetto alla cui specifica inerenza all’interesse sociale non viene fornita idonea dimostrazione, sia quanto alle modalità di conduzione “solitaria” dei rapporti con i committenti esteri, atteso che, in presenza di un sistema di amministrazione disgiuntiva, è quantomeno richiesto un flusso di informazioni tempestive a favore del co-amministratore tramite l’avvio di procedure di consultazione o rendiconti amministrativi e contabili.
Qualora l’amministratore censurato abbia, inoltre, presentato ricorso per accertare il fallimento della società amministrata senza informare tempestivamente la società, si ritiene sussistente il periculum in mora, posto che – sebbene la presentazione del ricorso per fallimento escluda la sospensione ex art. 295 c.p.c. del procedimento cautelare, non potendosi ravvisare alcun nesso di pregiudizialità in senso giuridico tra i due procedimenti – in ogni caso medio tempore l’amministratore risulta comunque investito della carica e legittimato ad ogni iniziativa a questa connessa, così ben potendosi configurare un concreto ed attuale rischio di prosecuzione di una condotta autonoma e svincolata da qualsiasi nesso di collaborazione con il co-amministratore ed irrispettosa della necessità di tempestiva informazione ai soci su vicende sociali rilevanti, dunque in contrasto con le regole di diligenza gestoria.