Il disposto di cui all’art. 1415 c.c. prevede che i terzi possano far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti. I terzi, dunque, non hanno in quanto tali un interesse generalizzato ad ottenere il ripristino della situazione reale, ma solo per il caso in cui la loro posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto [nel caso di specie, costituzione di un pegno su quote sociali]. L’azione di simulazione postula, invero, un interesse correlato all’esercizio di un proprio diritto. Qualora, pertanto, un tale diritto risulti non configurabile, o comunque non pregiudicato dall’atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi.