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Il rappresentante comune in caso di comproprietà di una partecipazione sociale
Nel caso di comproprietà di una partecipazione sociale, il rappresentante comune, nominato secondo le modalità previste dagli articoli 1105 e...

Nel caso di comproprietà di una partecipazione sociale, il rappresentante comune, nominato secondo le modalità previste dagli articoli 1105 e 1106 cod. civ., va inquadrato nella figura del mandatario ovvero di colui che si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto di altro soggetto, con la conseguenza che le ipotesi di mancato diligente espletamento dell’incarico da parte del rappresentante comune (ad es. per il voto non conforme alle istruzioni ricevute dai compartecipanti alla comunione della quota o per eventuali inadempimenti rispetto alle indicazioni ricevute dai contitolari della quota) troveranno sanzione in un giudizio di responsabilità ex mandato.

La circostanza che, eventualmente, uno dei comunisti sia anche socio, in titolarità individuale, di altra partecipazione sociale, non esclude che la partecipazione oggetto di comproprietà costituisca un autonomo centro di imputazione distinto rispetto alle partecipazioni in titolarità individuale, con conseguente necessità di nominare il rappresentante comune. Nonostante, infatti, la comunione non sia un autonomo soggetto di diritto, essa rappresenta un unitario centro di riferimento e di imputazione dei rapporti giuridici relativi alla partecipazione sociale oggetto di comunione.

La nomina del rappresentante comune non è soggetta alle medesime forme di pubblicità prescritte per l’acquisto mortis causa della partecipazione, essendo sufficiente il rispetto degli adempimenti di cui agli artt. 1105 e 1106 cod. civ., richiamati dall’art. 2468 cod. civ.

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Iscrizione nel Registro delle Imprese della nomina dell’amministratore ex art. 2468, comma 3, c.c.: limiti del sindacato del conservatore
In tema di iscrizione nel registro delle imprese della nomina di un amministratore di società a responsabilità limitata, il Conservatore,...

In tema di iscrizione nel registro delle imprese della nomina di un amministratore di società a responsabilità limitata, il Conservatore, nell’ambito del sindacato previsto dall’art. 11 del d.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, può ritenere idoneo, quale atto di nomina, la dichiarazione di designazione proveniente dal socio titolare di un diritto particolare ex art. 2468, comma 3, c.c., purché conforme allo statuto sociale, senza che sia necessaria una ulteriore delibera assembleare, dovendosi ritenere tale designazione espressione di una volontà sociale previamente cristallizzata. In tal caso, l’iscrizione nel registro non è censurabile ove sia effettuata su istanza del soggetto designato, corredata dall’atto di designazione, rientrando essa nel perimetro del controllo formale e di legalità cui è tenuto l’ufficio del registro, restando ogni ulteriore contestazione sull’interpretazione dello statuto e sulla validità sostanziale della nomina riservata alla sede contenziosa.

 

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Rappresentante comune e comproprietà della quota di s.r.l.
Nel caso di comproprietà di una partecipazione sociale, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune, cui...

Nel caso di comproprietà di una partecipazione sociale, i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune, cui compete in via esclusiva l’esercizio dei diritti amministrativi inerenti alla quota -quali il diritto di voto, l’impugnazione di una delibera assembleare e la partecipazione all’assemblea- nel rispetto delle istruzioni impartite dalla maggioranza dei comproprietari. Ne consegue che i contitolari della quota diversi dal rappresentante comune non sono legittimati a impugnare la delibera adottata con il voto di quest’ultimo, poiché solo al rappresentante comune compete l’esercizio di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali.

Il semplice venir meno del rapporto di fiducia tra uno solo dei comproprietari della quota e il rappresentante comune non è sufficiente per configurare una violazione delle disposizioni in materia di mandato, occorrendo -a tal fine- che emerga una negligenza del mandatario con riguardo a tutti i comproprietari della quota.

Affinché possa configurarsi una situazione qualificabile come “abuso della maggioranza”, è necessario che l’agire del socio risulti diretto a perseguire un interesse personale in contrasto con quello sociale, tale da non arrecare alcun beneficio alla società, oppure che sia deliberatamente diretto in modo intenzionale e fraudolento a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli. L’onere di provare l'esistenza di una condotta abusiva ricade sul socio di minoranza, ma, al di fuori dell'ipotesi di esercizio "ingiustificato" o "fraudolento" del potere di voto ad opera dei soci di maggioranza, resta preclusa al Giudice qualunque verifica in merito alle ragioni che hanno condotto i soci di maggioranza a votare in un senso o nell'altro.

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Sul termine d’impugnazione delle delibere assembleari e il principio di uguaglianza e di parità di trattamento dei soci
Le delibere invalide ai sensi del primo comma dell’art. 2479 ter c.c. devono essere impugnate entro novata giorni dalla loro...

Le delibere invalide ai sensi del primo comma dell’art. 2479 ter c.c. devono essere impugnate entro novata giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Si tratta di un termine di decadenza, cui non si applicano gli istituti della sospensione e dell’interruzione disciplinati dagli artt. 2941 e 2943 c.c. Tale termine per impugnare decorre dalla data di iscrizione della deliberazione nel libro delle decisioni e si applica a tutti i tipi di decisione dei soci, siano esse adottate con il metodo assembleare ovvero mediante consultazione scritta o mediante consenso espresso e prescinde dalla data di verbalizzazione e dalla data di iscrizione nel registro imprese. Il dies a quo per l’esercizio dell’impugnativa decorre esclusivamente dalla data di trascrizione nel libro delle decisioni dei soci, non rilevando la data di iscrizione al Registro delle Imprese, nel caso in cui la delibera sia soggetta ad iscrizione, trattandosi di un termine unico, come illustrato nella Relazione governativa al D.lgs. n. 6 del 2003. Tale disciplina trova la sua ragion d’essere nell’elevato grado di partecipazione alla vita dell’ente da parte dei soci di talché la pubblicità interna rappresentata dai libri sociali assume maggior rilevanza rispetto a quella che si realizza tramite il Registro delle Imprese.

Il principio di proporzionalità e il connaturato principio di parità di trattamento dei soci esposti dal comma 2 dell’art. 2468 c.c. in forza dei quali sono attribuiti ai soci i medesimi diritti, in misura per l’appunto proporzionale alla misura della partecipazione, costituiscono regole dispositive, poste a tutela dell’interesse dei soci, che possono essere derogate in nome del rilievo personalistico che informa anch’esso l’aspetto organizzativo del nuovo tipo sociale della S.r.l. ed in forza del quale assume rilievo statutario l’intuitus personae. Il terzo comma disciplina l’ipotesi in cui l’autonomia negoziale voglia introdurre deroghe al principio di uguaglianza e di proporzionalità del contenuto delle partecipazioni sociali. L’eventuale deroga all’uguaglianza ed alla proporzionalità si estrinseca nell’attribuzione di particolari diritti a singoli soci ed esclude invece la loro incorporazione in partecipazioni sociali comprensive di diritti diversi rispetto alle altre. Con particolare riferimento alla nomina degli amministratori, l’art. 2475 c.c. prevede che i soci nominino uno o più amministratori della società con decisione ai sensi dell’art. 2479 c.c., salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo. La norma dell’art. 2468, 3° comma c.c. legittima la previsione pattizia di meccanismi di designazione degli amministratori diversi dalla decisione dei soci assunta dall’art. 2479 c.c.

L’attribuzione di uno o più diritti particolari a tutti i soci di una s.r.l. deve invece ritenersi ammissibile in considerazione del tenore letterale dell’art. 2468, comma 3, c.c., che non esclude che i diritti particolari possano riguardare tutti i soci e dell’autonomia statutaria riconosciuta al tipo sociale s.r.l., in forza della quale i soci possono decidere di attribuire rilevanza alle persone di tutti i soci.

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Quota di s.r.l. in comproprietà: tra revoca del rappresentante ed esercizio dei diritti sociali
In caso di quota di s.r.l. in comproprietà, l’esercizio dei diritti sociali compete, ai sensi dell’art. 2468, 5 comma c.c.,...

In caso di quota di s.r.l. in comproprietà, l'esercizio dei diritti sociali compete, ai sensi dell'art. 2468, 5 comma c.c., al rappresentante comune che agisce come mandatario. In particolare, dalla sua investitura derivano due rapporti, l'uno interno, tra comproprietari e rappresentante e l'altro, esterno, tra rappresentante e società, con l'applicazione dei principi generali in tema di mandato. Ne deriva che la violazione, da parte del rappresentante, delle istruzioni impartitegli dal rappresentato sarà, da un lato, inopponibile alla società, ma, dall'altro, può essere fonte di responsabilità sulla base del rapporto di mandato.

La disposizione dell'art. 2468, 5 comma c.c., contempla un'ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali. Corollario questo del principio di indivisibilità della quota e dell'azione di cui all'art. 2437 c.c. che, nel conferire alla partecipazione azionaria il carattere della indivisibilità, ha considerato indispensabile, in relazione alle esigenze peculiari della organizzazione societaria e alla natura del bene in comune, la unitarietà nell'esercizio dei diritti, impedendone, quanto meno nei rapporti esterni, il godimento individuale; e ciò al fine, da un lato, di evitare che contrasti interni si riflettano sulle attività assembleari e, dall'altro, di garantire certezza e stabilità alle delibere assunte, correttamente approvate. Ne discende la mancanza di legittimazione all'impugnativa di una delibera assembleare in capo al singolo socio in fattispecie di comproprietà, pro-indiviso, di quote di partecipazione al capitale di s.r.l.

 

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Rappresentante comune di quota di s.r.l.: effetti del voto espresso in spregio alla volontà comune
Il voto espresso dal rappresentante della quota comune in violazione di quanto convenuto dai contitolari integra un atto invalido sul...

Il voto espresso dal rappresentante della quota comune in violazione di quanto convenuto dai contitolari integra un atto invalido sul piano interno dei rapporti tra comunione e sua rappresentante, perché compiuto con eccesso di potere (art. 1398 c.c.) o in conflitto di interessi (art. 1394 c.c.). Sul piano esterno, poi, detta condotta si traduce nell'invalidità della delibera adottata grazie al voto determinante espresso dal rappresentante con eccesso rispetto al suo potere o con abuso del medesimo [nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che, a fronte della volontà dei comunisti di votare a favore di un aumento di capitale "con termini e modalità minimi previsti dalla legge", costituisce voto in contravvenzione di quanto deciso quello espresso dalla rappresentante in favore di un aumento di capitale con modalità di sottoscrizione dello stesso che imponga agli aderenti di versare l'intera quota sottoscritta entro il termine fissato per la sottoscrizione, anziché il solo quarto: modalità, dunque, più gravosa rispetto a quella prevista dall'art. 2481 bis c.c.].

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Cessione di partecipazioni sociali: termine di prescrizione, forma e prelazione statutaria
Alle vicende afferenti a un contratto avente a oggetto la cessione di quote sociali deve applicarsi il regime proprio della...

Alle vicende afferenti a un contratto avente a oggetto la cessione di quote sociali deve applicarsi il regime proprio della compravendita, nella quale, in considerazione della specificità dell’oggetto, a fianco della disciplina codicistica di cui agli artt. 1470 ss. c.c., troverà applicazione anche quella dettata in materia di trasferimento e trasferibilità delle partecipazioni sociali, di cui agli artt. 2468 e ss. c.c., senza che ciò comporti, tuttavia, l’applicazione del termine di prescrizione quinquennale, previsto dall’art. 2949 c.c. per quanto concerne i diritti derivanti da rapporti sociali, non venendo, infatti, annoverati tra gli stessi quelli connessi ad una compravendita di quote, dal momento che si tratta di un atto nel quale l’elemento societario interviene unicamente a qualificare il particolare oggetto della disposizione. Dunque, in tema di cessione di partecipazioni sociali, ove l’unico elemento di carattere “societario” esistente è l’oggetto della compravendita, dovrà applicarsi l’ordinario termine prescrizionale decennale, di cui all’art. 2946 c.c., operante in materia di rapporti contrattuali, il cui dies a quo deve essere individuato nella data dalla quale il credito può essere fatto valere secondo i principi racchiusi nell’art. 2935 c.c..

Il contratto di cessione di partecipazioni, nei rapporti interi tra cedente e cessionario, è valido ed efficace in virtù del semplice consenso manifestato dalle stesse, non richiedendo la forma scritta né ab substantiam, né ad probationem. Ne deriva che, in presenza di un contratto di opzione di acquisto di quote di una società a responsabilità limitata, che conferisca ad una parte la facoltà di accettare la proposta di vendita formulata dalla controparte, il momento del definitivo effetto traslativo è segnato dall'accettazione dello stipulante, non essendo richiesta né l'adozione di una forma particolare né la stipulazione con un unico atto di cessione ed in un unico contesto temporale.

Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali e avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali, giacché preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. Ciò non di meno, il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali vincola il socio nei confronti degli altri soci nonché nei confronti della società, ma non comporta la nullità del negozio traslativo nel rapporto tra socio cedente e terzo cessionario.

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Comproprietà di una partecipazione sociale e curatore speciale
In tema di comproprietà di una partecipazione sociale, deve rilevarsi il difetto di legittimazione attiva dei singoli comproprietari a far...

In tema di comproprietà di una partecipazione sociale, deve rilevarsi il difetto di legittimazione attiva dei singoli comproprietari a far valere, uti singuli, i diritti derivanti dalla partecipazione nonché l’esercizio delle azioni giudiziali dirette alla tutela della partecipazione medesima, atteso che l'art. 2347, comma 1, c.c., nel considerare la ipotesi di azione in comproprietà, ha previsto che l'esercizio dei diritti dei contitolari sia compiuto da un rappresentante comune.  Al fine di evitare che la mancata nomina elettiva, per contrasti all'interno della comproprietà, possa impedire quell'esercizio, la norma da ultimo citata ha stabilito che la nomina possa essere effettuata dall'autorità giudiziaria, così coprendo un vuoto normativo sul punto e ad un tempo confermando la obbligatorietà dell'esercizio unitario dei diritti attraverso la rappresentanza comune.

In ipotesi di contitolarità di una quota del capitale sociale, tanto l’intervento in assemblea ed il relativo diritto di voto, quanto il potere di proporre l’impugnazione di cui agli artt. 2377 e 2379 c.c. e altre azioni giudiziarie, competono, in via esclusiva, al rappresentante comune (sia esso nominato dagli stessi soci ovvero, in difetto, dall’autorità giudiziaria), non residuando in capo al singolo titolare la facoltà di invocare alcuna tutela giurisdizionale, né in via concorrente, né in via residuale. In questa prospettiva deve essere letto, inoltre, l’art. 2468, comma 5, c.c., il quale contempla una ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l’insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali.

Il riconoscimento e la liquidazione del compenso a favore del curatore speciale, nominato ex art. 78 c.p.c., riguarda i rapporti interni tra il curatore stesso e la società, nel cui interesse è stato conferito l’incarico, con la conseguenza che la relativa liquidazione non compete al giudice della procedura in relazione alla quale una delle parti abbia avuto la nomina di un curatore speciale, poiché non trova applicazione l’art. 52 disp. att. c.p.c., secondo cui il compenso degli ausiliari del giudice è liquidato dal giudice che li ha nominati, considerato che il curatore speciale non riveste tale qualità.

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L’esercizio dei diritti particolari del socio caratterizzati da intuitus personae è precluso al custode delle quote sottoposte a sequestro conservativo
In linea di principio, l’intuitus personae che caratterizza i diritti particolari del socio ex art. 2468, co. 3, c.c. induce...

In linea di principio, l’intuitus personae che caratterizza i diritti particolari del socio ex art. 2468, co. 3, c.c. induce a ritenere che, in caso di sequestro della quota, l’esercizio degli stessi spetti al socio, a meno che la particolare configurazione del diritto o la sua disciplina statutaria, specie sulla sua trasferibilità, non rendano possibile il loro esercizio da parte del custode. Tuttavia, il riconoscimento in concreto di tale possibilità deve tenere conto delle concrete caratteristiche del diritto particolare, stante la mutevolezza della realtà e delle discipline statutarie, nonché delle ragioni per le quali tali diritti particolari sono stati attribuiti al socio e della conformazione che essi possono assumere in concreto.

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Il controllo sugli affari della controllata da parte del socio di s.r.l. con diritti particolari
L’art. 2476, co. 2, c.c. riconosce ai soci di s.r.l. che non partecipano all’amministrazione il diritto di avere dagli amministratori...

L’art. 2476, co. 2, c.c. riconosce ai soci di s.r.l. che non partecipano all’amministrazione il diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione della società. Detta disposizione riconosce ai soci un diritto potestativo di controllo, attuabile nelle forme del pieno accesso all’intera documentazione sociale, a prescindere dalla entità della partecipazione al capitale sociale, il cui esercizio non è subordinato alla ricorrenza di esigenze e di interessi particolari e rispetto al quale il soggetto passivo si trova in situazione di soggezione ovvero nella situazione di dover soggiacere alla richiesta di accesso formulata dal socio, il quale non è neppure tenuto ad indicare i motivi per i quali l’esercizio della potestà in questione venga fatta valere.

I soci di s.r.l. cui lo statuto attribuisca il diritto particolare di nominare gli amministratori di una società controllata, nonché di approvazione delle relative decisioni a contenuto gestorio e di quelle di modifica dello statuto, hanno diritto a ottenere le informazioni relative alla controllata funzionali all’esercizio di tali diritti amministrativi.

Sotto il profilo del periculum in mora, il ritardo nell’esercizio del diritto di accesso alla documentazione sociale del socio non amministratore di s.r.l. determina la lesione del relativo diritto di controllo; lesione che, se non venisse sanata con provvedimento immediato, attendendosi l’esito di un eventuale giudizio di merito, sarebbe destinata a perpetrarsi, con estrema difficoltà di tutela per equivalenti, considerata la natura non patrimoniale del diritto azionato ai sensi dell’art. 2476, co. 2, c.c. Il requisito del periculum in mora è, pertanto, di per sé connaturato all’esigenza di controllo del socio rispetto alla concreta evoluzione delle vicende sociali, esigenza che sarebbe inevitabilmente frustrata dai tempi del giudizio ordinario.

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Cessione di partecipazioni in esecuzione di una delibera invalida
La cessione di partecipazioni di una società a responsabilità limitata da parte di una holding non conduce a un mutamento...

La cessione di partecipazioni di una società a responsabilità limitata da parte di una holding non conduce a un mutamento sostanziale dell’oggetto sociale, costituendo, di contro, unitamente all’assunzione e alla gestione delle stesse, mero atto gestorio rientrante nella sua attività tipica.

Una diminuzione degli utili distribuiti in favore di un socio derivante dell’intervenuta cessione del cespite maggiormente redditizio esula dalle tutele riconosciute dall’art. 2468, co. 4, c.c. e rientra, invece, nel rischio tipico d’impresa che si assumono tutti i soci.

I diritti acquistati dai terzi in base a un atto compiuto in esecuzione di una delibera invalida sono pregiudicati solo ove l’acquisto risulti effettuato in mala fede, da intendersi come conoscenza o conoscibilità del vizio della delibera.

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Esercizio dei diritti sociali afferenti a quota di s.r.l. in comproprietà
In tema di esercizio dei diritti inerenti alla qualità di socio di una società di capitali, nel caso di quota...

In tema di esercizio dei diritti inerenti alla qualità di socio di una società di capitali, nel caso di quota indivisa in comproprietà tra più soggetti, l'art. 2468, co. 5, c.c. prevede che i diritti devono essere esercitati da un rappresentante comune. Tale disposizione detta un'ipotesi di rappresentanza necessaria, i cui poteri sono esclusivamente attribuiti al soggetto designato secondo le modalità prescritte dagli artt. 1105 e 1106 c.c., con conseguente preclusione, per i partecipanti alla comunione, del concorrente esercizio dei diritti, da intendersi come l'insieme di tutti i diritti sociali, siano essi patrimoniali, amministrativi o processuali. Corollario, questo, del principio di indivisibilità delle quote e delle azioni di cui all'art. 2347 c.c., norma che nel conferire alla partecipazione azionaria il carattere della indivisibilità, ha considerato indispensabile, in relazione alle esigenze peculiari della organizzazione societaria e alla natura del bene in comunione, la unitarietà dell'esercizio dei diritti, impedendone, quanto meno nei rapporti esterni, il godimento e l'amministrazione in forma individuale; e ciò al fine, da un lato, di evitare che contrasti interni si riflettano sulle attività assembleari e, dall'altro, di garantire certezza e stabilità delle deliberazioni assunte, correttamente approvate.

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