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25 Novembre 2024

L’ammissibilità dell’inibitoria diretta agli Internet Service Provider esenti da colpa per le violazioni tramite rete Internet del diritto d’autore

Stante l’ammissibilità dell’estensione del provvedimento inibitorio c.d. puro a soggetti esenti dall’elemento soggettivo della colpa e del dolo, requisito prescritto per la sola tutela risarcitoria, i mère conduit, in qualità di intermediari ai sensi dell’art. 156 l.d.a., possono essere destinatari del provvedimento inibitorio, senza che vi sia contraddizione tra l’irresponsabilità degli stessi e l’essere soggetti passivi del provvedimento interdittivo. Non sussiste alcun litisconsorzio necessario passivo tra i soggetti che sono ritenuti a vario titolo co-autori della condotta lesiva, pertanto, pur in assenza della citazione dell’autore principale dell’illecito, il soggetto leso può ottenere una pronuncia contro tutti i soggetti le cui condotte, con diversi contributi, si sono inserite nella condotta lesiva, pur se ogni frazione, in sé considerata, non è idonea a integrare una violazione del diritto d’autore. Per la concessione di un’inibitoria nei confronti di un Internet Service Provider non è necessario un rapporto contrattuale tra lo stesso, destinatario del provvedimento, e l’autore della violazione, né che vi sia la prova, da parte dei titolari del diritto d’autore, che alcuni abbonati del fornitore consultino effettivamente i materiali protetti messi a disposizione del pubblico senza l’accordo del titolare dei diritti. [ Continua ]
19 Ottobre 2024

Azione di contraffazione del marchio: modalità di valutazione del rischio confusorio

La tutela prevista dall’art. 2598, comma 1, c.c., è cumulabile con quella specifica posta a protezione di segni distintivi tipici, trattandosi di azioni diverse per natura, presupposti, ed oggetto, stante il fatto che la prima ha carattere personale e presuppone la confondibilità con i prodotti del concorrente, mentre la seconda, a tutela delle privative industriali, ha natura reale ed opera anche indipendentemente dalla confondibilità dei prodotti e prescinde da connotazioni soggettive. Ai fini del giudizio di confondibilità, di cui dell’art. 20 c.p.i., il c.d. rischio confusorio deve essere accertato attraverso una valutazione globale, tenendo conto dell’impressione d’insieme che suscita il raffronto tra i due segni mediante un esame unitario e sintetico che tenga in considerazione diversi fattori, quali la identità/somiglianza dei segni, la identità/somiglianza dei prodotti e servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni concorrenti, in relazione al normale grado di percezione dei potenziali acquirenti del prodotto del presunto contraffattore. In tema di tutela del marchio, l’apprezzamento del giudice sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti, non deve avvenire in via analitica attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni elemento, ma in via globale e sintetica, mediante una valutazione d’impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che deve essere condotta alla stregua della normale diligenza e avvedutezza del consumatore di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell’altro. Una volta accertato il c.d. fumus boni juris, il periculum in mora è da ritenersi in re ipsa poiché la concorrenza confusoria comporta di per sé un drenaggio irreversibile di clientela e devalorizzazione o discredito dell’immagine commerciale e dei segni distintivi. [ Continua ]