Il creditore di una società per azioni fallita ha diritto di compensare con i suoi debiti verso la società i crediti che egli vanti verso la stessa, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento della società. Per i crediti non scaduti la compensazione, tuttavia, non ha luogo se il creditore ha acquistato i crediti verso la società fallita per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento della società o nell’anno antecedente.
L’art. 56, secondo comma, l. fall. limita testualmente ai crediti non esigibili prima della dichiarazione di fallimento la non opponibilità in compensazione ove il debitore del fallito li abbia acquistati dopo l’apertura della procedura concorsuale o nell’anno antecedente. Da ciò si ricava, a contrario, che il debitore del fallito ben può opporre in compensazione crediti di cui sia divenuto titolare per atti inter vivos posti in essere nell’anno antecedente all’apertura della procedura concorsuale o anche successivamente, purché detti crediti fossero scaduti e divenuti, dunque, esigibili prima della dichiarazione di fallimento (o dell’avvio della procedura concorsuale).
La differenza di trattamento fra crediti scaduti prima del fallimento e crediti non ancora scaduti trova plausibile spiegazione nel fatto che solo con riguardo ai primi l’effetto estintivo proprio della compensazione (la quale si produce, ai sensi del citato art. 1242, sin dal giorno della coesistenza dei crediti contrapposti) deve intendersi realizzato anteriormente alla dichiarazione del fallimento.
La compensazione legale rappresenta una modalità di estinzione dell’obbligazione che si determina automaticamente, per effetto della coesistenza delle due reciproche posizioni creditorie e rispetto a essa, quindi, non è neppure astrattamente configurabile un’ipotesi di revocatoria ex art. 67 l. fall..
La cessione di un credito, stipulata nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento del debitore, anche se in previsione di detto fallimento e con l’intento di consentire al cessionario, a sua volta debitore del fallito, di far valere in compensazione il credito cedutogli, si sottrae alla revocatoria fallimentare ex art. 67 l. fall., non potendo essere considerata come atto del fallito medesimo (o di un terzo che lo sostituisca nella gestione del patrimonio), e resta soggetta alle regole dell’art. 56 l. fall. in tema di compensazione in sede fallimentare, con la conseguenza che la compensazione stessa è opponibile al fallimento, ove il credito ceduto sia scaduto prima dell’apertura della relativa procedura.
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