In difetto di specifiche disposizioni normative o statutarie di segno contrario, la disciplina dettata in materia dall’art. 2383 c.c. con riferimento alle s.p.a. - che consente la revoca c.d. ad nutum dell’amministratore, al quale spetta soltanto il diritto al risarcimento del danno nel caso di sua destituzione senza una giusta causa - è applicabile in via analogica, stante l’eadem ratio, anche agli amministratori di società a responsabilità limitata.
La revoca dell’amministratore di società a responsabilità limitata può essere disposta in ogni tempo dall’assemblea dei soci, anche in assenza di giusta causa ma, essendo il rapporto di amministrazione riconducibile quale "species" a sé stante al "genus" del mandato, l’amministratore revocato "ante tempus" senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno, per il principio posto dall’art. 1725, comma 1, c.c., salvo espressa pattuizione statutaria o convenzionale in senso contrario.
E’ onere per la società di indicare già nella delibera, in modo specifico, i fatti ed i motivi integranti, a suo dire, la giusta causa di revoca. Deve, in generale, trattarsi di fatti integranti un grave inadempimento degli obblighi gestori o che, in ogni caso, hanno irrimediabilmente compromesso il rapporto fiduciario tra società e suo amministratore. Sarà pure onere per la società di provare l’esistenza e l’incidenza/gravità dei fatti addebitati in delibera a fronte delle contestazioni svolte dall’amministratore che si reputi revocato senza giusta causa e che, per tale ragione, chiede il dovuto ristoro.
La giusta causa per la revoca dell’amministratore, prevista dall’art. 2383, terzo comma, c.c., può consistere non solo in fatti integranti un significativo inadempimento degli obblighi derivanti dall’incarico, ma anche in fatti che minino il "pactum ficuciae", elidendo l’affidamento riposto al momento della nomina sulle attitudini e capacità dell’amministratore, sempre che essi siano oggettivamente valutabili come capaci di mettere in forse la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore revocato, e non costituiscano, invece, il mero inadempimento ad una inesistente soggezione dell’amministratore stesso alle direttive del socio di maggioranza.
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