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Giuliana Scampoli

Giuliana Scampoli

Negli anni ha maturato una specifica esperienza nel settore del diritto societario, del diritto commerciale e della contrattualistica, svolgendo principalmente consulenza professionale (sia stragiudiziale che giudiziale) in favore di imprese. E' iscritta all'Albo degli Avvocati di Roma.

8 Aprile 2024

Esclusione per morosità del socio di cooperativa edilizia: obbligo di versare l’indennità di occupazione dell’immobile sociale

Per effetto della delibera di esclusione per morosità del socio di cooperativa edilizia, quest’ultimo è tenuto a rilasciare l’alloggio sociale e a rifondere alla cooperativa l’indennità di occupazione dell’immobile, in applicazione analogica dell’art. 1591 c.c., che costituisce espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione del bene dietro corrispettivo. [ Continua ]
5 Aprile 2024

La legittimazione dell’amministratore decaduto per effetto della clausola simul stabunt simul cadent a impugnare la delibera assembleare di nomina del nuovo organo amministrativo

L’art. 2386, co. 4, c.c., che recepisce la clausola simul stabunt simul cadent, introduce la regola generale secondo cui gli amministratori superstiti restano in carica, in regime di prorogatio di poteri, tanto da essere tenuti alla convocazione d’urgenza dell’assemblea per la nomina del nuovo consiglio e l’eccezione che può essere prevista nello statuto, ossia il subentro del collegio sindacale, non soltanto nel potere di convocazione dell’assemblea, ma anche nel compimento di atti di ordinaria amministrazione. Pertanto, l’amministratore decaduto per effetto della simul stabunt simul cadent, se non è diversamente previsto nello statuto, deve ritenersi in carica fino all’avvenuta nomina del nuovo organo amministrativo e conserva – non nell’interesse proprio, ma nell’interesse alla legalità della società – la legittimazione ex art. 2377 c.c. a chiedere l’annullamento della deliberazione assembleare, se affetta da vizi che inficino l’evento della nomina del nuovo organo amministrativo. L’applicazione della clausola simul stabunt simul cadent comporta un’anticipazione della scadenza naturale dell’intero consiglio, per effetto della cessazione di uno dei consiglieri. Tale clausola implica, dal lato dell’amministratore, l’accettazione del rischio di cessazione anticipata e involontaria dalla carica, che non equivale né in fatto, né sul piano delle conseguenze giuridiche, a una revoca dell’incarico. La clausola statutaria simul stabunt simul cadent prevede e determina una causa naturale di cessazione dalla carica di amministratore in base alla quale, a seguito delle dimissioni anche di un solo membro dell’organo gestorio, si determina l’immediata decadenza dell’intero CdA, ma l’esercizio della clausola deve sempre essere valutato alla luce del principio generale di buona fede, al fine di armonizzarne il corretto ambito di operatività. Infatti, tale clausola – di per sé lecita e legittima – non deve finire per essere utilizzata in modo strumentale e improprio, al fine di ottenere una revoca anticipata di uno degli amministratori in carica, senza che ricorrano quelle congrue motivazioni e quelle conseguenze onerose previste dall’art. 2383 c.c. L’uso indiretto delle dimissioni, al fine di innescare l’operatività della clausola simul stabunt simul cadent, non può avere maggiori effetti di una revoca senza giusta causa e non comporta, pertanto. l’invalidità della deliberazione di nomina del nuovo organo amministrativo, ma la semplice pretesa dell’amministratore, indirettamente revocato senza giusta causa, a pretendere l’indennizzo ex art. 2383 c.c. L’onere di provare l’uso strumentale della clausola simul stabunt simul cadent ricade sull’amministratore decaduto e non può ritenersi soddisfatto per l’assenza di propri comportamenti negligenti o comunque l’assenza di situazioni integranti giusta causa di revoca. Incombe dunque sull’attore la prova della esclusiva finalizzazione della clausola alla sua estromissione dal collegio degli amministratori per il conseguimento di interessi extrasociali o di un gruppo della compagine sociale e quindi l’ottenimento in via indiretta del risultato di revocarlo in assenza di giusta causa. [ Continua ]
15 Luglio 2024

Sospensione della delibera di approvazione del bilancio: il bilanciamento degli interessi contrapposti per il periculum in mora

L’abuso di maggioranza si sostanzia nella lesione dei diritti partecipativi dei soci di minoranza. Tale lesione non può essere determinata, di per sé, dalla approvazione di un bilancio che porti perdite superiori al reale, ma solo, eventualmente, dalla successiva delibera di ripianamento con offerta ai soci in opzione, ove questa ponesse a rischio i loro diritti. Ai fini della valutazione del periculum in mora per l’adozione della sospensiva, anche ove si ravvisasse un rapporto di concatenazione causale necessaria fra perdita di bilancio e onere di ripianamento, si imporrebbe, per questo aspetto, la necessità di bilanciare, ex art. 2378, co. 4, c.c., l’interesse degli attori a non concorrere a un aumento ritenuto indebito con il contrapposto interesse dei terzi a conoscere, e della società a cristallizzare e ufficializzare, le condizioni della società. Con la sospensiva infatti i terzi verrebbero privati radicalmente dell’importante informazione dell’avvenuta perdita del patrimonio netto e la società del principale strumento che rappresenta all’esterno e all’interno la sua condizione patrimoniale, sulla base del quale essa deve assumere iniziative rilevanti ex art. 2447 c.c. In questa alternativa, il bilanciamento non può andare a vantaggio dei soci che domandano la sospensione ove cui abbiano manifestato di non volere continuare il rapporto sociale e non abbiano esercitato neppure parzialmente il diritto di sottoscrivere l’aumento, con l’effetto di perdere, per ciò stesso, la loro qualità di soci. [ Continua ]
8 Aprile 2024

Sulla liquidazione delle spese di lite in caso di sostituzione della deliberazione impugnata ex art. 2377, co. 8, c.c.

In tema di impugnazione di deliberazioni dell’assemblea dei soci, a norma dell’art. 2377, co. 8, c.c. l’annullamento della deliberazione non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto; in tal caso il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società. Tale disposizione costituisce una chiara esplicazione del principio di causalità, in forza del quale le spese del giudizio devono essere poste a carico della parte che ha dato ingiustamente causa alla lite, e ha portata generale, risultando applicabile anche all’impugnazione della determina dell’organo amministrativo, normativamente regolata dagli artt. 2377 e 2378 c.c. in quanto compatibili, ai sensi dell’art. 2388, co. 4, c.c. L’art. 2377 c. 8 c.c. riguarda, testualmente, il solo caso della sostituzione della deliberazione impugnata con altra conforme a legge o statuto, ma non v’è ragione di trattare diversamente il caso della pura e semplice revoca, perché la delibera (o la determina dell’organo amministrativo) semplicemente non avrebbe potuto essere adottata, perché esorbitante dalle competenze dell’organo amministrativo o priva dell’autorizzazione dell’assemblea dei soci richiesta per statuto. [ Continua ]
18 Febbraio 2023

La responsabilità degli amministratori privi di deleghe

La posizione di garanzia e l’obbligo di intervento dell’amministratore non delegato che deve “agire informato” postulano la necessaria conoscibilità degli eventi che abbiano una portata pregiudizievole per la società. La responsabilità degli amministratori non operativi potrà essere ravvisata solo nel caso in cui sia configurabile una violazione dell’obbligo di valutazione del generale andamento della gestione, per essersi gli stessi astenuti dal controllare le operazioni compiute dai delegati di cui erano a conoscenza sulla base delle informazioni loro richieste o fornite. La qualifica di amministratore delegante non consente l’assunzione di un atteggiamento meramente passivo che si pone in contrasto con il dovere di agire in modo informato. Il diritto di matrice individuale di cui al comma sesto dell’art. 2381 c.c. consente a ciascun consigliere di poter svolgere le proprie funzioni in modo consapevole, è direttamente correlato al dovere degli amministratori delegati di rendere in sede consiliare le informazioni richieste, e si configura come “dovere” ogniqualvolta la sua attivazione sia strumentale all’adempimento dell’obbligo di agire in modo informato, obbligo dal cui inadempimento può, inoltre, scaturire un’autonoma e specifica responsabilità. Ne consegue, con riferimento al ruolo gestorio degli amministratori non operativi, che l’atteggiamento dismissivo e di sostanziale disinteresse alla gestione societaria non può essere addotto a causa esonerativa della responsabilità, ma va censurato come condotta inerte colpevole, di chi si sottrae agli obblighi incombenti per la carica rivestita, primo fra tutti quello di “agire informati”. [ Continua ]
28 Gennaio 2023

Competenza territoriale inderogabile delle Sezioni Specializzate in Materia di Impresa per le società con sede all’estero: la disciplina di cui all’art. 4, co. 1 bis, del d.lgs. n. 168/2003 trova applicazione anche in caso di c.d. cumulo soggettivo

L’art. 4, co. 1 bis, d.lgs. n. 168/2003 disciplina la competenza territoriale inderogabile delle Sezioni Specializzate in Materia di Impresa per le controversie di cui all’art. 3 del medesimo d.lgs. n. 168/2003 nelle quali è parte una società, in qualunque forma costituita, con sede all’estero, anche avente sedi secondarie con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato. Tale norma introduce una deroga normativa ai generali criteri di ripartizione territoriale delle controversie in subiecta materia, che non soffre eccezioni o distinguo a seconda che la condizione extraterritoriale riguardi la parte attrice o la parte convenuta. Ciò in quanto, da un lato, la ratio sottesa alla norma de qua (concentrazione, specializzazione, accesso) opera pienamente in presenza di entrambe le predette situazioni soggettive e, dall’altro, il legislatore ha utilizzato, indistintamente, il termine “parte” riferibile tanto all’attore quanto al convenuto, facendo poi esplicito richiamo all’art. 33 c.p.c., peraltro significativamente preceduto dall’avverbio “anche”, non per circoscrivere il perimetro soggettivo di efficacia della nuova disciplina (al solo convenuto), bensì unicamente al fine di meglio precisare, in modo dirimente e risolutivo, che la disciplina ivi stabilita debba trovare applicazione anche nel caso di c.d. cumulo soggettivo, ovverosia di cause con più società convenute, alcuna delle quali di diritto nazionale e altre con sede principale all’estero e, dunque, per prevenire, a priori, la possibilità di fenomeni di c.d. vis attrattiva territoriale della prima (convenuta con sede in Italia) nei confronti delle seconde (con sede all’estero). [ Continua ]
18 Gennaio 2023

Natura della responsabilità verso i creditori sociali. Sopravvenuto difetto di legittimazione attiva del creditore a seguito del fallimento della società

L’azione ex art 2394 c.c. e l’azione ex art 2476, co. 6, c.c. pongono in capo agli amministratori, tenuti ad una corretta gestione sociale in forza della carica ricoperta nell’interesse della società e per l’attuazione del suo oggetto, una specifica obbligazione anche verso i creditori sociali, finalizzata alla conservazione della garanzia patrimoniale della società ex art. 2740 c.c., tanto da prevederne una responsabilità diretta verso i creditori se il patrimonio della società risulta così compromesso da essere insufficiente al soddisfacimento del loro credito. L’azione di responsabilità verso i creditori sociali è diretta e autonoma e genera in capo all’amministratore una responsabilità assimilabile a quella contrattuale in quanto fondata sullo specifico rapporto stabilito dalla legge tra i doveri degli amministratori e il diritto dei creditori sociali. L’art. 2394 bis c.c. stabilisce, esprimendo un principio generale che vale anche per la parallela azione ex art. 2476, co. 6, c.c., che in caso di fallimento della società debitrice l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore spetta al curatore; si tratta di legittimazione del curatore all’azione di responsabilità verso i creditori sociali attribuita ex lege, posto che l’azione non è di quelle di cui era titolare la società e nelle quali invece subentra ex art. 43 l.f. il curatore. La legittimazione del curatore è esclusiva, tanto da privarne i creditori sociali, fino a che pende la procedura concorsuale e ciò anche se la curatela resta inattiva. Va dichiarata improcedibile la domanda proposta dal creditore ex art. 2476, co. 6, c.c. per sopravvenuto difetto di legittimazione attiva del medesimo creditore a seguito della dichiarazione di fallimento della società, subentrando nell’azione, ex art. 2394 bis c.c., la legittimazione attiva esclusiva del curatore del fallimento. L’art. 2394 bis c.c., attribuendo al curatore la legittimazione all’azione di responsabilità verso i creditori sociali, assegna all’azione una finalità recuperatoria del patrimonio della fallita nell’interesse indistinto di tutti i creditori, che ne consente la qualificazione come azione della massa, a tutela della par condicio creditorum. [ Continua ]
18 Gennaio 2023

Responsabilità dell’amministratore e del liquidatore per atti distrattivi. La qualifica di amministratore e liquidatore di fatto

La natura contrattuale della responsabilità dell’amministratore consente alla società che agisca per il risarcimento del danno, o al curatore in caso di sopravvenuto fallimento di quest’ultima, di allegare l’inadempimento dell’organo gestorio quanto ai fatti distrattivi e, una volta dimostrati, resta a carico del convenuto l’onere di dimostrare l’utilizzazione delle somme nell’esercizio dell’attività di impresa. Per l’individuazione della figura del c.d. amministratore o liquidatore di fatto – che può concorrere insieme con gli amministratori di diritto a cagionare un danno alla società attraverso il compimento o l’omissione di atti di gestione – è necessario che l’ingerenza nella gestione della società, attraverso le direttive e il condizionamento delle scelte operative, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza. Tali caratteri ricorrono ove un soggetto svolga un’attività non episodica, ma continuativa, relativa a due aspetti fondamentali dell’amministrazione societaria: la gestione dei rapporti contrattuali in essere e la direzione del personale dipendente. La sentenza penale emessa a seguito di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p. costituisce un importante elemento di prova nel processo civile, atteso che la richiesta di patteggiamento dell’imputato implica pur sempre il riconoscimento del fatto reato. Il giudice, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua responsabilità non sussistente e il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione. Infatti, la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi tecnicamente configurare come sentenza di condanna, anche se è a questa equiparabile a determinati fini, presuppone pur sempre una ammissione di colpevolezza che esonera la controparte dall’onere della prova. [ Continua ]
12 Gennaio 2023

Nullità della delibera di approvazione del bilancio e interesse ad agire

I principi di chiarezza, verità e correttezza costituiscono la c.d. clausola generale del bilancio di esercizio in quanto criteri cardine legislativamente disposti per la redazione del bilancio medesimo. La chiarezza del bilancio indica la sua comprensibilità al fine di assolvere la funzione informativa nei confronti dei soci e dei terzi, anche al di là della mera osservanza formale delle specifiche norme dettate per la minuta disciplina delle singole poste contabili; quanto al principio della rappresentazione veritiera e corretta, la sua applicazione implica la redazione del documento contabile conformemente alla struttura ed ai criteri di valutazione dettati dalla normativa civilistica. I principi enunciati sono sovraordinati rispetto alle altre regole che sovraintendono alla redazione del bilancio poste dall’art. 2423 bis c.c., cioè i criteri di prudenza, competenza, funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato, continuità di gestione e non modificabilità dei criteri di valutazione. Nell’azione di nullità della delibera assembleare – a differenza che nell’azione di annullamento, ove la preselezione operata dal legislatore in punto di legittimazione attiva qualifica il relativo interesse – il terzo che impugni la delibera deve allegare e dimostrare un interesse concreto e attuale alla declaratoria di nullità stessa, in quanto esso è la fonte della sua legittimazione. In particolare, ai fini della proponibilità dell’impugnazione ex art. 2379 c.c. non è sufficiente un generico interesse al rispetto della legalità, laddove ne venga denunciata la nullità, ma è necessaria l’allegazione di un’incidenza negativa nella sfera giuridica del soggetto agente delle irregolarità denunciate riguardo al risultato economico della gestione sociale. Ciò sta a significare che la qualità di socio non è requisito necessario, essendo legittimato qualsiasi soggetto purchè titolare di un interesse concreto ed attuale all’impugnativa, interesse che deve sussistere non solo al momento della proposizione della domanda ma anche al momento della decisione. L’interesse ad agire, in quanto condizione dell’azione ex art. 100 c.p.c., la cui carenza è rilevabile ex officio, implica a carico dell’attore l’onere di dimostrare l’attualità della lesione del proprio diritto ed il conseguente pregiudizio derivante dalla decisione impugnata alla cui eliminazione è diretto il provvedimento giurisdizionale richiesto. Tale requisito deve essere valutato alla stregua della prospettazione operata dalla parte e la sua sussistenza non può essere negata sulla base del presupposto che quanto sostenuto dall’attore non corrisponda al vero, attenendo tale valutazione di fondatezza al merito della domanda. Pertanto, nel caso dell’azione volta a far dichiarare la nullità di una deliberazione assembleare approvativa del bilancio di esercizio di una società, l’attore che assuma di aver subito un pregiudizio dal difetto di chiarezza, veridicità e correttezza di una o più poste contenute in bilancio ha l’onere di enunciare quali siano esattamente le poste iscritte in violazione dei principi legali vigenti lesive del suo diritto alla corretta informazione relativamente ai dati riportati in bilancio. L’esame delle singole poste e la verifica della loro conformità ai precetti legali è, tuttavia, compito logicamente successivo, che attiene al giudizio di fondatezza della domanda ma non al requisito dell’interesse ad agire [nella specie, il Tribunale ha rigettato la domanda in quanto l’attore ha fondato la propria impugnativa sul diritto alla corretta e veritiera informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, senza chiarire quale pregiudizio dallo stesso subito giustificasse l’adozione del provvedimento richiesto]. Il diritto ad ottenere informazioni corrette e veritiere rispetto alla situazione finanziaria della società non è configurabile in capo a chiunque, bensì solo a beneficio di quei soggetti che siano titolari di una posizione giuridica rilevante rispetto alla società, da cui discende tale diritto (ad esempio, un creditore che ha interesse a ricostruire con esattezza il patrimonio sociale in quanto garanzia generica del credito ex art. 2740 c.c.). [ Continua ]