hai cercato per: Maria Luigia Franceschelli
Maria Luigia Franceschelli

Maria Luigia Franceschelli

Associate

Dottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team

Pandoro-gate: Balocco perde ancora in appello a Torino

Il reclamo incidentale è inammissibile ove proposto nel termine assegnato per il deposito della comparsa di costituzione, quando era già scaduto il termine per proporre autonomo reclamo, di 10 giorni (ex art. 739 comma 2 c.p.c.) dalla notifica del decreto del Tribunale, notifica che fa decorrere il termine sia per il destinatario della stessa sia per il notificante. Per espressa previsione normativa, la natura del procedimento ex art. 840 sexiesdecies c.p.c. (introdotto con L. 31/2019) è quella di un procedimento in camera di consiglio ai sensi degli artt. 737 e ss. c.p.c.; il provvedimento conclusivo è pertanto un decreto, che non ha natura sostanziale di sentenza e idoneità al giudicato, ma è modificabile e revocabile ai sensi dell’art. 742 c.p.c.. A tale conclusione si giunge valorizzando la specifica scelta del legislatore di prevedere che il procedimento dell’azione inibitoria collettiva si svolga con le forme del procedimento in camera di consiglio, a differenza dell’azione di classe (contestualmente disciplinata con la medesima L. 31/2019) per cui è previsto il rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c. e la pronuncia di sentenza (art. 840 ter c.p.c.). Il provvedimento conclusivo dell’azione inibitoria collettiva è dunque un decreto che non ha carattere decisorio in ordine a contrapposte posizioni di diritto soggettivo e idoneità al giudicato; pronuncia su atti e comportamenti in pregiudizio di una pluralità di individui o enti a seguito di domanda di chiunque vi abbia interesse o di associazioni i cui obiettivi comprendano la tutela degli interessi pregiudicati; è modificabile o revocabile ai sensi dell’art. 742 c.p.c.; non è soggetto alla disciplina delle impugnazioni incidentali tardive delle sentenze di cui agli artt. 334 e 343 c.p.c.. L’art. 840 sexiesdecies c.p.c. non esclude il potere del giudice di accertare e dichiarare (anche senza emettere ordini o impartire divieti) la responsabilità del soggetto resistente per aver posto in essere la condotta ivi specificata, ovvero atti e comportamenti in pregiudizio di una pluralità di individui o enti. Il procedimento delineato dal legislatore non è preclusivo di una pronuncia dichiarativa; non ha natura cautelare ma di procedimento in camera di consiglio, non risultando pertanto applicabili le deduzioni riguardanti i procedimenti cautelari per inibitoria e sequestro per contraffazione di un prodotto. Costituisce pratica commerciale scorretta la pratica contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge (art. 20 comma 1 Cod. consumo); ingannevole (art. 20 comma 4 in relazione agli artt. 21 e 22) ove contenga informazioni non rispondenti al vero o che induca o sia idonea ad indurre in errore il consumatore medio e lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso, con riferimento a la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e il prezzo o il modo in cui questo è calcolato; anche quale omissione ingannevole (art. 22) in quanto nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, occulti o presenti in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale, e induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. L’art. 840 sexiesdecies c.p.c. prevede espressamente e inequivocabilmente la giurisdizione del giudice ordinario, disponendo che la domanda si propone con le forme del procedimento camerale ex artt. 737 e ss. c.p.c. dinanzi alla sezione specializzata in materia di impresa del tribunale. La pronuncia Cass. S.U. 7036/2006 - secondo cui l’AGCM non è un giudice ma un’amministrazione dello Stato ad ordinamento autonomo, il riconoscimento alle associazioni dei consumatori della possibilità di chiedere la tutela inibitoria all’AGCM o al giudice non è in contrasto con le norme comunitarie in materia di pubblicità ingannevole, agli Stati membri era data la possibilità di prevedere forme di tutela affidate sia in via esclusiva all’autorità amministrativa, sia in via esclusiva all’autorità giudiziaria, sia all’una e all’altra - conferma la sussistenza del sistema del c.d. doppio binario di tutela, amministrativa e di ordine giudiziario, in tema di pratiche commerciali scorrette. La sospensione necessaria del giudizio civile in pendenza di un giudizio amministrativo deve ritenersi ammissibile qualora sia imposta dall’esigenza di evitare un conflitto di giudicati, ipotesi che però non ricorre se il possibile contrasto riguardi soltanto gli effetti pratici dell’una o dell’altra pronuncia, e se, in particolare, tra i giudizi sussista diversità di parti, ostandovi in questo caso il rispetto del principio del contraddittorio. [ Continua ]

Segni identici: la tutela conferita dal marchio e dalle norme sulla concorrenza sleale

Una medesima condotta può integrare sia la contraffazione della privativa industriale sia la concorrenza sleale per l’uso confusorio di segni distintivi ma solo se la condotta contraffattoria integri anche una delle fattispecie rilevanti ai sensi dell’art. 2598 c.c. La protezione riconosciuta ai marchi che godono di notorietà consiste nel consentire ai titolari di vietare ai terzi, salvo il proprio consenso, di usare nel commercio senza giusto motivo un segno identico o simile – tanto per prodotti o servizi simili, quanto per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali tali marchi sono registrati – che tragga indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà di detti marchi o arrechi pregiudizio agli stessi. La tutela accordata al marchio rinomato comporta, dunque, che la stessa si estende anche al caso di prodotti o servizi non affini e prescinde dall'accertamento di un rischio di confusione tra i segni, essendo sufficiente che il pubblico interessato in concreto possa cogliere l'esistenza di un nesso, ossia di un grado di similarità, tra il marchio notorio e quello successivo. Esistono vari livelli di rinomanza, che vanno dai segni noti alla generalità della popolazione a quelli solo largamente accreditati presso un segmento del pubblico dei consumatori, cui si accompagnano diverse estensioni della tutela. Il diverso livello di rinomanza incide sull’onere della prova, ben potendo, in caso di segni notori, farsi ricorso anche alle nozioni di comune esperienza, mentre risulta necessario, a livelli più bassi di conoscenza del pubblico, fornire una prova più compiuta, attraverso indagini di mercato o dimostrando l’entità della promozione pubblicitaria e la penetrazione della stessa. In tema di concorrenza sleale, il rapporto di concorrenza tra due o più imprenditori, derivante dal contemporaneo esercizio di una medesima attività industriale o commerciale in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune, comporta che la comunanza di clientela non è data dall'identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, bensì dall'insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti, uguali ovvero affini o succedanei a quelli posti in commercio dall'imprenditore che lamenta la concorrenza sleale, che sono in grado di soddisfare quel bisogno. Non può esserci concorrenza tra imprese che operano in contesti territoriali tra loro molto distanti. [ Continua ]
28 Luglio 2024

Class-action contro Balocco: la decisione del tribunale di Torino sul Pandoro-gate

In tema di pratiche commerciali scorrette sussiste il sistema del doppio binario di tutela, una amministrativa e l'altra di ordine giudiziario. La natura amministrativa dell'AGCM e dei provvedimenti che possono essere da questa adottati e il sistema del doppio binario escludono la possibilità di invocare il principio del “ne bis in idem”. È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 840 sexiesdecies, comma 1, e 840 bis, c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 7 e 8 del D. M. 17 febbraio 2022 n. 27 per violazione degli artt. 3, 24, 111, 117 comma 1, Cost. e 6 CEDU. Sono legittimate a proporre l’azione inibitoria collettiva le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendono la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta di cui al citato art. 840-sexiesdecies, co. 1, primo periodo, c.p.c.. I requisiti di legittimazione delle associazioni che propongono l’azione di classe devono ritenersi sussistere, ove già accertati dal Ministero dello Sviluppo Economico in sede di conferma dell’iscrizione presso l’elenco delle associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale ai sensi dell’art. 17 del Codice del Consumo, nonché ulteriormente verificati dal Ministero della Giustizia in sede di iscrizione delle associazioni nell’elenco di cui all’art. 840 bis c.p.c., essendo tali associazioni legittimate a proporre l’azione fino alla data di aggiornamento dell’elenco ex art. 8, comma 1, del Decreto 17 febbraio 2022 n. 27. In tema di sospensione necessaria del processo civile, benché nel testo dell’art. 295 c.p.c. manchi il riferimento ad una pregiudiziale controversia amministrativa, non può escludersi in via di principio la configurabilità di una sospensione necessaria del giudizio civile in pendenza di un giudizio amministrativo, che deve ritenersi ammissibile qualcosa imposta dall’esigenza di evitare un conflitto di giudicati, ipotesi che però non ricorre se il possibile contrasto riguardi soltanto gli effetti pratici dell’una o dell’altra pronuncia e, se, in particolare, tra i due giudizi sussista diversità di parti, ostandovi in questo caso il principio del contraddittorio. Integra una pratica commerciale scorretta vietata dall’art. 20, comma 1, del Codice del Consumo, la diffusione di un comunicato stampa finalizzato alla presentazione della novità di un prodotto e di una iniziativa commerciale intrapresa dalla società produttrice dello stesso, ove quest’ultima risulti consapevole di aver già svolto l’attività reclamata, in quanto pratica contraria alla diligenza professionale. La medesima pratica è altresì idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio ove i messaggi diffusi al pubblico risultino idonei a fornire una rappresentazione scorretta dell’iniziativa commerciale intrapresa dalla società, lasciando intendere che il consumatore avrebbe potuto contribuirvi. La possibilità di utilizzare la nuova “azione inibitoria collettiva” prevista dall’art. 840 sexiesdecies c.p.c. per conseguire “misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate” ossia per ottenere la tutela ripristinatoria trova il proprio confine invalicabile nell’assegnazione dei risarcimenti e delle restituzioni alla sola “azione di classe” come chiaramente dimostrato dalla specifica previsione dell’art. 840 bis, c.p.c. che, a differenza dell’art. 840 sexiesdecies c.p.c., prevede espressamente anche la “condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni”. Le “misure idonee ad eliminare o ridurre gli effetti delle violazioni accertate” mirano a ristabilire lo stato di fatto preesistente e non un devono essere un mezzo per conseguire un risultato proiettato in avanti [nel caso di specie: la soddisfazione dell’intento che ha indotto i consumatori all’acquisto del prodotto]. [ Continua ]

ll rigetto della domanda di brevetto rende nullo il contratto di licenza per mancanza di oggetto

Il D.Lgs. n. 168 del 2003, nell'attribuire alle Sezioni specializzate in materia d'impresa la cognizione delle controversie previste dall'art. 3, prevede una competenza per materia avente carattere funzionale e quindi inderogabile. Deve essere dichiarata pertanto inefficace la clausola del contratto di licenza in cui le parti concordano un diverso foro competente. Il contratto di licenza è nullo, mancando l’oggetto del relativo contratto, ove il titolo di proprietà industriale vantato oggetto di licenza (nella specie, un brevetto) venga rifiutato dall'UIBM per carenza dei requisiti di tutela. Il fatto che una parti dichiari risolto di diritto il contratto non rende inammissibile l’accertamento successivo della nullità originaria del contratto essendo pacifico che l’adempimento e la risoluzione presuppongono l’esistenza di un atto morfologicamente valido, sicché la nullità può essere sempre oggetto di dichiarazione/accertamento da parte del giudice. Nel caso in cui il differimento della prima udienza di comparizione da parte del giudice istruttore, ai sensi dell’art. 168-bis, comma 5, c.p.c. intervenga dopo che sia già scaduto il termine di cui all’art. 166 c.p.c. per la costituzione del convenuto, il differimento stesso non determina la rimessione in termini del convenuto ai fini della sua tempestiva costituzione e, di conseguenza, restano ferme le decadenze già maturate a suo carico ai sensi dell’art. 167 c.p.c. [ Continua ]
15 Luglio 2024

Sottrazione di informazioni asseritamente segrete per la produzione di una maschera da scherma tutelata come marchio di forma registrato

La parte che intenda tutelare una privativa non titolata in giudizio deve dare contezza e prova di tutti i suoi presupposti, così come previsti dall’art. 98 D.Lgs. n. 30/2005, ovvero che dette informazioni siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme e nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; che abbiano valore economico in quanto segrete; siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete, dovendosi intendere per misure ragionevolmente adeguate quelle che impediscano che coloro che detengono le informazioni le portino a conoscenza di terzi o che impediscano ai terzi di accedervi direttamente. I Tribunali di uno Stato membro, compresi i Tribunali dei marchi UE, possono essere aditi per chiedere, relativamente a un marchio UE o a una domanda di marchio UE anche in difetto di registrazione, le misure cautelari previste dalla legislazione di detto Stato per un marchio nazionale, cosicché la tutela cautelare può essere riconosciuta anche sulla scorta della mera domanda di registrazione, purché ne ricorrano i presupposti secondo disciplina comunitaria, tenuto conto che il difetto di registrazione, esclude soltanto che l’affermata privativa possa considerarsi sorretta da presunzione di validità, secondo il dettato dell’art. 127 comma 1 del citato Reg. UE n. 1001/2017. Nella valutazione del carattere distintivo che la forma del prodotto deve avere o acquisire al fine di valere in sé come marchio, è bene chiarire la necessità di non incorrere in un equivoco, posto che il carattere distintivo della forma non deve differenziare il prodotto dagli altri, in una sorta di considerazione del carattere individuale proprio dei modelli, ma deve differenziarsi dal prodotto in modo idoneo a mandare un messaggio ulteriore rispetto alle qualità del prodotto medesimo, cosicché l’eventuale successo riscontrato sul mercato dal prodotto, idoneo di per sé ad attribuire alle sue fattezze valore individuale, può essere eventualmente valutato come causa efficiente dell’assunzione del carattere distintivo della forma medesima, forma cioè atta ad assumere il significato di marchio. [ Continua ]

Risoluzione del contratto, inadempimento e buona fede delle parti

La valutazione dell’esecuzione del contratto in termini di correttezza e buona fede deve essere effettuata con riferimento ad entrambe le parti; se l’obbligato alla prestazione non ha reso noti alla controparte i cambiamenti che avrebbero necessariamente inciso sulla possibilità di adempiere l’obbligazione residua a proprio carico, tale comportamento è contrario ai principi di correttezza e buona fede ove direttamente incidente sulla successiva impossibilità di garantire l’adempimento divenuta vera e propria impossibilità di adempiere. [ Continua ]

Competenza delle sezioni specializzate per illeciti concorrenziali

Rientrano nella competenza delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale, ai sensi dell'art. 3, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 168 del 2003, le domande di repressione di atti di concorrenza sleale o di risarcimento dei danni che si fondano su comportamenti che interferiscono con un diritto di esclusiva (concorrenza sleale c.d. interferente), avendo riguardo alla prospettazione dei fatti da parte dell'attore ed indipendentemente dalla loro fondatezza. Di converso, esulano dalla competenza delle sezioni specializzate le domande fondate su atti di concorrenza sleale c.d. pura, in cui la lesione dei diritti di esclusiva non sia elemento costitutivo dell'illecito concorrenziale [nel caso di specie, la condotta posta in essere dal convenuto ritenuta potenzialmente integrante concorrenza sleale interferente concerne la sottrazione dei dati relativi alla clientela]. [ Continua ]
13 Aprile 2023

Inammissibilità per difetto di giurisdizione della domanda di accertamento del diritto alla registrazione di un marchio in pendenza di un giudizio amministrativo di opposizione. Il caso Elettra Lamborghini

Premessa la reciproca autonomia della procedura amministrativa e di quella giudiziaria, deve precisarsi che l’eventuale rilascio o rifiuto del titolo da parte dell’UIBM all’esito del giudizio di opposizione non preclude il sindacato del giudice ordinario in punto di validità, non contraffazione ovvero decadenza dal diritto (art. 117 c.p.i.). Tuttavia, un simile sindacato può intervenire solo ed in quanto sia già intervenuto il rilascio del titolo da parte dell’Ufficio competente (art. 120 c.p.i.).Ne consegue che la decisione sulla domanda di validità/non contraffazione/decadenza di una privativa non può essere pronunciata finché sussista incertezza in ordine all’esistenza della privativa stessa, alla sua stabilità ed al suo ambito di protezione. [ Continua ]
19 Aprile 2023

Contraffazione del marchio “K-Way” apposto su un capospalla indossato dal cantante in un videoclip

Ricorrono i motivi legittimi perché il titolare del marchio si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, come previsto dal 2 comma dell'art. 5 del C.P.I. (D.Lgs. n. 30/2005) - come eccezione al c.d. "principio di esaurimento" – nel caso in cui l'uso del marchio successivo alla prima immissione in commercio del prodotto incorporante il diritto sia causa di detrimento alla reputazione e al prestigio collegati al segno distintivo, ciò costituendo motivo legittimo a che non si verifichi l'esaurimento del diritto. La pratica dell'ambush marketing è considerata ingannevole poiché induce in errore il consumatore medio sull'esistenza di rapporti di sponsorizzazione ovvero di affiliazione o comunque di collegamenti con i titolari di diritti di proprietà intellettuale invece insussistenti e costituisce un'ipotesi particolare di concorrenza sleale contraria alla correttezza professionale che può trovare tutela nell'alveo generale dell'art. 2598, 3° comma, c.c.. In particolare, con la figura dell'"ambush marketing" il concorrente sleale associa abusivamente l'immagine ed il marchio di un'impresa ad un evento di particolare risonanza mediatica senza essere legato da rapporti di sponsorizzazione, licenza o simili con l'organizzazione della manifestazione. In tal guisa lo stesso si avvantaggia dell'evento senza sopportarne i costi, con conseguente indebito agganciamento all'evento ed interferenza negativa con i rapporti contrattuali tra organizzatori e soggetti autorizzati. Si tratta dunque di illecito plurioffensivo, ove i soggetti danneggiati sono l'organizzatore dell'evento, il licenziatario (o sponsor) ufficiale ed infine il pubblico. [Nel caso di specie, utilizzare in un video un prodotto oscurandone il marchio che lo contraddistingue è da ritenersi in contrasto con i principi di cui agli artt. 5 C.P.I. e 13 RMUE nonché di cui allo stesso art. 20 C.P.I., rappresentando l’oscuramento del logo una ipotesi di contraffazione. Il comportamento rileva, inoltre, sotto il profilo della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. ove il titolare del marchio operi anche sul mercato della promozione di video pubblicitari dei propri prodotti e la diffusione di un video che riproduca un prodotto modificato senza il suo consenso in modo da alterare la capacità distintiva del marchio rappresenta un’ipotesi di comportamento non conforme alla correttezza professionale rilevante ai sensi dell’art. 2598, 3° comma, c.c..] [ Continua ]
21 Maggio 2023

Limiti all’inserimento nel marchio di un patronimico identico al marchio celebre di un terzo

L'inserimento, nel marchio, di un patronimico coincidente con il nome della persona che in precedenza l'abbia incluso in un marchio registrato, divenuto celebre, e poi l'abbia ceduto a terzi, non è conforme alla correttezza professionale se non sia giustificato, in una ambito strettamente delimitato, dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti dalla persona che ha certo il diritto di svolgere una propria attività economica ed intellettuale o creativa ma senza trasformare la stessa in un'attività parallela a quella per la quale il marchio anteriore sia non solo stato registrato ma abbia anche svolto una rilevante sua funzione distintiva. [ Continua ]