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Michele Rossi

Michele Rossi

Dottore di ricerca (Università di Bologna) e Avvocato in Bologna - Studio Legale Associato Demuro Russo

8 Febbraio 2025

Illecita prosecuzione dell’attività e criteri di quantificazione del danno

L’azione esercitata dal fallimento ai sensi dell’art. 146 l. fall., che censura la condotta gestoria dell’amministratore quale lesiva del patrimonio sociale, ha natura contrattuale, onde si applicano i principi sull’onere probatorio propri di tale tipo di azioni: l’attore deve allegare in modo sufficiente preciso l’illecito, e provare il danno e il nesso causale fra condotta od omissione censurata e danno, mentre spetta al convenuto provare di avere bene operato o di non essere stato in colpa. Quanto alla stima del danno, l’art. 2486 cod. civ., come riformato nel 2019, raccoglie e cristallizza in regole di legge le elaborazioni sulla determinazione del danno derivanti da una già precedente consolidata giurisprudenza: pertanto, i criteri ivi indicati si applicano anche alla stima dei danni per illeciti commessi, e già previsti dalla legge, ante riforma. [ Continua ]
8 Febbraio 2025

Società di persone: usufrutto di quote, venir meno della pluralità dei soci e applicazione analogica dell’art. 2395 cod. civ.

Non v’è incompatibilità fra accettazione con beneficio di inventario e subentro dell’erede nella qualità di socio illimitatamente responsabile in società di persone, e ciò sia nel caso in cui l’acquisto della qualità di socio sia intervenuto in forza di una clausola statutaria c.d. di continuazione automatica, sia nel caso in cui il subentro fosse stato convenuto tra gli eredi e i soci superstiti con un accordo ad hoc. L’usufrutto della quota di una società di persone è ammissibile, poiché la quota può formare oggetto di diritti ai sensi dell’art. 810 cod. civ. e rientrare nel concetto di beni mobili immateriali ex art. 812, comma 3, cod. civ., ma la qualità di socio non viene però acquistata dall’usufruttuario ma permane in capo al nudo proprietario. L’assetto dei poteri, diritti e facoltà attribuibili al titolare di un diritto parziario quale l’usufruttuario non discende dalla qualificazione giuridica eventualmente utilizzata dalle parti per individuare il titolare del diritto costituito o trasferito, ma discende dalla tipologia di diritto sulla quota che è stato in concreto costituito o traferito; in altri termini, la volontà delle parti non può spingersi sino a modificare il contenuto del diritto reale di usufrutto in senso contrario a quanto voluto dal legislatore e a far acquisire la qualità di socio a colui che non può essere considerato tale per scelta dell’ordinamento. Nelle società di persone l’incarico gestorio può essere affidato ad un soggetto non socio. La mancata ricostituzione entro sei mesi della pluralità dei soci non determina affatto la cessazione o l’estinzione automatica della società di persone, ma soltanto che la stessa si scioglie ex lege ai sensi dell’art. 2272, n. 4, cod. civ. e entra automaticamente in stato di liquidazione; il socio rimasto, dopo aver lasciato trascorrere il semestre, potrebbe proseguire l’attività d’impresa utilizzando il complesso dei beni sociali senza dare inizio alla fase di liquidazione e pertanto la società potrebbe proseguire con un unico socio, sostanzialmente come una società unipersonale a tempo indeterminato assoggettata ad un particolare regime di responsabilità per le obbligazioni sociali, esposta al rischio di liquidazione derivanti da azioni esecutive promosse dal creditore particolare del socio superstite e di cancellazione d’ufficio da parte del registro delle imprese. L’art. 3 d.p.r. 247/2004 non prevede affatto un’estinzione automatica della società di persone al verificarsi di una causa di scioglimento, ma soltanto che, laddove risulti una di tali cause, l’ufficio del registro delle imprese debba invitare gli amministratori a comunicare l’avvenuto scioglimento o a fornire elementi idonei a dimostrare la persistenza dell’attività sociale e che, decorso un termine di trenta (in caso di ricevimento dell’invito) o quarantacinque giorni (in caso di irreperibilità) senza che gli amministratori abbiano fornito riscontro, l’ufficio provveda a trasmettere gli atti al Presidente del Tribunale, il quale potrà nominare d’ufficio il liquidatore oppure – se non lo ritiene necessario – trasmettere direttamente gli atti al giudice del registro per l’adozione delle iniziative necessarie a disporre la cancellazione della società. Il socio che richiede il pagamento della sua parte degli utili è tenuto a dimostrare l’avvenuta approvazione del rendiconto annuale da parte dei soci, in quanto presupposto indefettibile per la distribuzione degli utili. L’art. 2395 cod. civ. si ritiene applicabile analogicamente anche alle società di persone così come il principio – affermato sulla base del dato testuale di tale disposizione, che peraltro risponde ai principi generali sul risarcimento del danno aquiliano – secondo cui l’azione individuale del socio non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 cod. civ. esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società. L’applicazione analogica dell’art. 2395 cod. civ. anche alle società di persone si giustifica sulla base del fatto che ancorché prive di personalità giuridica, dette società costituiscono comunque un centro di imputazione di situazioni giuridiche distinte da quelle dei singoli soci. Nell’ambito delle azioni di risarcimento per danno da c.d. mancata distribuzione degli utili occorre distinguere: (i) l’ipotesi in cui il socio lamenti la mancata approvazione del rendiconto – unico adempimento necessario nelle società di persone, a differenza delle società di capitali ove invece è necessaria una delibera che ne autorizzi la distribuzione – nella quale si è al cospetto di un danno che può essere fatto valere ai sensi dell’art. 2395 cod. civ. e che può essere riconosciuto sempre a condizione che sia dimostrata la presenza di utili distribuibili; (ii) l’ipotesi in cui il socio faccia valere in giudizio la mancata percezione degli utili come derivante da diversi comportamenti di gestione tenuti dall’amministratore, quali ad esempio atti distrattivi, nella quale si è al cospetto di un danno meramente indiretto non risarcibile ai sensi dell’art. 2395 cod. civ., posto che le condotte dell’amministratore ledono in via primaria il patrimonio sociale e solo di riflesso quello del socio. L’azione di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, sulla legge o su clausole generali, si rilevi carente ab origine del titolo giustificativo, mentre resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico. [ Continua ]
9 Febbraio 2025

Decadenza del beneficio del termine e concetto di debitore insolvente

Il concetto di insolvenza di cui all’art. 1186 cod. civ. non coincide con quello di insolvenza ai sensi della disciplina della liquidazione giudiziale di cui all’art. 2 CCII, ma è riferibile ad ogni situazione, anche temporanea e non irreversibile, che non consenta al debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, anche in conseguenza di una semplice situazione di difficoltà economica e patrimoniale idonea ad alterare in senso peggiorativo le garanzie patrimoniali generiche da lui offerte. [ Continua ]
19 Novembre 2024

Cancellazione dal registro delle imprese e presunzione di estinzione della società

La cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese porta a presumere che l'ente sia estinto. Tale presunzione è vincibile dando prova che la società ha continuato ad operare mentre la persistenza di rapporti giuridici attivi e/o passivi non è idonea a superare la presunzione di estinzione dell'ente, tanto più che l'effetto estintivo dell'ente comporta il trasferimento in capo ai soci dei rapporti ancora esistenti. Il potere di controllo di regolarità formale e qualificatorio dell'atto è esercitato correttamente dal Conservatore del registro delle imprese che abbia iscritto la cancellazione della società in nome collettivo senza liquidazione sulla base della dichiarazione sostitutiva di atto notorio del socio superstite con la quale certificava la mancanza di un residuo attivo e passivo che non lasciava spazio per una fase di liquidazione (nel caso di specie il Giudice del Registro ha respinto il ricorso contro la cancellazione della cancellazione di una società di persone richiesto sulla base di un preteso errore materiale per la mancata liquidazione dell'attivo della società). [ Continua ]
24 Dicembre 2024

Indici sintomatici della posizione di amministratore di fatto

La nozione di amministratore di fatto postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione e l'inserimento del soggetto nella gestione dell'impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, anche in assenza di una qualsivoglia investitura. A tal fine, pur non essendo necessario l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, lo svolgimento dell'attività gestoria deve avvenire in modo sufficientemente sistematico e non può esaurirsi nel compimento di alcuni atti aventi carattere eterogeneo, episodico o occasionale. La prova della posizione di amministratore di fatto implica l'accertamento della sussistenza di una serie di indici sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, tipizzati dalla prassi giurisprudenziale, quali il conferimento di deleghe in favore dell'amministratore di fatto in fondamentali settori dell'attività di impresa, la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la costante assenza dell'amministratore di diritto, la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti, il conferimento di una procura generale ad negotia (quando questa, per l'epoca del suo conferimento e per il suo oggetto, concernente l'attribuzione di autonomi ed ampi poteri, sia sintomatica dell'esistenza del potere di esercitare attività gestoria in modo non episodico od occasionale, ma con caratteri di sistematicità e completezza). Quanto alla qualità di socio occulto, detta figura non è compatibile con la società di capitali, la quale viene costituita in base a un formale contratto di società in cui lo status di socio è acquisito a seguito di formalità e attività non surrogabili per fatti concludenti. [ Continua ]
24 Dicembre 2024

Diritti di controllo del socio in concorrenza con la società partecipata

Il diritto di controllo comprende sia il diritto all'informazione in senso stretto, che si esercita attraverso la richiesta di notizie sullo svolgimento degli affari sociali, sia il diritto alla consultazione, che implica l'esame diretto della documentazione sociale, ossia dei libri sociali e dei "documenti relativi all'amministrazione", da intendersi in senso ampio con riferimento a tutta la documentazione contrattuale, amministrativa, contabile e fiscale della società, con facoltà di estrarne copia. Al socio è rimessa la scelta in ordine alla modalità di accesso alle informazioni (richiesta di notizie o consultazione), nonché la decisione in merito all'ambito (tempo di riferimento, settori di attività, singoli affari o situazione complessiva) e al grado di approfondimento dell'istanza rivolta agli amministratori. L'unico limite che il potere di controllo del socio incontra è quello connesso alla generale operatività del principio di buona fede e correttezza. Ciò significa che il socio non può esercitare i propri diritti di informazione e di ispezione con modalità vessatorie od emulative tali da recare inutilmente intralcio alla gestione sociale ovvero al fine di ostacolare l'attività della società o di danneggiarla. Il diritto di informazione del socio deve essere in ogni caso contemperato con le esigenze di riservatezza della società, tutte le volte in cui il socio richiedente si ponga in rapporto concorrenziale con la società medesima e il diritto di ispezione venga, quindi, esercitato in modo strumentale e per finalità estranee a quelle di controllo, avuto riguardo alla concreta posizione del socio medesimo. Pertanto è da escludere che il socio che esercita un'attività in concorrenza con la società partecipata possa avere accesso ad informazioni che gli consentano di operare sul mercato con vantaggio competitivo e che possano essere da lui utilizzate per scopi estranei al controllo, a vantaggio di terzi e con danno potenziale per la società. [ Continua ]
22 Ottobre 2024

Esclusione del socio di s.a.s. e tutela cautelare ex art. 2287 c.c.

La ratio sottesa alla clausola dei patti sociali che disponga l’esclusione nei confronti del socio la cui quota di partecipazione sia stata pignorata va ravvisata nella volontà dei soci di tenere la società immune dal rischio che il creditore personale del socio possa aggredire la singola quota, il che nelle società di persone comporterebbe l'inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto prescindendo dalla volontà degli altri soci, rischio che si verificherebbe anche nell’ipotesi di pignoramento parziale della quota di partecipazione. Nell'ambito di un giudizio cautelare di opposizione all'esclusione del socio di cui all'art. 2287 c.c., l'ordinanza di rigetto dell'istanza cautelare non preclude la riproposizione dell'istanza se si verificano, anche alternativamente, mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o diritto. Non risulta infatti inammissibile per violazione dell'art. 669 septies c.p.c. la nuova istanza che si fondi su mutamenti dei profili strettamente fattuali o giuridici. [ Continua ]
22 Ottobre 2024

Impugnazione delle delibere assembleari: profili processuali

Nei giudizi di impugnazione avverso delibere assembleari, legittimata passiva è esclusivamente la società, alla quale è soggettivamente imputata la manifestazione di volontà espressa dall’assemblea dei soci, mentre i soci non impugnanti devono sottostare agli effetti della sentenza di annullamento della delibera. L’azione di impugnazione della delibera di una società di capitali può essere proposta nei confronti della sola società e non già nei confronti degli altri soci non impugnanti che hanno votato favorevolmente, i quali possono tuttavia dispiegare intervento adesivo delle ragioni della società. Il concetto di sospensione dell’esecuzione della deliberazione, di cui all’art. 2378 c.c., richiamato dall’art. 2479 c.c., deve essere interpretato come riferito alla sospensione dell’efficacia della delibera, dovendosi pertanto intendere che possano essere oggetto di sospensione cautelare anche le deliberazioni che siano già state eseguire, ma i cui effetti si protraggano nel tempo, pregiudicano i diritti dei soci assenti o dissenzienti. Gli effetti caducatori o ripristinatori della sentenza di annullamento della deliberazione assembleare, di natura costitutiva, si producono solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza stessa. [ Continua ]
24 Ottobre 2024

Ampiezza e limiti dei poteri del liquidatore

L'art. 2489 c.c. va interpretato nel senso che il liquidatore è tenuto a compiere tutti gli atti utili alla liquidazione, salva diversa disposizione statutaria o adottata in sede di nomina, dal che discende che i poteri del liquidatore devono ritenersi di attribuzione legale e che all'assemblea sia conferito un potere sussidiario, di modularli o circoscriverli, senza tuttavia potersi discostare dallo scopo liquidatorio (e fermo restando il potere dell'assemblea di revocare la liquidazione, sussistendone i presupposti). Salvo che lo statuto, la delibera di nomina del liquidatore o l’assemblea non vietino espressamente la cessione dell’azienda, il liquidatore è autorizzato a disporla, in fase di liquidazione, in base al generale disposto dell’art. 2489 c.c. L’alienazione dell’unica azienda o di un ramo di azienda deve ritenersi come atto modificativo dell’oggetto sociale solo nell’ipotesi in cui la società stia operando in continuità e secondo gestione caratteristica. Infatti, una volta deliberata la liquidazione, la vendita o cessione dei beni e degli assets societari costituisce la principale modalità di attuazione dello scopo liquidatorio e pertanto non integra un mutamento dell’oggetto sociale tale da richiedere la necessaria autorizzazione assembleare, così come non va a integrare una rilevante modificazione dei diritti riservati ai soci nella fase liquidatoria. Nel caso in cui la nomina del liquidatore avviene ai sensi dell'art. 2487, co. 2, c.c., al tribunale, che non svolge un'attività meramente suppletiva di natura eccezionale, deve essere riconosciuto non solo il potere di nomina del liquidatore ma anche quello di determinare i poteri di quest'ultimo e le regole della liquidazione. [ Continua ]
24 Dicembre 2024

L’amministratore ha diritto al rimborso delle spese adeguatamente giustificate

L'azione di responsabilità verso gli amministratori ex art. 2476 c.c. ha natura contrattuale e, pertanto, chi agisce ha l'onere di allegare con sufficiente specificità l'inadempimento gestorio nonchè di di provare il danno e il nesso causale fra l'inadempimento e il danno. Spetta, invece, all'amministratore - a fronte dell'addebito sufficientemente specifico - provare di aver agito correttamente o di non essere in colpa. Il mancato pagamento delle imposte e tasse costituisce violazione dei doveri gestori e il danno per il quale si domanda il ristoro corrisponde ai maggiori importi che l'Amministrazione competente esige come conseguenza dei mancati pagamenti a titolo di sanzioni e spese. Il fatto che il rimborso delle spese sostenute dagli amministratori in ragione dell'incarico ricoperto spetti a questi ultimi sulla base di una previsione statutaria non esclude, di per sé, che il rimborso debba avvenire solo in presenza di adeguata giustificazione; mancando la quale, a fronte dell'eccepita carenza di giustificazione, gli amministratori devono dimostrare il diritto al rimborso (nel caso di specie: spese per spostamenti). Non risultando giustificati i rimborsi, le spese che la società ha sostenuto a tale titolo si considerano derivanti da illeciti gestori sia organizzativi sia, trattandosi di uscite, in concreto dissipativi. Per i consiglieri non esecutivi vi è obbligo di adeguata informazione e azione, relativamente ai compiti che gravano anche su di essi, segnatamente la redazione del bilancio, in occasione della quale essi sono tenuti alla verifica di ogni aspetto della vita sociale influente sulle voci di bilancio, o emergente dalle verifiche che sono necessariamente prodromiche alla formazione del bilancio. Inoltre essi, in presenza di segnali di allarme, sono tenuti ad informarsi e ad agire secondo il migliore interesse della società, con l’uso degli strumenti gestori e di legge.     [ Continua ]