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La normativa di riferimento è quindi la Legge n. 179/1992 la quale, all’art. 8, indica le modalità di determinazione del canone ed agli artt. 17 e 18 disciplina i diritti dei soci che ottengono in godimento l’immobile e la possibilità di cedere in proprietà individuale ai soci in base a situazioni specifiche, anche se di norma nelle Cooperative a proprietà indivisa le singole unità immobiliari, come nella fattispecie, vengono assegnate ai soci in godimento, senza però trasferire ad essi la proprietà, sicché gli alloggi rimangono di proprietà della Cooperativa fino a quando la società non si scioglie e gli stessi verranno trasferiti all’ente previsto per legge.
Ora, poiché lo scopo della Cooperativa è quello di ottenere nell’ambito dell’oggetto sociale, tramite la gestione in forma associativa, a condizioni possibilmente migliori rispetto a quelle ottenibili sul mercato, il soddisfacimento dei propri bisogni abitativi mediante l’assegnazione in godimento di unità immobiliari, presupposto per poter ottenere in godimento l’alloggio è l’aver acquisito lo status di socio della Cooperativa.
La circostanza del mancato pagamento è stata allegata dalla parte attrice in atto di citazione e la parte convenuta, essendo rimasta contumace, non ha ovviamente dedotto né fornito prova di alcuna fattispecie estintiva, modificativa o impeditiva del diritto di credito di controparte e, in particolare, dell’avvenuto pagamento (totale o parziale) dei canoni in questione; invero, secondo l’orientamento seguito dalla più recente giurisprudenza, pienamente condiviso da questo Tribunale, “il creditore, sia che agisca per l’adempimento, sia che agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno, è tenuto a provare solo l’esistenza del titolo, ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento”.
Dopo la soppressione del libro soci (vedi art. 16, commi da 12 quater a 12-undecies, d.l. 29.11.2008 n. 185 conv. in legge 29.1.2009 n. 2), deve ritenersi condizione per la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali l’iscrizione dell’acquisto della quota nel registro delle imprese nella cui circoscrizione ha sede la società. Altro indirizzo, più aderente al dato normativo dell’art. 2470 c.c., assume invece come condizione necessaria per l’esercizio dei diritti sociali (non l’iscrizione ma) il deposito a registro delle imprese, per l’iscrizione, dell’atto recante il trasferimento o l’acquisto a causa di morte della quota, con decorrenza degli effetti dal momento del deposito. Vedi il primo comma dell’art. 2470: “il trasferimento ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito di cui al successivo comma”. La disposizione riguarda il trasferimento della quota per atto inter vivos, ma deve estendersi per condiviso indirizzo e in linea con il canone di completezza delle risultanze pubblicitarie a ogni altro atto di acquisto di diritti su quote, diverso da un trasferimento.
È tuttavia decisiva, per l’interpretazione restrittiva dell’art. 2470 primo comma, la considerazione che la pubblicità dei trasferimenti di quote di S.r.l. riveste carattere imperativo, di ordine pubblico economico, avendo la funzione di rendere conoscibili e in qualche misura più trasparenti gli assetti societari del più diffuso tipo di società di capitali, evitando l’opacità che connotava l’iscrizione a libro soci come strumento di legittimazione del socio nei confronti della società. Su questa premessa, il deposito per l’iscrizione (o l’iscrizione) non può essere surrogato dalla conoscenza de facto che la società abbia avuto dell’intervenuto acquisto della quota. [ Continua ]