Una questione di giurisdizione sorta in merito a una contestazione di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 c.c. deve essere risolta ai sensi del criterio di competenza speciale previsto “in materia di illeciti civili dolosi o colposi” dall’art. 7, n. 2, del Regolamento UE n. 1215/2012, che riconosce come competente “l’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”, da intendersi sia come il luogo dove si è concretizzato il pregiudizio sia come il luogo dove si è verificato l’evento generatore del danno.
In ipotesi di inadempimento contrattuale, l’art. 4, paragrafo 2, del Regolamento CE n. 593/2008 prevede che, in assenza di una scelta di legge da parte delle parti, alle obbligazioni contrattuali debba essere applicata la legge dello Stato nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza abituale. Qualora l’illecito lamentato sia qualificato come violazione del principio di leale concorrenza e dunque come extracontrattuale, ma si ritenga che l’illecito presenti comunque uno stretto collegamento con un contratto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, paragrafo 2, e 4, paragrafo 3, del Regolamento CE n. 864/2007, trova applicazione la legge che regola il rapporto contrattuale.
Non trova applicazione l’art. 35 del Regolamento (UE) n. 1215/2012 e pertanto non sussiste la giurisdizione italiana c.d. esorbitante in relazione a una domanda cautelare di ripristino o riattivazione di una pagina Instagram proposta nei confronti della società proprietaria della piattaforma con sede in Irlanda, che aveva provveduto a disattivare tale pagina, in un caso in cui la società ricorrente, che non può qualificarsi consumatore, abbia validamente sottoscritto la clausola di deroga della giurisdizione contenuta nelle condizioni d’uso della piattaforma e la misura cautelare non possa o non debba essere eseguita in Italia. Il provvedimento richiesto, infatti, avente ad oggetto un obbligo di fare, non può che essere eseguito dove le scelte vengono adottate e l'autonomia negoziale viene esercitata, ossia presso la sede irlandese della società resistente, mentre non assume rilievo ed è inconferente rispetto all’ordine di ripristino del profilo Instagram ogni riferimento alla localizzazione degli effetti di quest’ultimo.
Nel caso della descrizione, il fumus boni iuris assume caratteri peculiari, nel senso che – allo scopo di evitare che tale forma di tutela sia sollecitata con finalità meramente esplorative, se non di vera e propria abusiva intromissione nella sfera dei concorrenti, anche per arrecare loro un danno – lo stesso presuppone che la parte che chiede la misura non si limiti ad un’apodittica allegazione della lesione del proprio diritto, ma fornisca elementi concreti di potenziale riscontro circa la medesima lesione e, soprattutto, circa il pericolo di dispersione della prova.
Il fatto che la descrizione sia un mezzo di ricerca e salvaguardia della prova fa sì che il fumus boni iuris abbia un minore grado di consistenza. Il fumus va, invero, apprezzato in via diretta in relazione al diritto processuale alla prova – ritenuta utile o necessaria nel futuro giudizio di merito - e solo in via indiretta in relazione al diritto sostanziale di cui s’invoca tutela. Tali considerazioni con riguardo alla ratio della misura cautelare non portano ad escludere l’esame della sussistenza del fumus boni iuris: esso va comunque accertato sebbene con minore rigore e, quando appaiano fondate ragioni per una prognosi negativa, la misura non va concessa. La direttiva cd. Enforcement, pur prevedendo che tale misura è un celere ed efficace mezzo provvisorio per la salvaguardia della prova dei diritti di proprietà industriale, ha enunciato il principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza comunitaria, che le misure cautelari necessarie ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale devono essere “fair, equitable, non unnecessarily complicated or costly”, nonché “proportionate” e tali da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi (art. 3 Direttiva 2004/48/CE).
Le questioni relative all’inadempimento delle obbligazioni scaturenti dalla stipulazione di un contratto di cessione di ramo di azienda e alla risoluzione del contratto stesso non rientrano nell’ambito delle materie sulle quali le sezioni specializzate in materia di impresa hanno competenza a decidere, ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, come novellato dall'art. 2, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con L. 24 marzo 2012, n. 27.
Nel rimedio della descrizione il fumus va apprezzato in via diretta in relazione al diritto processuale alla prova –ritenuta utile o necessaria nel futuro giudizio di merito- e solo in via indiretta in relazione al diritto sostanziale di cui s’invoca tutela.
Nel rimedio della descrizione, concesso con un decreto inaudita altera parte a seguito di un ricorso cautelare volto ad assicurare la prova della contraffazione di un brevetto, il fumus bonis iuris va apprezzato, in via diretta, in relazione al diritto processuale alla prova che può essere ritenuta utile o necessaria nel futuro giudizio di merito e, soltanto in via indiretta, in relazione al diritto sostanziale di cui si invoca la tutela. Infatti il predetto decreto potrebbe, anche sulla base dell’ulteriore sviluppo delle argomentazioni addotte dalle parti, essere successivamente confermato, posto che la finalità del procedimento, di cui agli artt. 129 e 130 c.p.i., consiste sia nell’acquisizione, da parte di soggetti diversi rispetto a quelli nei cui confronti la descrizione è disposta, di elementi di prova che non siano in sé stessi acquisibili autonomamente, sia nella necessità di preservare la prova stessa rispetto ad una situazione di fatto in via di modificazione per la sua utilizzazione nella causa di merito.
La clausola compromissoria contenuta in uno statuto deve essere interpretata in modo restrittivo, privilegiando nel dubbio la giurisdizione ordinaria, in quanto trattasi di una convenzione negoziale tra le parti che con il dato testuale hanno manifestato la propria volontà e la reciproca intenzione.
In una controversia tra soci e la società, ai sensi del combinato disposto degli articoli 19 c.p.c. e 42 c.c. sussiste la competenza del giudice del luogo in cui si svolge concretamente l’attività operativa della società in luogo della sede legale risultante dal registro delle imprese.
La misura della descrizione è finalizzata all’acquisizione della prova della violazione del diritto, ed è quindi sia rimedio di istruzione preventiva, in quanto rivolta al soddisfacimento di esigenze istruttorie relative al prospettato giudizio di merito, cui è direttamente strumentale, sia rimedio di natura cautelare, in quanto la sua concessione è comunque subordinata alla sussistenza di un rischio di dispersione della prova, che in alcuni casi necessita della sua anticipata acquisizione, in quanto non altrimenti disponibile per il titolare del diritto che si assume leso.
La tutela ha ad oggetto quindi l'istruttoria, cioè l'acquisizione di elementi che serviranno poi per decidere sulla ragione o sul torto.
Il procedimento cui dà origine la richiesta di descrizione si diversifica da tutti gli altri procedimenti cautelari che hanno ad oggetto anticipazioni di tutela della posizione giuridica sostanziale. Viene infatti in rilievo, nel caso della descrizione, il diritto processuale alla prova e non già, quantomeno in via immediata, il diritto sostanziale in relazione al quale il diritto processuale svolge funzione servente.
La descrizione costituisce strumento avente natura cautelare solo in senso lato, in quanto è funzionale non alla tutela diretta del diritto della parte richiedente, ma alla tutela del suo diritto alla prova da esercitare in un successivo processo.
Poiché lo strumento non comporta la sottrazione alla controparte di disponibilità della sua sfera giuridica, comportando solo acquisizione di informazioni, che vengono trattate sotto controllo giudiziale, e che soprattutto saranno trattate nel merito, è evidente che il requisito del fumus boni iuris, destinato a più approfondita trattazione nel merito, può arrestarsi, ai fini della descrizione, alla verifica della sussistenza di titoli di privativa e della verosimiglianza della violazione, alla luce degli elementi che parte ricorrente, secondo diligenza, può acquisire nella sua posizione di extraneus alle attività produttive e commerciali di controparte.
Quanto al periculum in mora, anche questo aspetto deve muovere dalla considerazione della funzionalità della misura alla tutela giudiziale del diritto, la quale può essere sempre attivata entro i termini di validità della privativa e/o di prescrizione del diritto al risarcimento.
L’aspetto relativo al tempo della domanda di descrizione va apprezzato in ragione del tempo entro il quale la parte interessata può fare valere il suo diritto sostanziale, e non del tempo coerente con la urgenza di un provvedimento di tutela del diritto anteriore al processo, non costituendo la descrizione un mezzo per reagire direttamente in corpore vivo all’altrui illecito, ma solo per procedere a domanda giudiziale. Sarà eventualmente il giudice del merito a valutare se quanto acquisito, che parte attrice volesse utilizzare come prova dei propri assunti, possa esserlo, e integralmente, a tale fine valutando eventualmente anche il profilo dell’eccedenza delle acquisizioni rispetto al provvedimento.
L’acquisizione massiva è spesso lo strumento obbligato in caso di grandi moli di dati, e che all’eccedenza può ovviarsi con una opportuna preselezione ed espunzione in sede di desecretazione, operata in ragione del perimetro indicato dal decreto.
L’istanza di descrizione non può essere accolta per quanto occorrente a determinare i volumi di affari aspetto questo rilevante per la determinazione del danno: tale aspetto solitamente non necessita la cristallizzazione anticipata del materiale probatorio.
L’istanza cautelare aggiuntiva (inibitoria con penale) proposta per la prima volta all’udienza, si pone come domanda cautelare nuova e inammissibile: nonostante l’assenza di preclusioni nel procedimento cautelare, il principio per cui la domanda determina il perimetro del procedimento non può essere travalicato.
Si ha competenza funzionale della Sezione Specializzata in Materia di Impresa, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 del D. Lgs. 168/2003 e 134, comma 1, lettera a) del C.p.i., laddove, sulla base della domanda cautelare proposta, la concorrenza sleale interferisca con l’esercizio di diritti di proprietà industriale.
L’azione di contraffazione esula dai poteri attribuiti al Custode il quale è legittimato ad agire o resistere nei soli giudizi concernenti l’amministrazione di tali beni o la loro conservazione in relazione ad atti da lui posti in essere o attinenti a fatti verificatisi in pendenza della custodia.
Nel giudizio di interferenza, la valutazione dell’ampiezza del margine di libertà – che attiene in sé alla valutazione del carattere di individualità richiesto per la validità della registrazione – induce a tener conto dell’esistenza di vincoli di progettazione specifici che attengano alla particolare tipologia di prodotto e si connettono all’esistenza di caratteristiche imposte dalla peculiare funzione tecnica del prodotto, eventualmente derivanti anche da prescrizioni legislative.
Il danno da lucro cessante va calcolato tenendo conto dell’utile marginale
Il titolare del diritto di privativa leso può chiedere di essere ristorato del danno patito invocando il criterio costituito dal margine di utile del titolare del brevetto applicato al fatturato dei prodotti contraffatti, realizzato dal contraffattore, di cui all'art. 125 c.p.i., alla luce del quale il danno va liquidato sempre tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando l’effettivo margine di profitto conseguito, previa, quindi, deduzione dei costi sostenuti dal ricavo totale.
Il danno da lucro cessante, invero, corrisponde al mancato guadagno o profitto del titolare della privativa, dato dalla differenza tra i flussi di vendita che lo stesso avrebbe avuto senza la contraffazione e quelli che ha effettivamente ricevuto. Si parla, ai fini di quantificare il guadagno perso, anche di utile marginale, costituito dalla differenza tra il ricavo che sarebbe derivato da unità di prodotto aggiuntive, rispetto a quelle in concreto commercializzate, ed il costo marginale, comprensivo di tutti i costi che sarebbero stati sostenuti per produrre quelle unità aggiuntive.