Nel caso in cui il diritto di conversione dell'obbligazione in azione non sia contenuto nei certificati obbligazionari - quali titoli al portatore connotati dai caratteri dell’incorporazione, della letteralità, dell’autonomia e dell’astrattezza - ma solamente nella delibera di emissione e nel regolamento del prestito, tale diritto di conversione, qualificabile alla stregua di un patto di opzione (consistente nella formulazione, da parte della società, di una proposta irrevocabile di contratto di sottoscrizione delle nuove azioni, con riserva, per gli obbligazionisti, della relativa accettazione, entro i termini e nelle modalità pattuite, con conseguente produzione dell’effetto costitutivo del rapporto sociale) intercorrente tra la società emittente il primo prenditore, è inefficace nei confronti del successivo prenditore, proprio in forza dei principi surrichiamati cui il certificato obbligazionario sottostà.
La clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo o nello statuto di una società può essere riferita alle controversie che abbiano la loro causa petendi nel contratto sociale o ad esse connesse, ma non anche alle controversie in relazione alle quali il contratto sociale costituisca solo un presupposto storico. Nel caso di obbligazioni convertibili in azioni, la causa petendi non si fonda sul contratto sociale bensì sul possesso dei titoli obbligazionari e sul regolamento obbligazionario. Pertanto, non trova applicazione la clausola compromissoria.
Le obbligazioni convertibili in azioni hanno natura di titoli di credito al portatore, per cui il trasferimento del titolo opera con la consegna ex art. 2003 co. 1 c.c. e, giusta applicazione dell’art. 2003 comma 2 c.c., nel rapporto con il debitore, la consegna del documento configura un negozio astratto di trasferimento, tale da attribuire all'accipiens l'investitura del diritto incorporato, nonché la presunzione di titolarità, indipendentemente dalla prova di una iusta causa traditionis, sicché il debitore ha il dovere di adempiere.
In mancanza di un'apposita previsione legislativa deve escludersi che il rappresentante comune degli obbligazionisti possa impugnare le deliberazioni dell’assemblea dei soci per vizi determinanti l'annullabilità delle stesse. Ma anche qualora si volesse ritenere ammissibile l’impugnazione, il ritardo nella comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea al rappresentante comune degli obbligazionisti e l’impedito esercizio dell’intervento in assemblea non costituiscono vizi idonei a invalidare la delibera.
In materia di prestiti obbligazionari, il debitore ricorrente deve estendere il proprio ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. anche al terzo creditore pignoratizio - vero soggetto avente diritto al rimborso - al fine di dimostrarne la collusione con il creditore del ricorrente (nonché debitore pignoratizio del terzo), nel caso in cui si voglia eccepire l'exceptio doli generalis per evitare il rimborso in presenza di asseriti vizi. Infatti, ai sensi dell'art. 2014 c.c. l'emittente non può opporre al giratario in garanzia le eccezioni fondate sui propri rapporti personali col girante a meno che il giratario, ricevendo il titolo, abbia agito intenzionalmente a danno dell'emittente.
Non è possibile affermare la responsabilità dell’agenzia di rating solo perché il giudizio da questa espressa non rispecchia la reale prospettiva di solvibilità dell’emittente, ma è necessario che la condotta dell’agenzia sia connotata da (altro…)