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È legittima la clausola statutaria che preveda la gratuità della funzione di amministratore di società di capitali
Il compenso dell’amministratore costituisce materia del tutto disponibile e subordinata alle disposizioni statutarie, ai sensi degli artt. 2377, co. 1,...

Il compenso dell’amministratore costituisce materia del tutto disponibile e subordinata alle disposizioni statutarie, ai sensi degli artt. 2377, co. 1, 2479 ter, co. 4, c.c.. Pertanto, può affermarsi che nel rapporto interno con l’amministratore e sul piano contrattuale, le scelte negoziali per conto della società sono assunte ed espresse dai soci, ai quali spetta ex lege il potere di nominare e revocare gli amministratori e di determinarne, eventualmente, il compenso. Da tali previsioni non può quindi in alcun modo desumersi il carattere inderogabilmente oneroso della prestazione dell’amministratore, non costituendo l’onerosità un requisito indispensabile della stessa. Inoltre, il rapporto intercorrente tra la società di capitali e il suo amministratore è di immedesimazione organica e ad esso non si applicano né l’art. 36 Cost. né l’art. 409, co. 1, n. 3, c.p.c. Ne consegue che è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni.

Al fine di individuare le modalità di regolamentazione del rapporto con l’amministratore, occorre fare riferimento a quegli atti attraverso i quali, nell’ambito dell’organizzazione societaria, si manifesta la volontà dei soci con particolare riferimento al rapporto di amministrazione. In particolare, sono configurabili quattro alternative, in quanto lo statuto può prevedere: (i) di attribuire agli amministratori un diritto al compenso; (ii) di subordinare il diritto al compenso all’assunzione di apposita delibera dell’assemblea; (iii) di escludere il diritto al compenso e stabilire, dunque, la gratuità dell’incarico; (iv) non prevedere nulla al riguardo. Pertanto, se lo statuto subordina il compenso dell’amministratore alla presenza di una specifica delibera assembleare e tale delibera non viene adottata, nulla è dovuto a chi ricopra quella carica, in forza della vigenza di una regola statutaria di gratuità. Ovviamente, a fronte della gratuità dell’incarico, l’amministratore ben potrebbe non accettare la conclusione del contratto e, quindi, rifiutare la nomina oppure, ove l’abbia già accettata, estinguere anticipatamente il rapporto, rassegnando le proprie dimissioni.

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L’amministratore di fatto
L’amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: (i) mancanza di un’efficace investitura assembleare;...

L'amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: (i) mancanza di un'efficace investitura assembleare; (ii) attività di gestione svolta in maniera continuativa, non episodica od occasionale; (iii) autonomia decisionale interna ed esterna, con funzioni operative e di rappresentanza. La prova della posizione di amministratore di fatto implica, perciò, l'accertamento della sussistenza di una serie di indici sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, tipizzati dalla prassi giurisprudenziale, quali il conferimento di deleghe in favore dell'amministratore di fatto in fondamentali settori dell'attività di impresa, la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la costante assenza dell'amministratore di diritto, la mancata conoscenza di quest'ultimo da parte dei dipendenti, il conferimento di una procura generale ad negotia, quando questa, per l'epoca del suo conferimento e per il suo oggetto, concernente l'attribuzione di autonomi e ampi poteri, fosse sintomatica della esistenza del potere di esercitare attività gestoria in modo non episodico o occasionale.

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Azione di responsabilità esperita dalla Curatela e assenza del parere del comitato dei creditori
Ai fini della proposizione dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., il parere del comitato dei creditori non costituisce...

Ai fini della proposizione dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., il parere del comitato dei creditori non costituisce un elemento indispensabile per l’integrazione dei poteri del curatore e assume valenza solo endofallimentare; da ciò consegue che la sua assenza non configura un vizio dell’azione ma implica una mera irregolarità tutta interna alla procedura concorsuale, reclamabile solo ex art. 26 l. fall.

Data l’unitarietà dell’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall., la prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori è percepibile all’esterno e per presunzione iuris tantum la manifestazione di tale insufficienza coincide con la dichiarazione di fallimento, sicché incombe sull’amministratore convenuto che eccepisce la prescrizione provare che l’insufficienza preesisteva ed era conoscibile prima del fallimento.

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Sulla qualificazione dei versamenti effettuati dai soci e sui requisiti per la postergazione del finanziamento soci ex art. 2467 c.c.
Il credito del socio, in presenza di un finanziamento concesso nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto...

Il credito del socio, in presenza di un finanziamento concesso nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, la quale non opera una riqualificazione del prestito da finanziamento a conferimento con esclusione del diritto al rimborso, ma incide sull'ordine di soddisfazione dei crediti. La postergazione prevista dall'art. 2467 c.c. finisce per operare come una condizione legale integrativa del regolamento negoziale circa il rimborso, la quale statuisce l'inesigibilità del credito in presenza di una delle situazioni previste dal secondo comma della disposizione, con un impedimento (solo temporaneo) alla restituzione della somma mutuata. Ai fini dell’applicabilità dell’art. 2467 c.c., vale il momento della concessione del finanziamento e non rileva il deterioramento della situazione patrimoniale della società successivo al finanziamento. È però rilevante anche il momento della restituzione del finanziamento per verificare se la situazione di dissesto è definitivamente cessata.

I versamenti in conto capitale non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della stessa e solo nei limiti dell’eventuale residuo attivo risultante dal bilancio di liquidazione.

Il passaggio a riserva dei finanziamenti implica la rinunzia da parte del socio alla restituzione del suddetto finanziamento ed è espressione della volontà del socio di patrimonializzare la società. Mediante la rinuncia si realizza una mutazione del titolo giuridico, ossia una novazione oggettiva. Pertanto, è richiesta una dichiarazione del socio, avente natura novativa, successivamente ratificata dalla società, con cui si trasformi il credito da finanziamento in versamento da destinare nella riserva “versamenti in conto capitale”.

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Responsabilità dell’amministratore di s.r.l. per atti distrattivi e tutela cautelare
Il fatto che l’art. 2476 c.c. non preveda se non l’azione sociale di responsabilità di natura risarcitoria, regolando in detto...

Il fatto che l’art. 2476 c.c. non preveda se non l’azione sociale di responsabilità di natura risarcitoria, regolando in detto contesto il rimedio della revoca cautelare dell’organo gestorio, responsabile di gravi irregolarità foriere di danno per la società, non è affatto significativo della circostanza che una azione di merito volta anche alla revoca dell’amministratore non possa trovare spazio. In effetti, deve intendersi che la previsione del rimedio cautelare, quale rimedio avente natura anticipatoria in tutte le ipotesi in cui si intenda impedire il protrarsi di una gestione che possa comportare ulteriori pregiudizi rispetto a quelli già verificatisi, sottende necessariamente la possibilità di esercitare una corrispondente azione di merito di natura costituiva, così superandosi la questione della tassatività di dette domande.

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Il ruolo e i poteri dell’amministratore giudiziario
Il controllo giudiziario mira a conseguire la rimozione delle irregolarità, ripristinando la legalità violata dell’agire amministrativo e il risanamento dell’ente...

Il controllo giudiziario mira a conseguire la rimozione delle irregolarità, ripristinando la legalità violata dell’agire amministrativo e il risanamento dell’ente sociale, culminando – solo nei casi più gravi – nella revoca degli amministratori e dei sindaci e nella nomina di un amministratore giudiziario.

La posizione soggettiva dei soggetti incaricati dell’amministrazione e del controllo dell’ente non viene del tutto caducata e posta nel nulla dal provvedimento di rimozione, atteso che quest’ultimo comporta solo la cessazione delle funzioni svolte, ma lascia sopravvivere altre utilità ricomprese nel diritto soggettivo inciso, tra le quali la possibilità di adire la sede contenziosa ordinaria per la tutela risarcitoria del medesimo diritto leso (artt. 2383, commi 3 e 2043 c.c.).

L’iniziativa giudiziaria raggiunge il suo apice con la nomina dell’amministratore giudiziario non al fine di sanzionare l’operato negligente, scorretto ed illecito del board amministrativo (per il quale l’ordinamento positivo prevede altri strumenti, in primis la revoca cautelare ex art. 2476 comma 3, c.c. strumentale all’azione sociale di responsabilità), ma al fine di riportare nei binari della legalità una gestione amministrativa pericolosamente deragliata e prima che il proseguo di tale indirizzo gestionale produca danni irreversibili per il patrimonio sociale.

In base al combinato disposto degli artt. 2409 c.c. e 92 disp. att. c.c., i poteri dell’amministratore giudiziario consistono: 1) nel compimento degli atti di ordinaria amministrazione, laddove gli atti di amministrazione possono essere compiuti, salvo che il decreto di nomina stabilisca diversamente, solo con l’autorizzazione del tribunale; 2) nella rappresentanza processuale della società, nei limiti dei poteri conferiti all’amministratore per le controversie, anche pendenti, relative alla gestione dell’ente; 3) nell’esercizio dei poteri dell’assemblea, nel solo caso in cui siano stati espressamente conferiti all’ausiliario e solo per atti determinati: in tal caso, però, le relative deliberazioni non sono efficaci senza approvazione del tribunale; 4) nella facoltà di esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci, ma l’azione può essere rinunciata, o transatta, dalla società ai sensi dell’art. 2393, ultimo comma; 5) nella possibilità di convocare, prima della scadenza dell’incarico, l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci, o per proporre la liquidazione della società o la sua sottoposizione ad una procedura concorsuale.

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Comproprietà di partecipazione in s.r.l. e legittimazione a impugnare la delibera assembleare
Qualora una quota di s.r.l. sia oggetto di comproprietà (volontaria o ereditaria), ogni posizione attiva dei diritti dei singoli comproprietari...

Qualora una quota di s.r.l. sia oggetto di comproprietà (volontaria o ereditaria), ogni posizione attiva dei diritti dei singoli comproprietari deve essere fatta valere dal rappresentante comune, il quale deve essere eletto a maggioranza, a sua volta calcolata non per teste, bensì avendo a riguardo al valore delle quote dei partecipanti alla comproprietà, ai sensi dell’art. 2468, co. 5 c.c., il quale rinvia agli artt. 1105 e 1106 c.c. Pertanto, in caso di comproprietà di partecipazioni, unico titolare della legittimazione a impugnare una deliberazione assembleare non è il singolo comproprietario – carente del potere di impugnare, così come di quello di esercitare il diritto d'intervento e di voto in assemblea –, bensì unicamente il rappresentante comune.

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Responsabilità degli amministratori di s.r.l. nei confronti della società
L’art. 2392 c.c. contiene una regola applicabile anche agli amministratori della società a responsabilità limitata. L’azione di responsabilità sociale promossa...

L’art. 2392 c.c. contiene una regola applicabile anche agli amministratori della società a responsabilità limitata. L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l'attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti.

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Azione sociale di responsabilità e azione dei creditori sociali promosse dal curatore fallimentare
L’art. 146 l.f. prevede che le azioni di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo siano...

L’art. 146 l.f. prevede che le azioni di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo siano esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori. Nel quadro normativo di riferimento, anche per le S.r.l. fallite al curatore spetta l’esercizio tanto dell’azione sociale di responsabilità, quanto dell’azione dei creditori sociali, come espressamente previsto per le spa dall’art. 2394 bis c.c.

Nel caso in cui siano proposte indistintamente e contemporaneamente l’azione sociale di responsabilità e l’azione dei creditori sociali, la responsabilità degli amministratori e dei sindaci nel periodo cui si riferiscono i presunti fatti di mala gestio può essere accertata tanto con riferimento ai presupposti dell’azione sociale (danno prodotto alla società da ogni illecito doloso o colposo degli amministratori per violazione dei doveri imposti dalla legge e dall’atto costitutivo ovvero relativi all’adempimento delle loro funzioni con la diligenza richiesta) quanto con riferimento ai presupposti dell’azione spettante ai creditori della società (insufficienza del patrimonio causata dall’inosservanza di obblighi relativi alla conservazione del patrimonio stesso).

Secondo i principi fissati dall’art. 2697 c.c., è onere della procedura fallimentare, presunta danneggiata, dimostrare sia le condotte assunte illecite e ascritte agli amministratori, sia il danno riferibile a tali condotte, nonché il nesso di causalità tra tali condotte illecite e il danno conseguente, che a sua volta deve essere determinato nel suo ammontare e provato. E questo va fatto attraverso la verifica del risultato economico delle singole operazioni pregiudizievoli per la società, di volta in volta poste in essere dagli amministratori, escludendo qualsivoglia automatismo, non potendo altrimenti procedersi, in mancanza di specifici accertamenti, alla liquidazione del danno in misura pari alla differenza tra attivo e passivo fallimentare.

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Nomina del curatore speciale nell’azione di responsabilità contro l’amministratore di s.r.l.
Spetta al giudice, anche in corso di causa, il potere di verificare la legittimazione ad agire e a contraddire delle...

Spetta al giudice, anche in corso di causa, il potere di verificare la legittimazione ad agire e a contraddire delle parti ed eventualmente di porvi rimedio. Con la nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c. – ferma restando la titolarità del diritto in capo alla società – viene conferita ad un curatore estraneo all’ente sia la legittimazione processuale a stare in giudizio, con la funzione di gestire provvisoriamente gli interessi processuali della società, sia la rappresentanza sostanziale della società nel processo.

Il debito risarcitorio ex art. 2393 c.c. ha natura di debito di valore – come tale sensibile al fenomeno della svalutazione monetaria fino al momento della sua liquidazione – ancorché il danno consista nella perdita di una somma di denaro, costituendo questo, in siffatta particolare ipotesi, solo un elemento per la commisurazione dell’ammontare del danno, privo di incidenza rispetto alla natura del vincolo. Conseguentemente, spetta anche (art.1223 c.c.) il ristoro per il mancato godimento delle somme liquidate, da calcolare, applicando sulla somma accertata, rivalutata annualmente (fino alla data della sentenza) in base agli indici ISTAT su base nazionale, gli interessi al tasso legale.

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Azione di responsabilità esercitata dai creditori sociali: onere della prova
L’attore che reclama il risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2394 c.c. per le S.p.A. o ai sensi dell’art. 2476...

L'attore che reclama il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2394 c.c. per le S.p.A. o ai sensi dell'art. 2476 c.c. per le S.r.l. deve dimostrare il fatto illecito, il danno e il nesso di causa tra l'uno e l'altro.

Ai fini dell'assolvimento dell'onere della prova, dunque, l'attore è tenuto ad allegare e provare gli atti di mala gestio e il danno da essi provocato, non essendo sufficiente allegare il titolo (il mandato) che fonda l’obbligo degli amministratori ed il suo inadempimento poiché, con riferimento a una obbligazione di mezzi qual è quella dell’amministratore, il solo riferimento al contratto di gestione non consentirebbe di individuare un inadempimento né di provare il corretto adempimento, considerando altresì che eventuali perdite ben possono derivare anche solamente dal rischio di impresa.

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