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Obblighi degli amministratori conseguenti alla riduzione del capitale per perdite
La riduzione del capitale per perdite di cui all’art. 2482-bis c.c. può verificarsi, e normalmente si verifica, non al termine...

La riduzione del capitale per perdite di cui all’art. 2482-bis c.c. può verificarsi, e normalmente si verifica, non al termine dell’esercizio, ma nel corso di esso. Gli amministratori sono perciò obbligati a monitorare la consistenza del patrimonio sociale anche durante l’esercizio, in ragione del livello di diligenza minimo cui sono tenuti. Quando il patrimonio netto sta per raggiungere i minimi di legge, le regole dell’ordinaria diligenza imporranno agli amministratori di effettuare controlli più frequenti ed accurati. Una volta accertata la sussistenza delle condizioni prescritte, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea. Tale convocazione va disposta “senza indugio”, dizione questa che deve essere interpretata come convocazione per una data ragionevolmente prossima, tenuto conto delle circostanze del caso concreto.

Quanto ai doveri che incombono sull’amministratore al momento del verificarsi di una riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, l’accertamento, da parte dell’amministratore unico ovvero da parte del consiglio di amministrazione, del verificarsi di una causa di scioglimento della società non ha carattere né effetto costitutivo dello stato di scioglimento, ma puramente e semplicemente dichiarativo del medesimo. Conseguentemente, il divieto di intraprendere nuove operazioni sorge per il solo verificarsi della causa di scioglimento, anche prima ed indipendentemente dal fatto che l’assemblea ne prenda o ne abbia preso atto.

Ogni qual volta all’amministratore risulti la sussistenza di una perdita che riduca il capitale sociale al di sotto del minimo legislativamente previsto, vengono in rilievo contemporaneamente due obblighi: uno positivo concernente la convocazione senza indugio dell’assemblea per deliberare i necessari e conseguenti provvedimenti, ed uno negativo consistente nell’astenersi dall’intraprendere nuove operazioni sociali. In applicazione del disposto dell’art. 2486 c.c., integra responsabilità degli amministratori, la prosecuzione, dopo che si sia verificata una causa di scioglimento, dell’attività economica della società con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale che abbia determinato effetti pregiudizievoli per la società stessa, i creditori o i terzi. Il menzionato art. 2486 c.c., infatti, esprime sul piano normativo la coerente conseguenza del fatto che, dopo il verificarsi della causa di scioglimento, il patrimonio sociale non può più considerarsi destinato, quale era in precedenza, alla realizzazione dello scopo sociale, onde gli amministratori non possono più utilizzarlo a tal fine, ma sono abilitati a compiere soltanto gli atti correlati strumentalmente al diverso fine della liquidazione dei beni, restando ad essi inibito il compimento di nuovi atti di impresa suscettibili di porre a rischio, da un lato, il diritto dei creditori della società a trovare soddisfacimento sul patrimonio sociale, e, dall’altro, il diritto dei soci a una quota, proporzionale alla partecipazione societaria di ciascuno, del residuo attivo della liquidazione.

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La responsabilità degli amministratori privi di deleghe
La posizione di garanzia e l’obbligo di intervento dell’amministratore non delegato che deve “agire informato” postulano la necessaria conoscibilità degli...

La posizione di garanzia e l’obbligo di intervento dell’amministratore non delegato che deve “agire informato” postulano la necessaria conoscibilità degli eventi che abbiano una portata pregiudizievole per la società. La responsabilità degli amministratori non operativi potrà essere ravvisata solo nel caso in cui sia configurabile una violazione dell’obbligo di valutazione del generale andamento della gestione, per essersi gli stessi astenuti dal controllare le operazioni compiute dai delegati di cui erano a conoscenza sulla base delle informazioni loro richieste o fornite.

La qualifica di amministratore delegante non consente l’assunzione di un atteggiamento meramente passivo che si pone in contrasto con il dovere di agire in modo informato. Il diritto di matrice individuale di cui al comma sesto dell’art. 2381 c.c. consente a ciascun consigliere di poter svolgere le proprie funzioni in modo consapevole, è direttamente correlato al dovere degli amministratori delegati di rendere in sede consiliare le informazioni richieste, e si configura come “dovere” ogniqualvolta la sua attivazione sia strumentale all’adempimento dell’obbligo di agire in modo informato, obbligo dal cui inadempimento può, inoltre, scaturire un’autonoma e specifica responsabilità.

Ne consegue, con riferimento al ruolo gestorio degli amministratori non operativi, che l’atteggiamento dismissivo e di sostanziale disinteresse alla gestione societaria non può essere addotto a causa esonerativa della responsabilità, ma va censurato come condotta inerte colpevole, di chi si sottrae agli obblighi incombenti per la carica rivestita, primo fra tutti quello di “agire informati”.

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Dimissioni della maggioranza dei membri del C.d.A. e principio della prorogatio
Le dimissioni della maggioranza dei membri di un consiglio di amministrazione non ha effetto prima della loro sostituzione ad opera...

Le dimissioni della maggioranza dei membri di un consiglio di amministrazione non ha effetto prima della loro sostituzione ad opera dell’assemblea in base al principio della prorogatio, richiamato dall’art. 2385 c.c. in materia di società per azioni e da ritenersi principio di portata generale applicabile anche alle società a responsabilità limitata.

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Azione di responsabilità nei confronti degli amministratori nel caso di fallimento
Nel caso di fallimento di una società di capitali, le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori (sia quelle previste...

Nel caso di fallimento di una società di capitali, le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori (sia quelle previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. sia quella ex art. 2476 c.c.) confluiscono nell'unica azione prevista dall'art. 146 l.f., co. 2, lett. a), l.fall., di cui è titolare il curatore, che è quindi l'unico soggetto legittimato a proseguire l'azione.

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Responsabilità dell’amministratore nei confronti del terzo e responsabilità del liquidatore ex art. 2495 c.c.
In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali nei confronti del terzo (ex art. 2395 c.c. nelle s.p.a....

In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali nei confronti del terzo (ex art. 2395 c.c. nelle s.p.a. ed ex art. 2476, co. 7, c.c. nelle s.r.l.), l’inadempimento contrattuale della società può al contempo integrare gli estremi di un illecito extracontrattuale imputabile ai suoi amministratori in danno dell’altro contraente, riconducibile all’alveo dell’art. 2043 c.c., sebbene non si tratti di una conseguenza automatica. Ai fini dell’azione individuale di responsabilità è irrilevante che il comportamento dell’amministratore sia stato conforme agli interessi della società o a vantaggio di questa.

L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non implica automaticamente la responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, richiede la prova della condotta dolosa o colposa degli amministratori, del danno e del nesso causale tra questa e il danno patito dal terzo contraente.

In tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità del liquidatore verso i creditori sociali prevista dall’art. 2495 c.c. ha natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum.

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Il diritto di recesso nelle s.r.l.: ipotesi legali e termine per l’esercizio
Le ipotesi legali di recesso dei soci di s.r.l., previste dall’art. 2473 c.c., sono da considerarsi inderogabili e non sopprimibili...

Le ipotesi legali di recesso dei soci di s.r.l., previste dall’art. 2473 c.c., sono da considerarsi inderogabili e non sopprimibili dall’autonomia privata.

L’introduzione all’interno dello statuto sociale di una previsione che imponga la gratuità di tutti i finanziamenti concessi dai soci in occasione di un eccessivo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto societario costituisce un’ipotesi di mutamento significativo dell’oggetto e delle norme di funzionamento societario e, pertanto, legittima il recesso ex art. 2473 c.c.

Legittima altresì il recesso ex art. 2473, comma 2, c.c. una modifica statutaria che renda la durata della società superiore alla vita media di un essere umano. Il parametro della vita media deve valutarsi, caso per caso, in considerazione dell’età anagrafica del socio interessato a recedere.

Quanto ai termini e alle modalità per l’esercizio del recesso, l’art. 2473 c.c. non detta regole precise in merito e la relativa regolamentazione deve, pertanto, intendersi rimessa all’autonomia statutaria.
In assenza di una specifica disciplina statutaria, non possono applicarsi in via analogica le disposizioni dettate in materia di società per azioni, poiché la disciplina del recesso nell’ambito delle s.r.l., quanto a presupposti e finalità, non risponde alla medesima ratio del recesso nelle s.p.a.

Di conseguenza, nel caso in cui lo statuto non determini i tempi per l’esercizio del recesso, non si dovrà fare riferimento al termine di 15 giorni indicato dall’art. 2437-bis c.c. in materia di s.p.a., ma ai principi di diritto comune, riguardanti l’interpretazione e l’esecuzione del contratto secondo buona fede ex art. 1375 c.c.

Ne deriva che il termine per l’esercizio del recesso dovrà essere determinato in base al caso concreto. Il giudice di merito dovrà valutare di volta in volta le concrete modalità del suo esercizio e, in particolare, la congruità del termine entro il quale il recesso è stato esercitato, tenuto conto della pluralità degli interessi coinvolti [nel caso di specie, è stato ritenuto tempestivo il recesso esercitato entro 30 giorni dalla data in cui il socio è venuto a conoscenza della delibera che legittima il recesso].

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L’azione individuale del socio e del terzo ex art. 2476, comma 7 c.c.
La responsabilità degli amministratori di società di capitali ex art. 2395 c.c. (in caso di amministratore di s.p.a.) o ex...

La responsabilità degli amministratori di società di capitali ex art. 2395 c.c. (in caso di amministratore di s.p.a.) o ex art. 2476, comma 7 c.c. (in caso di amministratore di s.r.l.) verso i soci o i terzi, trattandosi di responsabilità extracontrattuale, richiede la allegazione e prova della condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, la allegazione di un danno “direttamente” incidente su socio o sul terzo (e non dunque di mero “danno riflesso”) e la allegazione del nesso di causalità tale per cui il suddetto danno sia esso stesso conseguenza “immediata e diretta” della suddetta condotta illecita secondo i principi generali (v. art. 1223 c.c. richiamato quanto alla responsabilità extracontrattuale dall’art. 2056 c.c.).

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Azione di responsabilità e legittimazione del curatore fallimentare
Il curatore è legittimato ad esercitare l’azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. (in materia di s.p.a.) ed ex...

Il curatore è legittimato ad esercitare l'azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. (in materia di s.p.a.) ed ex art. 2476, comma 6, c.c. (in materia di s.r.l.). A seguito della chiusura del fallimento, detta legittimazione ad agire spetta al singolo creditore, non competendo più, quale azione di massa, al fallimento stesso.

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Natura unilaterale recettizia della dichiarazione con cui il socio comunichi l’esercizio del diritto di recesso
La dichiarazione con cui il socio eserciti il proprio diritto di recesso convenzionale ha natura unilaterale recettizia ed è, pertanto,...

La dichiarazione con cui il socio eserciti il proprio diritto di recesso convenzionale ha natura unilaterale recettizia ed è, pertanto, destinata a produrre effetti allorquando giunge a conoscenza del destinatario. La previsione statutaria di una successiva deliberazione del consiglio di amministrazione o dell'assemblea che operi come condizione di efficacia non muta la configurazione del recesso come negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare o di conservare lo stato derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito.

Se così è - trattandosi di dichiarazione unilaterale recettizia destinata a produrre effetti allorquando giunge a conoscenza del destinatario, che mai è stata seguita da una revoca - la condizione di efficacia deve ritenersi verificata con l’adozione di delibera di accettazione del recesso da parte del CDA, restando del tutto irrilevante una eventuale precedente delibera di segno opposto.

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Fallimento della società a responsabilità limitata e legittimazione all’azione sociale di responsabilità
Con la dichiarazione di Fallimento vi è un mutamento della legittimazione attiva sia per l’azione sociale di responsabilità che per...

Con la dichiarazione di Fallimento vi è un mutamento della legittimazione attiva sia per l'azione sociale di responsabilità che per l'azione dei creditori sociali, legittimazione che “passa” per entrambe le “tipologie” di azioni al Curatore, legittimato a proporle entrambe ex art 146 LF in luogo dei soggetti che invece ne erano legittimati quando invece la società era in bonis; ciò indipendentemente, quanto alla “azione sociale” di responsabilità, da quale fosse la struttura della compagine sociale e degli organi sociali e a prescindere dalla presenza, nella società in bonis, di soci e/o amministratori diversi dal convenuto.

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Onerosità dell’attività di amministratore di s.r.l.
La presunzione di onerosità dell’incarico di amministratore di una società stabilita dall’art. 1709 c.c. non esonera l’amministratore che chiede la...

La presunzione di onerosità dell'incarico di amministratore di una società stabilita dall'art. 1709 c.c. non esonera l'amministratore che chiede la condanna della società al pagamento del proprio compenso dall'onere di dare prova delle attività concretamente svolte nell'interesse della società.

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