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Spedizione dell’avviso di convocazione e presunzione di valida convocazione dell’assemblea
La conoscenza dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei soci di società a responsabilità limitata risulta presunta ex art. 1335 c.c. quando...

La conoscenza dell’avviso di convocazione dell’assemblea dei soci di società a responsabilità limitata risulta presunta ex art. 1335 c.c. quando il documento contenente l’atto sia pervenuto al luogo che, per collegamento ordinario o normale frequenza, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del socio, sì da apparire idoneo a consentire ricezione e conoscenza dell'atto.

In mancanza di impugnazione di falso, l’attestazione di restituzione dell’avviso di spedizione al mittente per irreperibilità del destinatario (che non è equiparabile a mancata notificazione) non vale a privare di ritualità l’avviso effettuato.

Salvo che l'atto costitutivo della società non contenga una disciplina diversa, deve presumersi che l'assemblea dei soci sia validamente costituita ogni qual volta i relativi avvisi di convocazione siano stati spediti agli aventi diritto almeno otto giorni prima dell'adunanza (o nel diverso termine eventualmente in proposito indicato dall'atto costitutivo), ma tale presunzione può essere vinta nel caso in cui il destinatario dimostri che, per causa a lui non imputabile, egli non abbia affatto ricevuto l'avviso di convocazione o lo abbia ricevuto così tardi da non consentirgli di prendere parte all'adunanza, in base a circostanze di fatto il cui accertamento e la cui valutazione in concreto sono riservati alla cognizione del giudice di merito.

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Conferimento dell’azienda in una NewCo e decisioni che “comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale”
In materia di s.r.l., sebbene l’art. 2479 c.c. contempli come ipotesi distinte, ai nn. 4) e 5), le decisioni in...

In materia di s.r.l., sebbene l’art. 2479 c.c. contempli come ipotesi distinte, ai nn. 4) e 5), le decisioni in tema di “modificazioni dell'atto costitutivo” rispetto a quelle che implicano la “sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo”, va osservato che entrambe le tipologie di decisioni sono poi accumunate all’art. 2479-bis, comma 3, c.c. che riserva all’assemblea dei soci la loro adozione richiedendo il “voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale”, “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo”, in coerenza con la circostanza che sia l’una che l’altra decisione rivestono natura straordinaria per la vita della società, indipendentemente dalla natura “formale” di detta modifica, mediante una modifica delle previsioni statutarie, piuttosto che “sostanziale”, in forza di operazioni che pur non comportando una modifica testuale determinino comunque una trasformazione societaria. In altre parole, il fatto che il codice civile abbia trattato congiuntamente, all’art. 2479-bis, comma 3, c.c., le ipotesi richiamate rende evidente, da un lato, l’intenzione di demandare ai soci la possibilità di prevedere una maggior cautela nell’adozione di delibere che vertano su tali fattispecie, optando per maggioranze qualificate, dall’altro, l’assimilazione sostanziale delle due ipotesi. In quest’ottica, la “decisione di compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo” appare quindi, più che un’ipotesi a sé stante, una specificazione dell’ipotesi di “modificazioni dell'atto costitutivo” comprensiva di tutti i casi che non implicano una formale modifica del testo dello statuto ma sono riconducibili ad operazioni che impattano, modificandolo in concreto, sull’assetto societario.

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Responsabilità degli amministratori di società cooperativa per atti di mala gestio
Ai sensi dell’art. 2392 c.c., gli amministratori devono adempiere i doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza...

Ai sensi dell’art. 2392 c.c., gli amministratori devono adempiere i doveri imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e delle loro specifiche competenze e sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri. Trattasi di responsabilità di natura contrattuale che impone l’obbligo a chi agisce in responsabilità di provare l’inadempimento, il danno ed il nesso eziologico; per contro incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. La responsabilità risarcitoria dell’amministratore deve essere correlata non ad una qualunque condotta illecita od omissione delle cautele ed iniziative dovute per legge e per statuto, ma soltanto a quelle condotte di mala gestio che, oltre ad integrare violazione degli obblighi gravanti sull’amministratore in forza della carica rivestita, risultino foriere di danni per il patrimonio sociale: in altre parole, la parte che agisce in giudizio ha l’onere di dedurre specifici inadempimenti o inosservanza, non potendosi limitare ad una generica deduzione dell’illegittimità dell’intera condotta ovvero alla mera doglianza afferente ai risultati negativi delle scelte gestorie. Per quanto attiene al profilo soggettivo vale la presunzione ex art. 1218, per cui spetta al convenuto, per esonerarsi da responsabilità, provare che l’inadempimento non è a lui imputabile. La valutazione della diligenza impiegata deve essere effettuata con giudizio ex ante e non ex post, dovendosi prendere in considerazione le circostanze, oggettive e soggettive, esistenti al momento in cui sono stati posti in essere gli atti a cagione dei quali la società ha subito il pregiudizio.

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Richiesta di sequestro conservativo dei beni dell’amministratore di s.r.l.
Ai fini della concessione del sequestro conservativo di cui all’art. 671 c.p.c. è richiesta la coesistenza dei due requisiti del...

Ai fini della concessione del sequestro conservativo di cui all’art. 671 c.p.c. è richiesta la coesistenza dei due requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora.  Il requisito del fumus deve essere inteso come la dimostrazione della verosimile esistenza del credito per cui si agisce, essendo infatti sufficiente, in base ad un giudizio necessariamente sommario e prognostico, la probabile fondatezza della pretesa creditoria. Il periculum in mora consiste nel timore di perdere la garanzia costituita dal patrimonio del debitore (nel caso di specie la richiesta di sequestro sui beni di un amministratore di S.r.l. promossa dal socio a fronte dell'asserito depauperamento del patrimonio sociale era stata rigettata per assenza del requisito del fumus boni juris, posto che il ricorrente si era limitato ad allegare un comportamento distrattivo dell’amministratore, documentato solo da una denuncia presentata ai Carabinieri, senza dunque assolvere ad un onere di allegazione puntuale e di riscontro documentale idoneo a provare quanto sostenuto).

 

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Azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare
Per effetto del fallimento di una società di capitali, le diverse fattispecie di responsabilità degli amministratori di cui agli artt....

Per effetto del fallimento di una società di capitali, le diverse fattispecie di responsabilità degli amministratori di cui agli artt. 2392 e 2394 c.c. confluiscono in un’unica azione, all’esercizio della quale è legittimato in via esclusiva il curatore del fallimento, ai sensi dell’art. 146 l.fall., che può, conseguentemente, formulare istanze risarcitorie verso gli amministratori, i liquidatori ed i sindaci tanto con riferimento ai presupposti della responsabilità di questi verso la società (artt. 2392, 2407 c.c.), quanto a quelli della responsabilità verso i creditori sociali (art. 2394, 2407 c.c.). Quanto all’azione sociale di responsabilità, anche se esercitata dal curatore fallimentare, essa ha natura contrattuale, in quanto trova la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall'atto costitutivo, ovvero nell’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza o dell'altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo. La norma di cui all’art. 2392 c.c. struttura, quindi, una responsabilità degli amministratori in termini colposi, come emerge chiaramente sia dal richiamo, contenuto nel primo comma della disposizione menzionata, alla diligenza quale criterio di valutazione e di ascrivibilità della responsabilità (richiamo che sarebbe in contrasto con una valutazione in termini oggettivi della responsabilità) sia dalla circostanza che il secondo comma consente all’amministratore di andare esente da responsabilità, fornendo la prova positiva di essere immune da colpa. Dalla qualificazione in termini di responsabilità contrattuale dell’azione de qua consegue che, mentre sull’attore (società o curatore fallimentare che sia) grava esclusivamente l'onere di dedurre le violazioni agli obblighi e dimostrare il nesso di causalità tra queste ed il danno verificatosi; incombe, per converso, sugli amministratori l'onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti. In sintesi, l’inadempimento si presumerà colposo e, quindi, non spetterà al curatore fornire la prova della colpa degli amministratori, mentre spetterà al convenuto amministratore evidenziare di avere adempiuto il proprio compito con diligenza ed in assenza di conflitto di interessi con la società, ovvero che l’inadempimento è stato determinato da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c., ovvero, ancora, che il danno è dipeso dal caso fortuito o dal fatto di un terzo. Di contro, l’azione spettante ai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. costituisce conseguenza dell’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale, con conseguente diritto del creditore sociale di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere.

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Indipendenza dei sindaci-revisori ed esercizio di fatto della funzione di sindaco
Nel caso in cui venga devoluta al collegio sindacale anche la funzione di revisione contabile, il rapporto che lega i...

Nel caso in cui venga devoluta al collegio sindacale anche la funzione di revisione contabile, il rapporto che lega i sindaci-revisori alla società deve essere unicamente quello sindacale con le relative ricadute anche in termini di diritto al compenso e deve essere soggettivamente connotato dal fatto che i sindaci devono essere iscritti nell’apposito registro dei revisori contabili. La duplicazione delle funzioni rende evidentemente ancor più pregnanti i vincoli imposti dalla legge per garantire l’indipendenza dei sindaci-revisori.

L’esercizio di fatto della funzione da parte del sindaco ineleggibile o decaduto trova il suo titolo non certo nel rapporto sindacale - di natura contrattuale ed avente ad oggetto la prestazione di un’opera professionale verso l’obbligo della società di pagare il corrispettivo pattuito - che non può essere instaurato o vien meno, ma appunto nel mero fatto del suo esercizio operato volontariamente dal professionista nell’impossibilità giuridica di instaurare il rapporto sindacale come ex lege configurato e comportante l’obbligo per la società di corrispondere il relativo compenso.

Acclarata la mancanza di una valida causa dell’obbligazione, tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente - l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo; è, quindi, la pronuncia dichiarativa o estintiva del giudice, avente portata estintiva del contratto, l’evenienza che priva di causa giustificativa le reciproche obbligazioni dei contraenti e dà fondamento alla domanda del “solvens” di restituzione della prestazione rimasta senza causa.

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Sui poteri dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l.
Il potere dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l. investito – ai sensi del relativo provvedimento di nomina del Giudice tutelare...

Il potere dell’amministratore di sostegno dell’amministratore di s.r.l. investito – ai sensi del relativo provvedimento di nomina del Giudice tutelare – di tutti gli adempimenti connessi all’attività societaria e alla sua gestione ordinaria e straordinaria quale rappresentante del beneficiario (che per l’effetto è da intendersi privato di ogni conseguente potere connesso e derivante dal ruolo e dalle cariche ricoperte nella indicata società), comprende tutti gli atti e le decisioni che beneficiario poteva assumere nell’ambito della società sia come socio, sia come amministratore.

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Risoluzione parziale di un contratto di cessione di partecipazioni sociali
La domanda di risoluzione parziale di un contratto avente ad oggetto la cessione del 50% del capitale sociale di una...

La domanda di risoluzione parziale di un contratto avente ad oggetto la cessione del 50% del capitale sociale di una s.r.l. non può trovare accoglimento per l’assorbente rilievo che le partecipazioni dei soci di una s.r.l. - come delineate dall’art. 2468 c.c. - non solo indicano la quota di partecipazione al capitale sociale di regola proporzionale al conferimento, ma costituiscono altresì criterio di  attribuzione dei diritti sociali riguardanti l’amministrazione della società e la distribuzione degli utili. Il “peso” e di conseguenza “il valore” di una partecipazione pari al 50% del capitale sociale di una s.r.l. non può essere considerato, in termini meramente aritmetici, quale multiplo del valore di una quota parti all’1%, attesa la rilevanza nell’ambito della compagine sociale di tale “quota di blocco” in considerazione delle regole statutarie e di legge che disciplinano l’operatività degli organi e che regolano l’esercizio di tutti i diritti amministrativi, in quanto ispirate al principio di maggioranza. Sicuramente il valore di una quota del 50% (percentuale di blocco) non può essere proporzionalmente pari al valore di una quota minore, assumendo una quota del 50% un valore dato dalla rilevanza di un socio di s.r.l. con una partecipazione pari al 50%, che non può essere disgregato attraverso procedimenti algebrici. Tali considerazioni comportano la non applicabilità al caso della cessione di partecipazioni sociali che rappresentano il 50% o più del capitale sociale, dell’istituto della risoluzione parziale di cui al primo comma dell’art. 1458, comma, c.c.

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Business judgement rule e corretta valutazione preventiva dei margini di rischio
Se è vero che, in virtù del principio della business judgement rule, all’amministratore di una società non può essere imputato...

Se è vero che, in virtù del principio della business judgement rule, all'amministratore di una società non può essere imputato a titolo di responsabilità ex art. 2392 c.c. di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico (atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può pertanto eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell'amministratore, e non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società) e che il giudizio sulla diligenza dell'amministratore nell'adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione (o le modalità e circostanze di tali scelte) anche se presentino profili di rilevante alea economica, è pur vero tuttavia che, in tal tipo di giudizio, può ben sindacarsi l'omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità, e perciò anche la diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere.

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Non compromettibilità in arbitri delle controversie sulla violazione dei principi di redazione di bilancio
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per...

Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, in quanto le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma essendo dettate, oltre che a tutela dell'interesse di ciascun socio ad essere informato dell'andamento della gestione al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti con cui la società entra in contatto, trascendono l'interesse del singolo ed attengono a diritti indisponibili, sicché devono essere decise dal giudice.

Nel caso di impugnazione del bilancio ad opera del socio per nullità derivante dalla violazione del precetto di cui all'art. 2423, co. 2, c.c. è sempre necessario che lo stesso indichi quale sia il suo interesse ad agire ovvero quale diritto si assume leso, posto che detta condizione dell'azione non può essere integrata dal generico interesse alla legalità della delibera.

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Efficacia della revoca per giusta causa della procura
Anche in tema di procura, analogamente alle previsioni in materia di mandato, il potere rappresentativo non può essere liberamente revocato...

Anche in tema di procura, analogamente alle previsioni in materia di mandato, il potere rappresentativo non può essere liberamente revocato se esso è conferito anche nell'interesse del rappresentante ovvero quando esso è definito quale espressamente irrevocabile.

L’irrevocabilità, ove espressamente prevista, non comporta che la procura non possa perdere i suoi effetti ed il procuratore perdere il potere rappresentativo, ove la revoca di esso sia stata posta in essere dal rappresentato, producendosi nel caso un solo eventuale obbligo risarcitorio o indennitario. Di converso, ove la procura sia conferita anche nell’interesse del rappresentante, il difetto di giusta causa determina che la revoca sia improduttiva di effetti.

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