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L’oggetto del contratto di cessione di partecipazioni sociali
La determinazione del corrispettivo nel trasferimento di partecipazioni sociali (che consistono in un bene complesso, comprensivo anche di diritti e...

La determinazione del corrispettivo nel trasferimento di partecipazioni sociali (che consistono in un bene complesso, comprensivo anche di diritti e doveri patrimoniali ed amministrativi inerenti allo status di socio) è rimessa all’autonomia contrattuale delle parti e l’eventuale errore sul valore delle stesse non può rilevare in assenza di dolo della controparte o di rilascio di una specifica garanzia. La diminuzione del patrimonio sociale, a causa di sopravvenienze passive o minusvalenze di cespiti attivi, non incide direttamente sull’oggetto del contratto di cessione che è diverso, a meno che non vi sia una espressa intenzione dei contraenti di volere garantire il valore della partecipazione rispetto al patrimonio della società in un determinato momento con una disciplina specifica per la sua valutazione. La cessione delle azioni ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale – e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione – possono giustificare l’annullamento del contratto per errore o, ai sensi dell’art. 1497 c.c., la risoluzione per difetto di qualità della cosa venduta (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non al suo valore economico), solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali, ovvero nel caso di dolo di un contraente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza.

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Invalidità delle delibere di approvazione del bilancio e di ricapitalizzazione ai sensi dell’art. 2482 ter c.c.
All’assemblea convocata per la riduzione del capitale a fronte di perdite superiori ad un terzo devono essere sottoposti tre documenti:...

All’assemblea convocata per la riduzione del capitale a fronte di perdite superiori ad un terzo devono essere sottoposti tre documenti: la situazione patrimoniale aggiornata, la relazione dell’organo amministrativo e le osservazioni del collegio sindacale. La situazione patrimoniale dev’essere redatta secondo i medesimi criteri che presiedono alla redazione del bilancio di esercizio.

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Riparto dell’onere della prova nell’azione sociale di responsabilità
Gli amministratori devono adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo con la diligenza richiesta dalla natura...

Gli amministratori devono adempiere ai doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze.

La responsabilità degli amministratori verso la società per i danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri ha natura contrattuale: la società deve quindi allegare l’inadempimento nonché provare – sia pure ricorrendo a presunzioni – l’esistenza di un danno concreto, consistente nel depauperamento del patrimonio sociale e la diretta riconducibilità causale di tale danno alla condotta dell’amministratore, quand’anche cessato dall’incarico.

Il riferimento al nesso causale, oltre a servire come parametro per l’accertamento della responsabilità degli amministratori, rileva anche da un punto di vista oggettivo, perché consente di limitare l’entità del risarcimento all’effettiva e diretta efficienza eziologica della condotta contestata e quindi a porre a carico degli amministratori solo il danno direttamente connesso alla loro condotta attiva od omissiva, dolosa o anche solo colposa.

Incombe invece sugli amministratori l’onere di provare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità dell’inadempimento, dimostrando di aver adempiuto con diligenza agli obblighi loro imposti ovvero che il danno è dipeso dal caso fortuito o dal fatto di un terzo.

In base alla c.d. business judgment rule e ai principi costituzionali sulla libertà di iniziativa economica (art. 41, co. 1, Cost.), la responsabilità degli amministratori non può essere affermata sulla base della mera inopportunità delle scelte gestorie assunte – di per sé insindacabili, in quanto conseguenti a scelte di natura imprenditoriale, ontologicamente connotate da rischio – né dei risultati negativi di queste ultime.

Oggetto di accertamento e di valutazione da parte del giudice sono le modalità di esercizio del potere discrezionale, cioè la diligenza usata nella valutazione preventiva dell’iniziativa economica da intraprendere e dei margini di rischio prevedibili, potendosi pertanto censurare solo l’omessa assunzione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle determinate circostanze e con quelle determinate modalità.

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Sulla prova del versamento del contributo ambientale Conai: il principio di vicinanza della prova
Il principio di riferibilità o di vicinanza della prova pone in ogni caso l’onere della prova a carico del soggetto...

Il principio di riferibilità o di vicinanza della prova pone in ogni caso l’onere della prova a carico del soggetto nella cui sfera si è prodotto l’inadempimento e che è, quindi, in possesso degli elementi utili per paralizzare la pretesa del creditore, sia questa diretta all’adempimento, alla risoluzione o al risarcimento del danno, fornendo la prova del fatto estintivo del diritto azionato, costituito dall’adempimento. In caso di mancata acquisizione delle schede extracontabili che il cedente deve redigere e produrre, la dicitura apposta sulla fattura emessa dal cedente “contributo ambientale Conai assolto” o equivalenti deve essere interpretata nel senso di ritenere il contributo assolto dal cessionario e non dal cedente.

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Sostituzione della delibera assembleare invalida di s.r.l.
È applicabile anche alle deliberazioni della s.r.l. la disposizione di cui all’art. 2377, co. 8, c.c., richiamata dall’art 2479 ter,...

È applicabile anche alle deliberazioni della s.r.l. la disposizione di cui all’art. 2377, co. 8, c.c., richiamata dall’art 2479 ter, co. 4, c.c.; la norma dispone che l’annullamento della prima deliberazione adottata non può essere pronunciato se la stessa sia stata sostituita da altra, presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo. La sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge sussiste se la nuova deliberazione ha un identico contenuto, cioè provvede sui medesimi argomenti della deliberazione impugnata, ferma soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità.

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Delibera di revoca dello stato di liquidazione e mancanza in capo alla società di risorse utili al soddisfacimento del credito
La perdita della qualità di creditore in pendenza del processo di opposizione alla delibera di revoca dello stato di liquidazione...
La perdita della qualità di creditore in pendenza del processo di opposizione alla delibera di revoca dello stato di liquidazione ex art.2487-ter c.c. dallo stesso introdotto, determina la perdita della legittimazione ad agire del creditore sociale ed il rigetto dell’opposizione.
E’ privo di interesse ad agire il creditore che proponga opposizione alla delibera di revoca dello stato di liquidazione ex art.2487-ter c.c. qualora non vi siano prospettive iniziali che il proprio credito venga soddisfatto con le risorse derivanti dalla liquidazione e ciò sull’assunto che un creditore che già ha perso ogni garanzia patrimoniale non può dolersi se il proprio debitore si attiva – a proprie spese – per “risollevarsi” (revocando lo stato di liquidazione).
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Effetti dell’accordo transattivo nei confronti degli altri amministratori convenuti in solido e onere di produzione da parte del creditore
In tema di società di capitali, la delibera assembleare con la quale è autorizzato il promovimento dell’azione sociale di responsabilità...

In tema di società di capitali, la delibera assembleare con la quale è autorizzato il promovimento dell'azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. deve contenere l'individuazione degli elementi costitutivi dell'azione, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

E’ onere del creditore che abbia concluso nel corso del giudizio una transazione che ha sciolto il vincolo di solidarietà con solo alcuni dei debitori in solido convenuti produrre in causa la transazione per dimostrare il quantum della sua residua obbligazione verso i debitori non transigenti; l’omessa produzione della transazione implica sul piano della prova la mancata dimostrazione del quantum della obbligazione risarcitoria su cui il Tribunale è chiamato a pronunciare la condanna: senza la produzione della transazione o in altro modo offrire la prova del suo contenuto non è dato al giudice determinare il quantum della obbligazione residua cui i convenuti devono essere condannati.  Infatti, “ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l'ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all'importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideate di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’ accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.” (Cass SU 30174/2011).

Relativamente alle domande risarcitorie per responsabilità contrattuale, il criterio di riparto dell’onere di allegazione e prova dei fatti costitutivi è regolato dagli artt. 1218 e 2697 cc e dal principio della vicinanza della prova, in forza dei quali spetta a chi agisce in risarcimento allegare e provare la fonte legale o convenzionale dell’obbligazione che si assume totalmente o parzialmente inadempiuta, la condotta, il danno ed il nesso causale tra la prima e il secondo; incombe, invece, al convenuto provare di avere adempiuto esattamente o di non avere potuto adempiere per causa a sé non imputabile, ovvero altri fatti idonei a paralizzare la pretesa attorea [nel caso in esame, la Società attrice, aveva dunque l’onere - per provare il suo credito risarcitorio verso i convenuti coobbligati in solido rimasti in causa - di produrre in giudizio gli accordi transattivi intervenuti e ciò al fine di dimostrare il residuo danno oggetto del petitum; omettendo la produzione delle transazioni l’attrice è venuta meno all’onere di fornire elementi a sua disposizione e necessari per provare il quantum del residuo danno nel suo preciso ammontare. Né può presumersi che i co debitori transigenti abbiano transatto per un importo non superiore alla loro quota di responsabilità, potendosi apprezzare tale elemento solo in concreto alla luce del contenuto della transazione in relazione all’apporto causale della condotta di ciascun transigente].

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Responsabilità dell’amministratore per il compimento di operazioni irragionevoli
L’amministratore della società ha il compito di gestire l’impresa compiendo tutte le operazioni necessarie per il conseguimento dell’oggetto sociale secondo...

L’amministratore della società ha il compito di gestire l’impresa compiendo tutte le operazioni necessarie per il conseguimento dell’oggetto sociale secondo i doveri imposti dalla legge, dall’atto costitutivo e dello statuto. L’obbligo di diligenza professionale posto dall’art. 2392 c.c. e dall’art 2476 c.c. impone all’amministratore di gestire il patrimonio sociale ed indirizzare l’attività economica nel modo più idoneo agli interessi della società.

In tema di responsabilità dell’amministratore di una società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata, l’insindacabilità del merito delle sue scelte di gestione (c.d. business judgment rule) trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi sia ex ante, sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.

La natura contrattuale della responsabilità degli amministratori verso la società comporta che quest’ultima ha soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni, l’illiceità delle condotte ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.

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Invalidità delle deliberazioni consortili e falsità della dichiarazione di accettazione della carica di amministratore
In tema di impugnazione delle deliberazioni consortili, l’art. 2606, co. 2, c.c. si riferisce ai vizi di mancanza di conformità...

In tema di impugnazione delle deliberazioni consortili, l’art. 2606, co. 2, c.c. si riferisce ai vizi di mancanza di conformità della delibera alla legge e al contratto riconducibili alla categoria dell’annullabilità delle delibere consortili, ma tace sulla regolamentazione delle patologie più gravi della nullità o della inesistenza della deliberazione che ricadono, così, nell’ambito applicativo delle regole di diritto comune che presiedono all’azione di nullità dei negozi, imprescrittibile e proponibile da chiunque vi abbia interesse, non potendo trovare applicazione analogica la disciplina più restrittiva prevista in materia societaria, in ragione della diversa natura del consorzio rispetto alla società.

La dichiarazione di accettazione della carica di amministratore, pur contenuta nel verbale dell’assemblea di nomina, è manifestazione di volontà riferibile solo alla sfera giuridica dell’amministratore stesso, completamente estranea al contenuto della deliberazione dell’organo assembleare. Pertanto, le contestazioni circa la veridicità della firma apposta alla dichiarazione di accettazione devono essere proposte mediante impugnazione del negozio di accettazione, non essendo sufficiente limitarsi ad impugnare la delibera di nomina sull’erroneo presupposto che l’accertamento della falsità dell’attestazione della sua presenza all’assemblea e della sua firma, siano ragioni sufficienti a determinare l’inesistenza o la nullità della deliberazione dell’assemblea.

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Nullità e abuso del diritto di pegno su partecipazioni sociali
La nullità del pegno per violazione del divieto di patto commissorio non può che derivare da un vizio genetico dell’atto...

La nullità del pegno per violazione del divieto di patto commissorio non può che derivare da un vizio genetico dell’atto costitutivo di una garanzia che sia congegnata in modo tale da attribuire al creditore la proprietà del bene vincolato nell’ipotesi di inadempimento con modalità che espongano il debitore al rischio di perdere un bene di valore superiore al credito. Come tale, deve necessariamente emergere dall’analisi del contenuto delle pattuizioni negoziali da cui l’effetto sostanziale vietato dalla norma promana, a prescindere dalle modalità di buona o mala fede con cui le parti le abbiano attuate.

L’attribuzione del diritto di voto in assemblea al creditore pignoratizio costituisce elemento connaturale al pegno di partecipazioni sociali specificamente previsto dagli artt. 2352 e 2471 bis c.c., espressione dello spossessamento della peculiare res data in garanzia e non equivale affatto all’attribuzione al creditore pignoratizio di un diritto dominicale sulla partecipazione che possa comportare la violazione del divieto di patto commissorio.

L’abuso del diritto di pegno delineato dall’art. 2793 c.c. presuppone che il creditore pignoratizio nell’esercizio dei diritti derivanti dal possesso della res acquisita in funzione di garanzia ne stia pregiudicando l’integrità ed il valore e, in tema di pegno su partecipazioni sociali, stia, dunque, esercitando il diritto di voto in assemblea in modo tale da pregiudicare l’interesse sociale alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. Non è sufficiente a configurare l’abuso del diritto di pegno da parte del creditore la semplice designazione nell’organo amministrativo di componenti di sua fiducia, ma è necessaria anche la prova che costoro stiano tenendo condotte predatorie, lesive dell’integrità del patrimonio sociale, su istruzioni e nell’interesse esclusivo del soggetto che li ha designati.

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La giusta causa di revoca dell’amministratore di s.p.a.
La giusta causa di revoca dalla carica di amministratore è integrata da circostanze sopravvenute, provocate o meno dall’amministratore, obiettivamente valutabili...

La giusta causa di revoca dalla carica di amministratore è integrata da circostanze sopravvenute, provocate o meno dall’amministratore, obiettivamente valutabili come idonee a minare la fiducia inizialmente riposta dalla società e dai soci sulle sue attitudini e capacità gestionali. La giusta causa si riferisce ad una categoria di circostanze più ampia dei fatti integranti l’inadempimento ai doveri della carica o le irregolarità di gestione, che si dilata a comprendere anche eventi sopravvenuti alla nomina, estranei alla sfera dell’amministratore ed avulsi dalla sua condotta, purché obiettivamente valutabili come idonei a mettere in dubbio la correttezza e le attitudini gestionali dell’amministratore e, quindi, a minare l’originario rapporto fiduciario.

Le circostanze rilevanti ai fini della sussistenza della giusta causa sono solo quelle specificamente enunciate nella deliberazione di revoca dell’assemblea senza alcuna possibilità di integrazione nel corso del processo, ove dovranno anche essere provate dalla società nella loro effettiva esistenza, quali elementi costitutivi del suo diritto a recedere senza conseguenze risarcitorie o indennitarie.

La clausola statutaria di esclusione del diritto dell’amministratore al risarcimento del danno nell’ipotesi di revoca dalla carica senza giusta causa, previsto dall’art. 2383 co. 3, c.c., costituisce una sorta di regolamento preventivo e generale del rapporto contrattuale che sorge tra la società e l’amministratore al momento dell’accettazione della carica, valida ed efficace anche nei confronti del terzo designato, in quanto diretta ad incidere su un diritto disponibile a cui l’interessato può rinunciare attraverso l’accettazione dell’incarico, che necessariamente comporta l’adesione alla previsione statutaria che lo riguarda. Nulla vieta, tuttavia, alla società di adottare una regolamentazione diversa e specifica del rapporto in occasione della nomina di un determinato soggetto – riconoscendo all’amministratore, soggetto al potere della società di recidere il rapporto anche senza alcuna motivazione, il diritto a percepire un indennizzo predeterminato che funga, come una sorta di multa penitenziale, da corrispettivo per l’esercizio da parte della società della legittima facoltà di recesso senza limiti dal rapporto fiduciario –, attraverso la conclusione di accordo speciale che deroghi o modifichi la previsione statutaria generale.

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Uscita dalla compagine sociale del socio finanziatore e postergazione del finanziamento
La condizione del finanziamento effettuato dall’ex socio non cambia ed il relativo credito rimane postergato anche dopo l’uscita dalla società del...

La condizione del finanziamento effettuato dall'ex socio non cambia ed il relativo credito rimane postergato anche dopo l'uscita dalla società del socio finanziatore: infatti, l'art. 2467 c.c. è posto a salvaguardia delle aspettative del ceto creditorio e su questo non possono incidere le vicende successive e soggettive del socio mutuante, pena l'inaffidabilità del regime medesimo che si presterebbe a facili elusioni in danno dei creditori terzi.

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