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Rinuncia al compenso da parte del presidente del C.d.A. di una società per azioni
La rinuncia “ad ogni forma” di compenso da parte del presidente del consiglio di amministrazione di una società per azioni...

La rinuncia “ad ogni forma” di compenso da parte del presidente del consiglio di amministrazione di una società per azioni (espressa al momento dell’accettazione dell’incarico) presuppone anche la rinuncia alla remunerazione per le eventuali ulteriori funzioni, rientranti tra i compiti assegnati dalla legge all’organo gestorio, che il consiglio di amministrazione decida di delegare al presidente, non potendo quindi quest’ultimo agire giudizialmente per ottenere il compenso relativo a tali funzioni.

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Disposizione di un diritto della società da parte del rappresentante in assenza della c.d. contemplatio domini
Nell’ipotesi in cui il rappresentante legale di una società abbia disposto di un diritto della società senza spenderne il nome,...

Nell’ipotesi in cui il rappresentante legale di una società abbia disposto di un diritto della società senza spenderne il nome, può sussistere manifestazione tacita del rapporto rappresentativo rispetto alla società, con la conseguenza che l’atto di disposizione produce effetti nei confronti della società rappresentata. La rappresentanza, infatti, può essere dedotta da ogni altro elemento da cui risulti che l’attività di tale soggetto si svolge, appunto, in attuazione di un potere rappresentativo a lui conferito; di conseguenza la contemplatio domini può essere manifestata anche con un comportamento del mandatario che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto siano destinati a prodursi direttamente.

La c.d. contemplatio domini non richiede l'uso di formule sacramentali né per l'attività negoziale sostanziale né per quella processuale

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L’azione di responsabilità ex art. 146 L.Fall.: la corretta tenuta delle scritture contabili e la gestione conservativa della società
L’amministratore di S.r.l. risponde dei danni conseguenti alla prosecuzione dell’attività sociale nonostante il sostanziale stato di liquidazione in cui versava...

L'amministratore di S.r.l. risponde dei danni conseguenti alla prosecuzione dell’attività sociale nonostante il sostanziale stato di liquidazione in cui versava la società stessa (nel caso, il sostanziale stato di liquidazione sarebbe emerso contabilmente ove l'amministratore avesse correttamente contabilizzato sanzioni, interessi tributari e ammortamenti). Il danno è correttamente stimabile nell’aggravamento del dissesto patrimoniale cagionato dall’indicata gestione non conservativa, depurato dei costi fisiologici della liquidazione.

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La responsabilità degli amministratori e il criterio dei netti patrimoniali
La responsabilità degli amministratori è regolata dall’art. 2476 c.c., il quale prevede che gli amministratori sono responsabili per i danni...

La responsabilità degli amministratori è regolata dall’art. 2476 c.c., il quale prevede che gli amministratori sono responsabili per i danni che la società patisce a seguito dell’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. L’attore è tenuto a provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno che si è verificato, mentre il convenuto ha l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta.

Per verificare se la prosecuzione dell’attività di impresa per un periodo considerevole in presenza di perdita del capitale sociale sia fonte di danno, si può applicare applicare il “criterio dei netti patrimoniali o dell’aggravamento del dissesto”: la giurisprudenza consente di ricorrere a criteri presuntivi e in particolare alla determinazione del danno in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c., utilizzando il criterio della differenza dei netti patrimoniali  nell’ipotesi in cui non sia possibile ricostruire con certezza le vicende che hanno determinato il dissesto e le singole operazioni dannose.

L'applicazione del criterio della differenza dei netti patrimoniali deve rispondere ai principi della logica e del buon senso e richiede la presenza di due condizioni: (i) la corretta individuazione del primo termine di paragone, ossia il bilancio a partire dal quale la società risulta aver perso il capitale con conseguente obbligo per gli amministratori di convocazione dell’assemblea dei soci ai fini della messa in liquidazione della società medesima.  Tale bilancio, per essere comparabile a quello finale e per evitare che all’agente siano imputati danni legati alla mera variazione dei criteri valutativi (di regola da quelli di continuità a quelli liquidatori), deve essere rettificato alla luce dei criteri di redazione di un bilancio di liquidazione (secondo il principio contabile OIC 5). Esso deve essere, quindi, depurato di tutte quelle componenti che si giustificano solo in una prospettiva di continuità aziendale. In alternativa, occorre non applicare i criteri liquidatori alla situazione patrimoniale finale, così che le situazioni patrimoniali durante tutto l’arco temporale considerato siano omogenee. (ii) Quanto al secondo termine di paragone, esso coincide con la realizzazione del comportamento doveroso richiesto dalla legge ovvero con la messa in liquidazione o, se questa manca, con la dichiarazione di fallimento. Successivamente, occorrerà escludere dalla perdita incrementale “pura” eventualmente individuata quelle componenti negative costituite da costi ineliminabili e/o non imputabili che la società avrebbe sostenuto anche nel caso di tempestiva interruzione dell’attività (quindi in fase di liquidazione), qualora gli organi ritenuti responsabili avessero adempiuto ai propri obblighi; lo stesso dicasi per le minusvalenze derivanti dalla svalutazione di attività aziendali che si sarebbero in ogni caso verificate in ragione del venir meno dell’efficienza produttiva e dell’operatività di impresa.

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L’ingiunzione di consegna della documentazione contabile della società
Tra le obbligazioni della consorziata va annoverata quella di consegnare la documentazione indicata dal consorzio, la cui richiesta si inserisce...

Tra le obbligazioni della consorziata va annoverata quella di consegnare la documentazione indicata dal consorzio, la cui richiesta si inserisce nell’ambito dell’esercizio dei suoi poteri di controllo (nel caso, il regolamento consortile prevedeva che, previa comunicazione scritta, il consorzio potesse disporre controlli – anche sotto forma di verifiche e ispezioni dei libri contabili e di ogni altro documento o informazione commerciale e produttiva – presso le imprese consorziate).

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L’eccezione di incompetenza per territorio
L’eccezione di incompetenza per territorio può essere derogata nelle cause relative a obbligazioni ma deve essere eccepita dal convenuto contestando, entro...

L’eccezione di incompetenza per territorio può essere derogata nelle cause relative a obbligazioni ma deve essere eccepita dal convenuto contestando, entro il termine di decadenza stabilito dall'art. 38 c.p.c., la competenza del giudice adito in relazione a tutti i fori concorrenti sia generali, posti dall'art. 18 e 19 c.p.c., sia speciali previsti nell'art. 20 c.p.c. In alternativa, la competenza del giudice deve ritenersi radicata presso uno dei fori non contestati (il caso riguardava il mancato pagamento di una obbligazione pecuniaria che trovava fondamento nelle clausole del regolamento consortile).

 

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Decreto ingiuntivo emesso in presenza di clausola compromissoria
È nullo, e quindi deve essere revocato, il decreto ingiuntivo emesso dall’Autorità Giudiziaria in presenza di clausola compromissoria contenuta in...

È nullo, e quindi deve essere revocato, il decreto ingiuntivo emesso dall’Autorità Giudiziaria in presenza di clausola compromissoria contenuta in un contratto preliminare di acquisto di partecipazioni sociali.

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Inesistenza ed invalidità della delibera di seconda convocazione per vizi formali e sostanziali
La deliberazione assembleare societaria assunta, in seconda convocazione, non preceduta dalla verbalizzazione del mancato raggiungimento delle maggioranze richieste per la...

La deliberazione assembleare societaria assunta, in seconda convocazione, non preceduta dalla verbalizzazione del mancato raggiungimento delle maggioranze richieste per la sua costituzione in prima convocazione, non può essere considerata "inesistente", possedendo tutti gli elementi per essere riconducibile al modello legale delle deliberazioni assembleari e per essere imputata alla società nel cui ambito viene assunta, e ponendo solo problemi di validità legati all'accertamento della maggioranza necessaria per assumere la deliberazione.

Non ogni incompletezza o inesattezza del verbale inficia la validità della delibera assembleare, considerato che l’art. 2377, co. 5, n. 3, del c.c. limita la rilevanza dell’incompletezza o inesattezza del verbale ai fini dell’annullamento della delibera all’ipotesi in cui siano tali da impedire l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione. In tal senso, la mancata allegazione al verbale di documenti prodotti dai soci non determina di per sé l’invalidità ai sensi dell’art. 2377 c.c., per l’incompletezza dello stesso.

Nelle società di capitali il diritto del socio a percepire gli utili presuppone e necessita di una preventiva delibera assembleare che ne disponga la distribuzione. Il socio ha, dunque, una aspettativa ma non un diritto di credito esigibile sino a quando l’assemblea, in sede di approvazione di bilancio (o, comunque, anche in un momento successivo), non decida circa la distribuzione, l’accantonamento o il reimpiego degli utili nell’interesse della stessa società.

La delibera assunta dalla maggioranza di non distribuire l’utile di esercizio è censurabile (da un punto di vista sostanziale) unicamente sotto il profilo dell’abuso di maggioranza, il cui carattere abusivo deriva dalla condotta dei soci di maggioranza volta ad acquisire posizioni di indebito vantaggio in antitesi con l’interesse sociale e/o idonea a provocare la lesione della posizione degli altri soci (rendendo più onerosa la partecipazione o sacrificando la legittima aspettativa di remunerazione dell’investimento in violazione del canone di buona fede e correttezza (ex art. 1175 e 1375 c.c.) nella esecuzione del contratto sociale (ove l’esercizio in comune dell’attività economica avviene proprio “allo scopo di dividerne gli utili”). Tuttavia, grava sul socio di minoranza che impugna la delibera l’onere di provare in giudizio che la decisione dell’accantonamento degli utili sia viziata sotto il profilo dell’abuso di maggioranza.

A tal proposito, la mancata distribuzione per diversi esercizi dell’utile sociale costituisce un indice rivelatore ma non è di per sé sufficiente a dimostrare il carattere abusivo della delibera di accantonamento (ciò anche in considerazione del fatto che la stessa produce effetti positivi diretti sul patrimonio della società e riflessi sul valore delle partecipazioni dei soci), rivestendo elemento determinante ai fini della decisione la valutazione circa le concrete ed effettive motivazioni sottese alla volontà della maggioranza. Tuttavia, il sindacato sull’esercizio del potere discrezionale della maggioranza deve, comunque, arrestarsi alla legittimità della deliberazione attraverso l’esame di aspetti all’evidenza sintomatici della violazione della buona fede e non può spingersi a complesse valutazioni di merito in ordine all’opportunità delle scelte di gestione e programma dell’attività comune sottese all’accantonamento dell’utile.

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É necessario estendere l’exceptio doli generalis al terzo creditore pignoratizio nel caso di prestiti obbligazionari
In materia di prestiti obbligazionari, il debitore ricorrente deve estendere il proprio ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. anche al...

In materia di prestiti obbligazionari, il debitore ricorrente deve estendere il proprio ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c. anche al terzo creditore pignoratizio - vero soggetto avente diritto al rimborso - al fine di dimostrarne la collusione con il creditore del ricorrente (nonché debitore pignoratizio del terzo), nel caso in cui si voglia eccepire l'exceptio doli generalis per evitare il rimborso in presenza di asseriti vizi. Infatti, ai sensi dell'art. 2014 c.c. l'emittente non può opporre al giratario in garanzia le eccezioni fondate sui propri rapporti personali col girante a meno che il giratario, ricevendo il titolo, abbia agito intenzionalmente a danno dell'emittente.

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In tema di iscrizione del sindaco unico di s.r.l. nel registro dei revisori legali
Ove lo statuto preveda o, comunque, consenta la sola nomina di un sindaco unico con esclusivi compiti di controllo interno,...

Ove lo statuto preveda o, comunque, consenta la sola nomina di un sindaco unico con esclusivi compiti di controllo interno, il richiamo alle norme previste per le società azionarie, contenuto nell’art. 2477, quinto comma, c.c. non va inteso in modo rigido, dovendo comunque tener conto della struttura della società a responsabilità limitata.

In particolare, la duplice circostanza che possa essere nominato un sindaco unico e che la società stessa possa determinare la natura del controllo (controllo sulla gestione ovvero revisione contabile) comporta l’impossibilità di applicare alla società a responsabilità limitata il precetto di cui all’art. 2397, secondo comma, c.c. laddove richiede che almeno un membro effettivo ed uno supplente siano scelti tra i revisori legali iscritti nell'apposito registro. Sembrerebbe, infatti, irrazionale che sia imposta, quale requisito della nomina, una particolare professionalità ove, poi, la società possa escludere l’esercizio di mansioni che quella professionalità giustifica.

(Nel caso di specie, il Giudice rigetta il ricorso per l’iscrizione d’ufficio della delibera di nomina del sindaco unico per omessa iscrizione nell’elenco dei revisori legali, laddove la deliberazione assembleare attribuiva a quest'ultimo funzioni di controllo sulla gestione e sulla revisione dei conti.)

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Legittimazione ad impugnare del socio e del creditore pignoratizio
La legittimazione ad impugnare una delibera assembleare di una s.r.l. per non conformità alla legge o allo statuto è circoscritta...

La legittimazione ad impugnare una delibera assembleare di una s.r.l. per non conformità alla legge o allo statuto è circoscritta dall’art. 2479 - ter c.c. ai soci che non vi hanno consentito, escludendo così coloro che al momento dell’assunzione della delibera erano sprovvisti della qualità di socio, qualifica imprescindibile ai fini dell’esercizio del diritto all’impugnativa.  Discorso diverso deve essere fatto per le decisioni assembleari aventi oggetto illecito o impossibile che, secondo il disposto della summenzionata norma, possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse e quindi anche da soggetti che non sono soci della società. 

Qualora la partecipazione sociale sia gravata da un pegno, il diritto all’impugnazione delle decisioni assembleari è uno di quei “diritti amministrativi diversi” che ai sensi dell’art. 2352 comma 6 c.c. spetta in maniera concorrente sia al socio sia al creditore pignoratizio.  Se l’esercizio dell’azione di nullità della delibera assembleare compete indistintamente sia al socio sia al creditore pignoratizio, non essendo neanche necessaria la qualifica di socio della società, la legittimazione ad impugnare la delibera per annullabilità soffre delle limitazioni che richiedono  un coordinamento tra la legittimazione esclusiva del creditore pignoratizio e quella concorrente del socio, il quale, sebbene sia formalmente legittimato ad impugnare la deliberazione, subisce gli effetti dell’espressione del diritto di voto da parte del creditore pignoratizio, dal momento che sarebbe illogico, con riferimento alla medesima partecipazione sociale, l’espressione di un voto in senso favorevole a una data deliberazione  e l’impugnazione volta al suo annullamento.

Per le ragioni poc’anzi dette, il socio titolare della partecipazione sociale può esperire l’azione di annullamento della delibera assembleare qualora il creditore pignoratizio in sede di decisione abbia espresso voto contrario o  sia stato assente o astenuto, mentre l’impugnazione del socio non è proponibile qualora il creditore pignoratizio abbia votato a favore della delibera, perché l’azione è in contrasto con il comportamento dell’unico soggetto legittimato ad esprimere il voto.

[Nel caso di specie il Tribunale di Roma è chiamato ad affrontare la questione della legittimità a impugnare una decisione assembleare di approvazione del bilancio di una s.r.l. da parte di due soci della stessa: un socio che aveva acquistato la quota della società senza aver iscritto l'avvenuto trasferimento nel registro delle imprese e un socio, titolare di una quota di partecipazione gravata da un pegno in favore di un terzo creditore. Nel primo dei due casi riportati, il mancato deposito dell’atto di trasferimento della quota nel registro delle imprese non rende, ai sensi dell’art. 2470 c.c.,  l’atto opponibile alla società e priva l’acquirente della qualità di socio e della conseguente legittimazione all’esercizio dei diritti sociali, tra cui anche il diritto all’impugnazione delle delibere assembleari;  nel secondo caso riportato, l’esercizio del voto favorevole da parte del creditore pignoratizio alla decisione di approvazione del bilancio di esercizio, priva il socio della legittimazione ad impugnare la decisione per violazione di legge o dello statuto. Ai soci è riconosciuta l'esclusiva legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio per i  profili di nullità, qualora quest'ultimo sia redatto in violazione dei principi di chiarezza e precisione dettati dall'art. 2423 c.c., dal momento che la legge non richiede per l'esperimento della relativa azione la qualifica di socio della società, attribuendo a chiunque ne abbia interesse la legittimazione ad impugnare le decisioni aventi oggetto impossibile o illecito e quelle prese in assenza di assoluta informazione.]

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Sono esigibili gli obblighi di conferimento dovuti dai soci in ipotesi di nullità del contratto costitutivo di SpA
Il rilievo della nullità del contratto costitutivo di Spa, a seguito dell’iscrizione nel registro delle imprese, si converte, ove sia...

Il rilievo della nullità del contratto costitutivo di Spa, a seguito dell’iscrizione nel registro delle imprese, si converte, ove sia oggetto di accertamento principale, in una causa di scioglimento dell’ente con effetti ex nunc. Tuttavia, restano esigibili dalla società gli obblighi di conferimento dovuti dai soci in quanto non discendendo dal vizio genetico effetti retroattivi e ripristinatori.

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