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Annullabilità della delibera approvata con il voto determinante del socio in conflitto di interessi
È annullabile la delibera assembleare di s.r.l. avente ad oggetto il riconoscimento del compenso e del rimborso spese in favore...

È annullabile la delibera assembleare di s.r.l. avente ad oggetto il riconoscimento del compenso e del rimborso spese in favore dell’amministratore, approvata con il voto determinante del socio in conflitto di interessi, quando essa risulti dannosa per la società, in assenza di margini di utili tali da giustificare e consentire l'attribuzione di tali compensi.

Il diritto alla remunerazione degli amministratori ha natura disponibile e, pertanto, alla luce dell'art. 2389, secondo comma, c.c. è legittima la clausola statutaria di s.r.l. con cui si prevede una remunerazione costituita in tutto o in parte dalla partecipazione agli utili o con cui si prevede che l'attività dell'amministratore sia prestata a titolo gratuito.

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Revoca per giusta causa di amministratore di società di persone: ipotesi applicative, compatibilità con ricorso ex art. 700 c.p.c. e operatività della business judgment rule
La giusta causa di revoca dell’amministratore di società di persone di cui all’art. 2259, terzo comma, c.c. viene integrata da...

La giusta causa di revoca dell’amministratore di società di persone di cui all’art. 2259, terzo comma, c.c. viene integrata da qualsiasi evento che integri la violazione degli obblighi propri dell’amministratore e incida negativamente sul carattere fiduciario del rapporto o, comunque, renda impossibile il naturale svolgimento del rapporto di gestione (nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto sussistente la giusta causa di revoca dell’amministratore di una s.s. nel caso di mancata preventiva informazione al socio e co-amministratore di una disdetta di un contratto di locazione in essere tra la società ed il proprio conduttore e la successiva opposizione in merito alla stipulazione di un nuovo contratto di locazione).

Non risulta applicabile alle società di persone la disposizione di cui all’art. 2409 c.c., posto che essa trova applicazione solamente in relazione alle società di capitali, anche prive di organo di controllo.

La c.d. business judgment rule, che corrisponde al principio di insindacabilità della gestione da parte degli amministratori opera solo quando gli atti di gestione; (i) sono conformi alla legge e allo statuto sociale; (ii) non sono contaminati da situazioni di conflitto di interesse dei gestori; (iii) sono assunti all’esito di un procedimento di assunzione di informazioni propedeutiche alla decisione gestoria adeguato all’incidenza sul patrimonio dell’impresa; (iv) sono razionalmente coerenti con le informazioni e le aspettative di risultato emerse dal procedimento istruttorio. In mancanza delle predette condizioni, la business judgment rule non opera.

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Responsabilità solidale ex art. 2560 c.c.: funzione dell’esclusione pattizia di responsabilità, effetti verso i terzi ed onere della prova
In tema di cessione d’azienda (o di ramo d’azienda) la clausola che contiene un’esclusione pattizia della responsabilità della società cessionaria...

In tema di cessione d’azienda (o di ramo d’azienda) la clausola che contiene un’esclusione pattizia della responsabilità della società cessionaria per i debiti relativi all'azienda trasferita dalla società cedente non vale ad escludere l’operatività della previsione di accollo ex lege dei debiti in capo alla società acquirente, sancita all’art. 2560 secondo comma c.c. Infatti, la pattuizione con cui si preveda l’obbligo in capo alla società trasferente di manlevare l'acquirente per le richieste di pagamento relative a debiti pregressi dell'azienda si atteggia a semplice clausola di regolamentazione dei rapporti interni tra cedente e cessionario, ma non consente di escludere la responsabilità di quest'ultimo nei confronti del creditore, valendo, semmai, ad evitare che all’accollo esterno ex lege corrisponda altresì un accollo interno dei debiti. Il creditore, dunque, può indifferentemente agire sia verso il cedente che verso il cessionario, a prescindere dalla presenza nell’atto di cessione d’azienda di eventuali pattuizioni contrarie.

Il presupposto dell’iscrizione del debito pregresso nei libri contabili obbligatori dell’azienda  richiesto dall’art. 2560 c.c. ha il fine di contemperare l’esigenza di tutela dei creditori con quella di certezza dei rapporti giuridici. Tale iscrizione, da un punto di vista processuale, è elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti, con la conseguenza che l’onere della prova di tale iscrizione ex art. 2697 c.c. spetta alla parte attrice e il mancato assolvimento di tale onere probatorio può essere rilevato anche d’ufficio dal Giudice.

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Azione di responsabilità ex art. 2476 c.c.: natura e onere della prova
La norma di cui all’art. 2476 c.c. struttura la responsabilità degli amministratori in termini colposi, come emerge dal primo comma...

La norma di cui all’art. 2476 c.c. struttura la responsabilità degli amministratori in termini colposi, come emerge dal primo comma della disposizione menzionata, in cui si fa riferimento alla inosservanza dei doveri quale criterio di valutazione e di imputazione della responsabilità (richiamo che sarebbe in contrasto con una valutazione in termini oggettivi della responsabilità), e dalla circostanza che il prosieguo della norma consente all’amministratore di andare esente da responsabilità, fornendo la prova positiva di essere immune da colpa. Il comportamento rilevante ai fini dell’esercizio dell’azione di responsabilità è solamente quello che abbia causato un danno; la mancanza del danno rende irrilevante il comportamento inadempiente ai fini dell’azione in esame, perché essa tende per sua natura al risarcimento.

Dalla qualificazione in termini di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. della responsabilità nei confronti della società consegue che sull’attore (società o curatore fallimentare che sia) grava esclusivamente l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni agli obblighi (trattandosi di obbligazioni mezzi e non di risultato), anche solo mediante allegazione, oltre agli elementi costitutivi della domanda risarcitoria quali il nesso di causalità e il danno verificatosi; mentre, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.

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Acquisto di quote di una società in difficoltà finanziaria e causa “in concreto” del negozio
La causa “in concreto” – intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio...

La causa “in concreto” – intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello negoziale utilizzato – conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell’economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili all’altra.

Non può quindi accogliersi la domanda con cui l’opponente chiede di dichiarare la nullità dell’atto di cessione di quote sociali per mancanza di causa concreta, da individuarsi nella realizzazione di un lucro impossibile nel caso di specie stante la messa in liquidazione della società ed il deposito di una domanda di pre-concordato con finalità liquidatorie. Infatti, una tale prospettazione difensiva - in base alla quale quale l’acquisto di quote viene effettuato sempre a scopo di lucro - si pone di fatto in contrasto con la tesi invocata, in quanto individua la causa del negozio in termini astratti e non concreti.

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Eccesso dei limiti convenzionali ai poteri rappresentatitivi di amministratore di S.r.l.: conseguenze e legittimazione
La regola posta dall’art. 2475-bis, primo comma, c.c. costituisce una norma di default destinata ad assumere rilevanza nel silenzio dello...

La regola posta dall’art. 2475-bis, primo comma, c.c. costituisce una norma di default destinata ad assumere rilevanza nel silenzio dello statuto o dell’atto di nomina. Anche nelle società a responsabilità limitata, infatti, è possibile attribuire il potere di rappresentanza soltanto ad alcuni amministratori ovvero ricollegarla alla titolarità di alcune cariche (come la carica di amministratore delegato o di presidente del consiglio di amministrazione); ciò lo si può desumere dal fatto che tra le indicazioni che l’atto costitutivo deve necessariamente contenere rientrano quelle concernenti la rappresentanza della società (art. 2463 comma 2, n. 7 c.c.) e che l’art. 2383 comma 4 (richiamato dall’art. 2475 comma 2 c.c.) prevede che entro trenta giorni dalla notizia della nomina, gli amministratori devono chiederne l'iscrizione nel registro delle imprese indicando a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, nonché – in ultimo – da quanto indicato all’art. 2475-ter c.c. dove nel menzionare gli «amministratori che hanno la rappresentanza della società» lascia desumere che possono esservi amministratori che non hanno detto potere in conseguenza di limitazioni poste dall’atto costitutivo o dall’atto di nomina.

Le limitazioni statutarie - a differenza delle limitazioni legali - dei poteri rappresentativi degli amministratori non si riverberano in maniera automatica sul contratto sottoscritto dagli amministratori con i terzi, non essendo, se non nel concorso degli altri presupposti indicati dall’art. 2475-bis c.c., ad essi opponibili. Il fatto che un amministratore abbia sottoscritto un contratto eccedendo la propria limitazione del potere rappresentativo, può presentare conseguenze sul piano dei rapporti interni alla società, giustificando la revoca dell’amministratore dall’incarico gestorio ovvero la proposizione di una azione di responsabilità nei suoi confronti ovvero ancora, qualora nella società sia presente il collegio sindacale, la denunzia ex art. 2408 c.c.

Nel caso di violazione dei limiti convenzionali al potere rappresentativo degli amministratori nell’ipotesi descritta dall’ultima parte dell’art. 2475-bis secondo comma c.c. (ossia nel caso in cui il terzo contraente abbia intenzionalmente agito in danno della società) solo la società (e non, quindi, anche il singolo socio) è legittimata ad opporre ai terzi tali limitazioni. Ciò alla luce del fatto che nelle società di capitali, l’interesse del socio al potenziamento ed alla conservazione della consistenza economica dell'ente è tutelabile esclusivamente con strumenti interni alla società (rappresentati dalla partecipazione alla vita sociale e dalla possibilità di insorgere contro le deliberazioni o di far valere la responsabilità degli organi sociali) e non implica la legittimazione a denunciare in giudizio atti esterni ed, in particolare, ad impugnare i negozi giuridici stipulati dalla società, la cui validità, anche nelle ipotesi di nullità per illiceità dell’oggetto, della causa o dei motivi, resta contestabile solo dalla società stessa, senza che in contrario il socio possa invocare la norma dell'art. 1421 c.c

L’eventuale inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator di una società può essere fatta valere dal falso rappresentato, ma non dai soci di quest’ultimo qualora costituito in forma di società di capitali.

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Sul diritto di ispezione e controllo del socio di S.r.l.
La disposizione dell’art. 2476, co. 2 c.c. ha la funzione di permettere al socio di S.r.l. un controllo sulla società...

La disposizione dell’art. 2476, co. 2 c.c. ha la funzione di permettere al socio di S.r.l. un controllo sulla società e di consentirgli un esercizio consapevole dei propri diritti.

La richiesta del socio deve essere sufficientemente dettagliata; il diritto di consultazione non è limitato ai libri sociali, ma si estende a ogni documento concernente la gestione della società – come, ad esempio, la documentazione amministrativo-contabile e la documentazione più prettamente commerciale – mentre non sono ricomprese elaborazioni contabili non previste dalla legge né relazioni, valutazioni o pareri da parte dell’amministratore.

Sebbene la norma, sul piano letterale, ponga il dovere informativo esclusivamente a carico dell’organo amministrativo, tale dovere sussiste anche in capo al liquidatore, quando la società è in fase di liquidazione.

Sul piano processuale, il diritto di ispezione e controllo può essere fatto valere anche d’urgenza in via cautelare, senza che sia necessaria, a pena di inammissibilità, la prospettazione di una futura azione di merito, trattandosi di un provvedimento cautelare anticipatorio. È sufficiente ad integrare il requisito del periculum in mora l’ingiustificato protrarsi di una situazione di incertezza e di impossibilità per il socio ricorrente di avere libero accesso alla documentazione sociale, posto che il ritardo è di per sé lesivo del diritto potestativo di cui il socio è titolare.

Non è abusiva la condotta del socio ricorrente che abbia presentato reiterate richieste di informazione e di consultazione alla società, qualora la documentazione da quest’ultima già messa a disposizione risulti largamente incompleta e comunque diversa da quella successivamente richiesta in via giudiziale. La circostanza che la società resistente sia in fase di liquidazione rende inconferente la contestazione relativa ad una presunta strumentalizzazione della richiesta da parte del socio per il perseguimento di finalità concorrenziali.

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I requisiti per la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora. Il caso Berneschi.
Il pericolo nel ritardo, quale condizione di ammissibilità del sequestro conservativo dal punto di vista oggettivo, si desume dal rapporto...

Il pericolo nel ritardo, quale condizione di ammissibilità del sequestro conservativo dal punto di vista oggettivo, si desume dal rapporto di proporzione, quantitativo e qualitativo, tra patrimonio del debitore e presunto ammontare del credito e, nella valutazione di questo rapporto, si deve anche considerare se il patrimonio, pur in ipotesi idoneo al momento del sequestro ad assicurare la garanzia del credito, minacci di non esserlo più quando si determineranno le condizioni per la sua realizzazione coattiva.

L’incapienza del patrimonio dei debitori comporta che qualsiasi disponibilità attiva che sopravvenga, invece di essere destinata alla soddisfazione (pur eventualmente parziale) del credito, ben può essere destinata dai debitori ad altri scopi, sinanco naturalmente leciti o non anomali, ma lesivi del diritto del creditore alla soddisfazione del suo credito in quanto suscettibili di pignoramento.

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Natura imperativa dell’art. 2474 cc e accollo del debito in relazione alla cessione di quote di S.r.l..
Il divieto di cui all’art. 2474, che vieta in primo luogo l’acquisto e la sottoscrizione delle proprie quote, si estende...

Il divieto di cui all’art. 2474, che vieta in primo luogo l’acquisto e la sottoscrizione delle proprie quote, si estende anche all’ipotesi di accollo del debito relativo al pagamento del corrispettivo stabilito nella cessione, poiché anche tale ipotesi pregiudica gli interessi protetti dalla norma. Ne consegue la nullità della pattuizione in contrasto con tale divieto, anche se intervenuta a sei anni di distanza dalla cessione delle quote.

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Aumento di capitale sociale mediante compensazione di un credito del socio conferente
In sede di aumento del capitale sociale, è legittimo il conferimento attuato mediante compensazione tra il debito del socio verso...

In sede di aumento del capitale sociale, è legittimo il conferimento attuato mediante compensazione tra il debito del socio verso la società ed un credito vantato dal medesimo nei confronti dell'ente, atteso che la società stessa, pur perdendo formalmente il suo credito al conferimento, acquista concretamente un valore economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Nè al riguardo può invocarsi la disciplina relativa alla postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci di cui all’art. 2467 c.c.: infatti, attraverso l’estinzione del credito per compensazione, il socio ottiene il pagamento di quanto gli è dovuto in base al rapporto extra-sociale (come tale escluso dal regime di cui all’art. 2467 c.c.) e provvede nel contempo ad effettuare il versamento di quanto è tenuto a pagare in ragione della sottoscrizione dell’aumento di capitale.

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Abuso del diritto di voto della maggioranza e invalidità della delibera di accantonamento degli utili
Sussiste un abuso del diritto di voto della maggioranza che sulla base di un interesse extra-sociale abbia portato a nuovo...

Sussiste un abuso del diritto di voto della maggioranza che sulla base di un interesse extra-sociale abbia portato a nuovo l’utile netto di esercizio. Infatti, si configura una condotta abusiva qualora la decisione non trovi giustificazione nell’interesse della società ed è il risultato di una intenzionale attività dei soci a provocare una lesione dei diritti spettanti ai soci di minoranza uti singuli.

In merito alla ripartizione degli utili va osservato che dalla natura del contratto di società discende l’aspettativa legittima di ciascuno socio ad un riparto degli utili come compenso adeguato all’investimento.

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Responsabilità dell’amministratore di snc per prelievi ed ammanchi di cassa e per utilizzo personale di beni sociali
E’ responsabile nei confronti della società l’amministratore di società in nome collettivo che abbia: i. effettuato prelievi ingiustificati dai conti...

E’ responsabile nei confronti della società l’amministratore di società in nome collettivo che abbia:
i. effettuato prelievi ingiustificati dai conti correnti;
ii. distratto corrispettivi relativi alla attività caratteristica non registrati o regolarizzati (e non scontrinati o fatturati);
iii. utilizzato beni sociali per fini personali. Tale condotta illegittima costituisce una forma di inadempimento ai propri obblighi ed ingenera una responsabilità in capo all’amministratore, il quale è tenuto a risarcire il danno cagionato.

Grava sulla società l’onere di dimostrare la sussistenza delle condotte illegittime, il nesso causale ed il danno cagionato (nel caso di specie i prelievi e l’indebito utilizzo di risorse sociali e di proventi e corrispettivi della attività non fatturati e contabilizzati); tuttavia, una volta allegati e/o dimostrati e non specificamente contestati i prelievi e gli ammanchi di cassa, spetta all’ex amministratore fornire la prova liberatoria di cui all’art. 1218 c.c., dimostrando con evidenza contabile (o con adeguata prova costituenda) che il denaro sociale oggetto di tali prelievi e pagamenti fosse stato reimpiegato per spesare costi o saldare debiti della società.
In assenza di contestazione e di prova di ciò, l’ex amministratore deve restituire alla società le somme non reimmesse nelle casse sociali.

La mancata impugnazione della decisione di rimozione delle funzioni gestorie da parte del socio-amministratore di snc rende la cessazione dalla carica definitiva e le eventuali irregolarità ed illegittimità inopponibili alla società.

In una società di persone l’utile di esercizio realizzato e risultante da rendiconto non opposto è automaticamente distribuibile tra i soci, vantando in tal caso il socio un vero e proprio diritto di credito liquido ed esigibile; diritto non conculcabile neppure (a differenza che nelle società di capitali) per delibera maggioritaria (salvo che non sia l’atto costitutivo a prendere una diversa disciplina).

E’ nulla la clausola compromissoria contenuta nell’atto costitutivo di una società di persone che, in difformità rispetto al dettato normativo di cui all’art. 34, co. 2 del d.lgs. n. 5/2003 ed anche se anteriore allo stesso, non attribuisca il potere di nomina degli arbitri ad un soggetto terzo, demandandone l’individuazione alle parti stesse.

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