Il socio moroso di società cooperativa edilizia a proprietà indivisa, una volta accertata la legittimità dell'esclusione dello stesso da parte della società, è tenuto a rilasciare l'immobile, in quanto esso, a far data dall'esclusione, deve ritenersi occupato sine ullo titulo.
In presenza di una clausola compromissoria statutaria, la sospensione cautelare della delibera impugnata può essere richiesta al Tribunale, secondo le norme ordinarie, con ruolo vicario e suppletivo, tutte le volte in cui, in concreto, gli arbitri non abbiano la possibilità di intervenire efficacemente con l’esercizio del potere cautelare, loro conferito dall'art. 35 del D.Lgs 5/2003, ad esempio a causa dei tempi tecnici di costituzione dell'organo. (altro…)
La delibera del Consiglio di Amministrazione di una cooperativa di esclusione del socio che si è reso moroso del pagamento della rata mensile dovuta a titolo di fondo di mutualità è legittima in quanto adottata in conformità alle previsioni statutarie della cooperativa stessa e nel rispetto dei termini stabiliti. La delibera di esclusione comporta la decadenza dell'assegnazione in godimento dell'immobile sociale, poichè lo status di socio della cooperativa costituisce il presupposto per l'assegnazione. Quindi, a far data dalla delibera di esclusione, l'ex socio detiene l'immobile sine titulo.
Non può essere chiesta la risoluzione di un contratto di cessione di partecipazioni sospensivamente condizionato, qualora il mancato avveramento della condizione derivi da un comportamento della parte nel cui interesse la condizione era stata posta. In tal caso trova infatti applicazione il dettato dell’art. 1359 c.c. (altro…)
La costituzione di una newco nella quale è conferito un ramo d’azienda, comprensivo dei contratti con alcune controparti commerciali (clienti), non rappresenta ex se un negozio simulato teso a eludere gli obblighi contrattuali della conferente verso i clienti ceduti. In particolare la circostanza che assieme ai contratti con i clienti siano stati ceduti anche avviamento, know how, immobilizzazioni materiali, disponibilità liquide, diritti di proprietà intellettuale e lavoratori esclude la natura simulata del negozio. Un’ulteriore conferma è data dall’effettiva operatività della newco, dalla sua patrimonializzazione e dalla presenza sul mercato dei suoi prodotti.
Ai sensi dell’art. 1415, comma 2, c.c. i terzi che vogliano contestare la natura simulata di un’operazione devono dimostrare di essere stati pregiudicati dalla stessa. Ebbene, le controparti commerciali cedute alla newco non possono lamentare l’inefficacia dell’operazione sostenendone la natura simulata allorché la newco eserciti facoltà contrattuali che erano sin dall’origine presenti negli accordi trasferiti. Infatti in tal caso il pregiudizio denunciato non deriva dall’operazione che si assume simulata, ma da clausole contrattuali applicabili a prescindere dal mutamento soggettivo del rapporto.
Il socio non può proporre domanda di accertamento della responsabilità dell'amministratore ex art. 2476 c.c. e di risarcimento danni se, in un precedente giudizio, lo stesso amministratore è stato condannato per gli stessi danni causati nello stesso periodo ma tramite condotte diverse. Infatti il sistema di preclusioni previsto dall'ordinamento è riferito ad attività processuali destinate a rientrare nell'area disegnata dai limiti oggettivi del giudicato, cosicchè lo scattare delle decadenze interne al processo confina nell'area del non più deducibile in altri processi le attività ormai precluse in quel procedimento poichè consegnate irrevocabilmente all'autorità del giudicato futuro.
In presenza di un contratto di associazione in partecipazione, avente ad oggetto la costruzione di unità immobiliari, la cui durata sia prevista sino "alla vendita di tutte le unità", il conferimento in una società del ramo di azienda comprensivo delle unità immobiliari invendute, costituisce vendita, trattandosi di trasferimento delle unità immobiliari a terzi.
Il rifiuto del consorzio di dotarsi di un regolamento interno (statutariamente previsto) non costituisce modifica dell'oggetto sociale e quindi non dà diritto di recesso alla società partecipante al consorzio stesso, posto che il fatto che il coordinamento delle attività commerciali afferenti al rapporto tra il consorzio e i singoli soci debba essere attuato secondo le modalità previste nell'apposito regolamento non costituisce una caratteristica imprescindibile dell'oggetto sociale.
Tra i doveri imposti dalla legge agli organi gestori - a pena di responsabilità ai sensi dell’art. 2476 c.c. - vi sono doveri di corretta e puntuale gestione fiscale. Al fine di ridurre l’impatto fiscale sul patrimonio societario, l’amministratore, deducendo che la società non dispone di provviste necessarie per adempiere all’obbligazione tributaria, può provvedere alle richieste di adesione/rateazione. Malgrado l’accertamento con adesione, nell’ipotesi in cui l’omissione degli adempimenti fiscali continui sino a diventare sistematica, l’ingente debito a cui si trova esposta la società, consapevolmente accumulato da parte dell’amministratore, può causare il dissesto della società. In tal caso, l’amministratore va riconosciuto gravemente responsabile della violazione di propri doveri di legge sul punto e tenuto al risarcimento del danno da calcolarsi sulla base delle conseguenze sanzionatorie alle quali la società -in termini di gravosi ricarichi, interessi moratori nonché aggi e spese di recupero - si trova perciò esposta.
La circostanza che alla data della cessazione della carica dell’amministratore unico, lo stato di crisi non fosse manifesto è irrilevante: l’amministratore non va esente da responsabilità per fatti e danni successivi, causati da atti di mala gestio e da condotte distrattive e in fronde ai creditori durante il periodo in carica.
Al fine di dichiarare l’inefficacia nei confronti del Fallimento di atti di disposizione del patrimonio compiuti dall’amministratore, i presupposti richiesti - dall’art. 2901 co.1 c.c. richiamato dall’art. 66 l.fall. - sono segnatamente:
(i) La sussistenza del credito risarcitorio del Fallimento, interamente maturato alla data della cessazione dell’incarico ed accertato al momento della proposizione della domanda.
(ii) Il pregiudizio arrecato alla garanzia patrimoniale generica, insito nella rapida evaporazione di beni immobili in liquidità.
(iii) La consapevolezza di tale pregiudizio in capo al disponente, risultante dall’intento di schermare i beni immobili personali dalle pretese dei creditori sociali. La stessa scelta del contraente [società costituita ad hoc dalle figlie dell’amministratore nella fattispecie] è indice di una chiara consapevolezza di tale pregiudizio.
(iv) Essendo l’atto di disposizione compiuto dal disponente a titolo oneroso, è altresì necessaria la consapevolezza da parte del terzo acquirente del pregiudizio che tale atto arreca alla garanzia patrimoniale generica. Il tentativo della società terza - controllata da soggetto riconducibile al disponente - di dissimulare una cessione delle quote in occasione dell’atto di disposizione del patrimonio oggetto dell’azione revocatoria e la successiva retrocessione delle stesse, rende certa tale consapevolezza.
In assenza di giusta causa di revoca e preavviso, all'amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a tempo indeterminato spetta il diritto al risarcimento ai sensi dell'art. 1725, comma secondo, c.c..
I soci di società consortile che interpongono impugnazione avverso un deliberato assembleare di tale società devono, inter alia, tenere in considerazione che: (i) rispetto a quanto previsto, in via generale, dall'art. 2606 c.c., prevarranno e si applicheranno, anche sulla scorta di un prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale, le norme relative alla disciplina tipica della forma societaria prescelta da tale società consortile, (ii) la qualità di socio, anche ai fini del rilascio di eventuali deleghe, potrà essere fatta valere unicamente per tabulas nonché facendo pieno riferimento a quanto risultante dal registro delle imprese, (iii) le disposizioni statutarie prevalgono sempre su quelle dell'atto costitutivo, (iv) l'esistenza di situazioni di conflitto d'interesse in capo ai soci non è da sola sufficiente a fondare l'annullamento di una delibera assembleare dovendo altresì essere provato un danno, anche solo potenziale, per la società, (v) i soci che non abbiano interamente versato i conferimenti ma che – allo stesso tempo – non siano stati costretti a farlo entro un determinato limite temporale potranno essere ammessi a partecipare alle decisioni assembleari, (vi) la sussistenza di eventuali requisiti di legge in capo ai soci andrà accertata alla data di adozione della delibera e (vii) eventuali abusi del potere della maggioranza in danno della minoranza potranno configurarsi soltanto laddove la delibera arrechi danno agli interessi di uno o più soci di minoranza in assenza di un concorrente interesse e della società con l'esclusivo intento della maggioranza di arrecare nocumento alla minoranza.
Nel trasferimento di quote sociali di S.r.l., la violazione della clausola statutaria di prelazione comporta l’inopponibilità alla società e agli altri soci della cessione di partecipazioni effettuata in sua violazione. In tale evenienza, nessun diritto sociale collegato alle partecipazioni acquistate in spregio alla prelazione è esercitabile dal socio acquirente e, operando detta inefficacia di diritto, quale mera conseguenza della violazione della clausola di prelazione, non soffre eccezioni, prevalendo sul dato pubblicitario dell’intervenuto deposito dell’atto di cessione viziato nel registro delle imprese.
L'omissione della previa denuntiatio al socio titolare del diritto di prelazione, non fa sorgere in capo quest'ultimo l’onere (per impedire il trasferimento a terzi e rendersi intestatario della quota prelazionata) di accettare in vece del terzo la proposta, e tale effetto tipico non può ritenersi prodotto - in difetto di previsione statutaria o legale in tal senso - dalla proposta di ritrasferimento della quota formulata dal terzo acquirente a cessione ormai perfezionata.
La richiesta di nomina di un liquidatore sociale, ricorrendone i presupposti, è domanda da presentare ex art. 2487 co 2 c.c. in ambito di Volontaria Giurisdizione e non in sede contenziosa e d’urgenza, presupponente a sua volta il previo accertamento da parte dell’organo amministrativo dell’intervenuto scioglimento della società ai sensi degli artt. 2484 co. 1 c.c. e 2485 c.c.