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Efficacia della clausola compromissoria
Le clausole compromissorie impongono la giurisdizione arbitrale per le liti relative a fatti verificatisi e diritti sorti nel periodo in...

Le clausole compromissorie impongono la giurisdizione arbitrale per le liti relative a fatti verificatisi e diritti sorti nel periodo in cui le parti erano vincolate, non rilevando che il rapporto sociale sia in seguito venuto meno. Tale assunto trova fondamento nel principio di autonomia della clausola compromissoria, sancito dall’art. 808 c.p.c., secondo cui la stessa è un contratto autonomo e distinto dal rapporto negoziale al quale è collegato.

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Cessione di azienda e mancanza delle qualità promesse
In tema di cessione di azienda, le questioni relative all’immobile in cui viene esercitata l’azienda ceduta sono rilevanti ai fini...

In tema di cessione di azienda, le questioni relative all’immobile in cui viene esercitata l’azienda ceduta sono rilevanti ai fini dell’inadempimento delle obbligazioni discendenti dalla relativa cessione quando sono tali da determinare nella res ceduta, ai sensi dell’art. 2556 c.c., la mancanza di un elemento necessario per il lecito esercizio dell’attività commerciale oggetto di cessione.

L’assenza di un secondo servizio igienico nell’immobile adibito ad attività di bar (richiesto dalla normativa comunale) non costituisce elemento di identificazione del bene ceduto ai fini della sussistenza della fattispecie della consegna di cosa totalmente difforme da quella dovuta, ma bensì è rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 1494 c.c., disposizione applicabile anche al caso di mancanza di qualità promesse della cosa ceduta ai sensi dell’art. 1497 c.c.

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Principi in tema di affitto di azienda e opzione di acquisto
Il diritto di opzione si inserisce in una fattispecie a formazione progressiva della volontà contrattuale, inizialmente costituita da un accordo...

Il diritto di opzione si inserisce in una fattispecie a formazione progressiva della volontà contrattuale, inizialmente costituita da un accordo avente ad oggetto l’irrevocabilità della proposta del promittente ed, in seguito, dalla eventuale accettazione del promissario, che, saldandosi immediatamente con la proposta irrevocabile precedente, perfeziona il negozio giuridico di trasferimento.

Nel contratto di affitto di azienda, in mancanza di una pattuizione specifica di un corrispettivo per l’esercizio del diritto di opzione del complesso aziendale, lo stesso è da considerarsi conferito a titolo gratuito, non essendo l’onerosità un requisito necessario previsto dall’art. 1331 c.c. Inoltre, la mancata previsione di un corrispettivo per l’opzione costituisce indice del fatto che le parti abbiano determinato l’ammontare del canone non già quale corrispettivo di utilizzazione dell’azienda ma quale corresponsione frazionata anticipata del prezzo per l’acquisto dell’azienda alla prevista scadenza.

L'opzione determina la nascita in capo all’opzionario di un diritto potestativo che se esercitato conclude automaticamente il contratto, mentre la posizione del concedente si concreta in una soggezione a mantenere ferma la sua proposta contrattuale, senza ricevere alcuna tutela giuridica che assicuri l’effettiva conclusione dell’affare oggetto della sua proposta. Pertanto, in caso di affitto di azienda, l’esercizio del diritto di opzione da parte dell’oblata determina automaticamente il trasferimento della proprietà dell’azienda in capo alla stessa.

L'affitto di azienda, a norma dell'art. 2559 c.c., ha carattere unitario ed importa il trasferimento al cessionario, insieme a tutti gli elementi costituenti l'"universitas" senza necessità di una specifica pattuizione nell'atto di trasferimento, di tutti i beni organizzati e di tutti gli elementi unificati in senso funzionale, con riguardo alla loro destinazione, in ragione del comune fine della intrapresa attività imprenditoriale.

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Rapporto tra sezione specializzata in materia di impresa e sezione ordinaria dello stesso tribunale
Il rapporto tra sezione specializzata in materia di impresa e sezione ordinaria non dà luogo a questioni di competenza, ove...

Il rapporto tra sezione specializzata in materia di impresa e sezione ordinaria non dà luogo a questioni di competenza, ove le due sezioni appartengano allo stesso ufficio giudiziario, sicché il fatto che il decreto ingiuntivo non sia stato emesso da un giudice della sezione specializzata non comporta la nullità di tale provvedimento.

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La postergazione non si applica ai finanziamenti effettuati dall’amministratore di fatto
La postergazione dell’art. 2467 c.c., estendendosi per effetto dell’art. 2497 quinquies c.c., colpisce i finanziamenti fatti ad una società da...

La postergazione dell’art. 2467 c.c., estendendosi per effetto dell’art. 2497 quinquies c.c., colpisce i finanziamenti fatti ad una società da altri soggetti anch’essi sottoposti alla medesima attività di direzione e coordinamento e, quindi, eseguiti da altre società del medesimo gruppo. Pertanto, premesso che l’art. 2497, co. 1, c.c. indica in generale i soggetti esercenti attività di direzione e coordinamento solo come “le società o gli enti”, non è possibile, attraverso l’art. 2497 quinquies c.c., fare entrare fra di essi gli amministratori, formali o di fatto, della medesima società.

L’applicazione del criterio dei netti patrimoniali richiede che, individuato il momento della perdita di patrimonio, si proceda a redigere un bilancio in ottica liquidatoria (criteri dell’OIC 5 o omologhi IAS se applicabili) riferito a tale momento e si confronti il netto patrimoniale di detto bilancio con l’altro, sempre redatto secondo i medesimi criteri, riferito alla data del fallimento o a quella precedente in cui l’organo gestorio abbia iniziato a condursi secondo il criterio della mera conservazione dei valori sociali.

L’esplorazione dei bilanci alla luce del criterio della differenza dei patrimoni netti, che tenga anche conto dei costi che la società avrebbe comunque dovuto sostenere durante la fase liquidazione, in cui avrebbe dovuto entrare alla data di perdita del capitale, è difficilmente compatibile con le caratteristiche del giudizio cautelare.

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Il danno da violazioni fiscali ha natura indiretta per gli ex soci di società estinta
Non sussiste danno diretto per il socio in conseguenza delle violazioni degli amministratori in materia fiscale qualora l’imposizione di maggiori...

Non sussiste danno diretto per il socio in conseguenza delle violazioni degli amministratori in materia fiscale qualora l’imposizione di maggiori oneri fiscali per il socio sia conseguenza dell’avvenuta estinzione della società debitrice. In tal caso, l’incidenza della pretesa tributaria sul patrimonio del socio non è la conseguenza diretta della violazione tributaria, bensì di una circostanza estranea - l’estinzione della società -, che ha reso esigibile la pretesa tributaria nei confronti degli ex soci. Questa circostanza non muta la natura del danno, che resta un danno patrimoniale per la società. Ciò è vero, a fortiori, se l’accertamento è stato diretto ai soci in seguito alla cancellazione della società con distribuzione dell’attivo.

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Principi probatori nell’azione cambiaria; condizioni per la proposizione di domande nuove in sede di opposizione a d.i.
In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente...

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l'opponente non abbia proposto una domanda o un'eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all'opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all'attore formale e sostanziale dall'art. 183 c.p.c.

In tema di azioni cambiarie, l'onere di cui all'art. 66, co. 3, r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669 (Offerta del titolo in restituzione), gravante sul portatore della cambiale che esperisca l'azione causale prima della prescrizione di quella cambiaria, non è riconducibile alla categoria dei presupposti processuali o delle condizioni dell'azione in senso proprio, attenendo, invece, alla sfera dei requisiti per l'esame della domanda nel merito in relazione ad esigenze di natura disponibile del debitore. La relativa osservanza è volta ad evitare che il debitore si trovi esposto al pericolo del doppio pagamento, in forza della cambiale e in forza della sentenza che definisce il giudizio intrapreso con l'azione ex causa tendente al pagamento della somma portata dalla cambiale.

Costituisce presupposto indefettibile per l’accoglimento della domanda volta a ottenere il soddisfacimento del credito cambiario la produzione in giudizio degli originali dei titoli cambiari. Infatti, la posizione di legittimo portatore - che, sul piano probatorio, al di fuori dei casi eccezionali di ammortamento e rilascio di copia autentica può essere verificato solo attraverso l'esibizione del titolo in originale - coincide con la titolarità del diritto di credito azionato.

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Sulla compensazione volontaria
In merito ad ipotesi di compensazione c.d. volontaria è la volontà delle parti a dar luogo all’effetto estintivo, sicché il...

In merito ad ipotesi di compensazione c.d. volontaria è la volontà delle parti a dar luogo all'effetto estintivo, sicché il giudice, qualora accerti che le parti hanno stipulato un accordo compensativo, deve dichiarare estinte le obbligazioni, a prescindere dalla prova della contestuale esistenza di crediti reciproci; la compensazione volontaria, infatti, dà luogo ad un contratto di accertamento delle reciproche ragioni di credito, previo riconoscimento della loro esistenza.

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Il negozio fiduciario
L’intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie è un contratto unitario, avente una causa propria, che determina un’interposizione reale di persona, per...

L'intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie è un contratto unitario, avente una causa propria, che determina un'interposizione reale di persona, per effetto della quale l'interposto acquista, diversamente che nel caso di interposizione fittizia o simulata, la titolarità del bene, pur essendo, in virtù di un rapporto interno con l'interponente (in genere di natura obbligatoria), tenuto ad osservare un certo comportamento, convenuto con il fiduciante, e a ritrasferire il bene a quest'ultimo o a terzi, alla scadenza di un certo termine o al verificarsi di una situazione che determini il venire meno del rapporto fiduciario. In particolare, l'intestazione fiduciaria di quote o azioni societarie genera una separazione, in ordine al bene amministrato, tra la situazione di proprietà sostanziale (in capo al fiduciante) e l'intestazione o proprietà formale (in capo al fiduciario). In altre parole, nei rapporti esterni e rispetto alla società, socio reale deve considerarsi il soggetto fiduciario, che risulterà l'interstatario effettivo della quota, in quanto il c.d. pactum fiduciae assume efficacia soltanto nei rapporti interni tra fiduciante e fiduciario.

L’intestataria fiduciaria delle quote viene ad assumere una posizione di interlocutore esclusivo della società di riferimento, e come tale titolare dei diritti connessi a tale qualità, seppure esercitati in virtù del rapporto fiduciario col socio fiduciante.

Tale contratto si inquadra nell’art. 1376 c.c. (contratto con effetti reali), in cui il trasferimento della proprietà è solo strumentale, essendo l’attività del fiduciario svolta nell’interesse del fiduciante; sicché, in assenza di forma convenzionale prevista dalle parti, come l’ordinaria cessione delle stesse partecipazioni, non richiede la forma scritta a pena di nullità, potendo conseguentemente essere provato anche per presunzioni. Dovendo, quindi, procedersi all’accertamento (o all’adempimento) di un negozio fiduciario, e non della ricorrenza di una fattispecie di simulazione relativa, in materia di prova non si applicano le disposizioni degli artt. 2721 e 2722 c.c., giacché il pactum fiduciae non amplia, né modifica il contenuto di un altro negozio, operando esso solo sul piano della creazione di un obbligo da adempiere a cura del fiduciario, né si applicano le disposizioni dell'art. 2725 c.c., trattandosi di negozio per la cui validità non è richiesta la forma scritta.

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Sequestro giudiziario di quote da parte del fiduciante
Ai fini della concessione del sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario, rappresentando quest’ultima...

Ai fini della concessione del sequestro giudiziario di quote detenute dal titolare in forza di un negozio fiduciario, rappresentando quest'ultima una fattispecie di interposizione reale di persona, occorre che il fiduciante dia prova, quanto al fumus boni iuris, dell'esistenza del patto fiduciario e, quanto al periculum in mora, dell'esercizio di diritti dispositivi e/o amministrativi legati alla quota che sterilizzino la tutela reale del fiduciante. In particolare, con riferimento all'esistenza del patto fiduciario, in mancanza di prova scritta del patto medesimo, l'onere probatorio può intendersi assolto anche tramite il ricorso ad una serie di indizi gravi e concordanti di natura preventiva, oltre che mediante testimoni e presunzioni, essendo il pactum fiduciae sussumibile allo schema del mandato senza rappresentanza. Con riferimento al periculum in mora occorre provare che il fiduciario stia ponendo in essere atti di gestione della quota che possano anche solo in astratto frustrare le aspettative del socio fiduciante.

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Deliberazione assembleare di s.r.l. in difetto di regolare convocazione e onere della prova
L’art. 2479 ter, co. 3, c.c. (che annovera tra le ipotesi di nullità  della delibera assembleare quella in cui essa...

L'art. 2479 ter, co. 3, c.c. (che annovera tra le ipotesi di nullità  della delibera assembleare quella in cui essa venga adottata in assenza assoluta di informazione) tutela il diritto inderogabile di partecipazione di ciascun socio alle decisioni sociali e si rivolge sia ai casi in cui i soci non abbiano ricevuto l'avviso di convocazione, sia ai casi in cui l'abbiano ricevuto in difetto dei presupposti minimi di contenuto fissati dalla norma, come quando l'avviso: non risulti proveniente da un componente degli organi sociali o dai soci (ove a ciò legittimati); non sia stato inviato preventivamente a tutti gli aventi diritto; non sia idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere preventivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea (fermo rimanendo che in virtù del richiamo all'art. 2379 bis c.c., la partecipazione totalitaria del capitale sociale sana il vizio di omessa convocazione).

Nel caso di deliberazione adottata dall'assemblea di una società a responsabilità limitata, in difetto di regolare convocazione, qualora nel relativo verbale sia dato atto della partecipazione di tutti i soci - personalmente, ovvero in quanto rappresentati su delega - incombe su colui il quale impugna la deliberazione l'onere di provare il carattere non totalitario dell'assemblea.

In tema di prova dell'assenza all'assemblea dei soci, occorre rilevare che la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà consiste in una dichiarazione di scienza relativa a stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato, destinata a produrre effetti esclusivamente nell'ambito di un procedimento amministrativo per favorirne uno svolgimento più rapido e semplificato così come previsto dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), e quindi ad esaurire la sua efficacia nell'ambito dei rapporti con gli organi della P.A. e dei gestori di pubblici servizi, onde consentire l'adozione di determinati provvedimenti amministrativi in favore dell'interessato stesso. Tale qualificazione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà preclude in radice la possibilità di una sua automatica utilizzazione all'interno del processo civile, caratterizzato da principi incompatibili con la prospettata equiparazione, a fini probatori, di detta dichiarazione sostitutiva nei due diversi ambiti, ovvero quello amministrativo e quello del processo civile.

Ove sia prodotta in giudizio la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, essa non può assumere il valore di prova legale, come invece l’atto notorio, per contrastare il quale sarebbe necessaria la querela di falso, ma il giudice è tenuto soltanto a valutare adeguatamente, anche ai sensi dell'art. 115 c.p.c., in conformità al principio di non contestazione, il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno del fatto e, nell'ipotesi affermativa, al grado di specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva suddetta.

L’ordine del giorno può assolvere tale funzione soltanto se ha un sufficiente grado di specificità. A tal fine, non è necessaria l’indicazione particolareggiata delle materie da trattare, ma è sufficiente una indicazione sintetica, purché chiara e non ambigua, specifica e non generica.

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Atti posti in essere in esecuzione della delibera di aumento di capitale annullabile
Il rapporto tra gli artt. 2379 e 2379 ter c.c. è di genere a specie, nel senso che alla regola...

Il rapporto tra gli artt. 2379 e 2379 ter c.c. è di genere a specie, nel senso che alla regola generale enunciata dall’art. 2379 c.c., l’art. 2379 ter c.c. deroga, introducendo il ben più ridotto termine per l’esercizio dell’azione, ove si tratti della specifica deliberazione di aumento di capitale (oltre che delle altre due tipologie di delibere richiamate nel primo comma e della regolamentazione ulteriormente specifica per le deliberazioni di aumento di capitale delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio). La ratio della norma è pertanto nel senso di fissare i limiti temporali di proponibilità dell’impugnazione delle delibere indicate, per rispondere all’esigenza di stabilizzazione degli effetti delle stesse.

Se una delibera di aumento del capitale sociale, ancorché annullabile, non è stata sospesa, e dunque è stata legittimante eseguita, il nuovo assetto delle partecipazioni risultante dalla sottoscrizione dell'aumento è a sua volta legittimo (come legittime sono le successive deliberazioni assunte con la nuova maggioranza, in quanto, di effetto “a catena” sulla legittimità delle delibere in sequenza non può parlarsi). In questo ambito, la tempestiva impugnazione da parte del socio danneggiato dalla delibera di aumento di capitale asseritamente illegittima e, soprattutto, la sua tempestiva sospensione - che paralizzerebbe, altresì, l’efficacia del nuovo assetto delle partecipazioni risultante dalla sottoscrizione dell'aumento di capitale - eviterebbe il prodursi del danno patrimoniale derivante dalla svalutazione della propria partecipazione, interrompendosi, in tal modo, il nesso di causalità tra l’allegato fatto lesivo e il pregiudizio consequenziale.

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