In tema di concorrenza sleale, al fine di accertare l’esistenza della fattispecie della confondibilità tra prodotti per imitazione servile, è necessario che la comparazione tra i medesimi avvenga non attraverso un esame analitico e separato dei singoli elementi caratterizzanti, ma mediante una valutazione sintetica dei medesimi nel loro complesso, ponendosi dal punto di vista del consumatore e tenendo quindi conto che, quanto minore è l’importanza merceologica di un prodotto, tanto più la scelta può essere determinata da percezioni di tipo immediato e sollecitazioni sensoriali, anzichè da dati che richiedano un’attenzione riflessiva, e considerando altresì che il divieto di imitazione servile tutela l’interesse a che l’imitatore non crei confusione con i prodotti del concorrente.
Va altresì tenuto presente che risultano irrilevanti nell’ambito del giudizio di confondibilità le eventuali differenziazioni tra particolari che non influiscono sull’aspetto generale del prodotto e che non sono percepibili da parte di un osservatore che, nella normalità dei casi, non ha la possibilità di confrontare direttamente i due prodotti, ma solo di prendere visione diretta del prodotto imitante e di valutarlo sulla base del mero ricordo del prodotto originale (nella specie, delle posate per la tavola).