L’art. 2606 c.c., stabilendo che se lo statuto non dispone diversamente, le delibere consortili non conformi alla legge o all’atto costitutivo possono essere impugnate nei trenta giorni dalla loro comunicazione o iscrizione, non esaurisce bensì tutti i casi di invalidità delle deliberazioni, che, se nulle o inesistenti, sono impugnabili senza limiti di tempo; i casi di nullità sono da individuarsi nelle ipotesi di illiceità o di impossibilità dell’oggetto, nella mancanza di forma scritta quando sia prevista come obbligatoria dalla legge o da statuto, o nell’incidenza sul contratto costitutivo del consorzio o su temi per i quali è prevista la unanimità, se si tratta di deliberazioni assunte a maggioranza.
Il fondo consortile costituito dai conferimenti degli associati e dai beni del consorzio, in quanto non corrisponde ad un valore legale minimo, non corrisponde affatto al capitale sociale: esso è semmai equiparabile al patrimonio sociale. Pertanto, l’incremento delle quote dovute annuali dei consorziati e delle quote di ingresso, che vanno a costituire e ad incrementare il fondo consortile, non è per nulla assimilabile ad un aumento del capitale sociale in una società di capitali.