La mancata previsione normativa dell’organo assembleare nelle società di persone non comporta che ne sia vietata la costituzione e che sia preclusa ai soci, allorquando debbano esprimere il proprio ‘consenso’ nelle materie di cui agli artt. 2252, 2275, 2301, 2257, comma 2; 2258, comma 2; 2322, co. 2, c.c., la possibilità di riunirsi in assemblea per deliberare appunto, così come richiesto dai detti articoli, all’unanimità ovvero a maggioranza. Tale facoltà rimessa ai soci non è impedita dall’assenza di una normativa ad hoc sulla società di persone sulle modalità di raccolta del consenso (pur contemplandosi il criterio della maggioranza, per teste o quote di interessi o in alternativa il criterio dell’unanimità) e dalla mancata previsione tra gli organi sociali dell’assemblea, chiamata ad esprimere la volontà dei soci. Pertanto, in alternativa alla raccolta separata delle singole manifestazioni di volontà, i soci possono decidere di adottare una delibera formale, sia che il metodo collegiale sia previsto con clausola statutaria, sia che i soci ritengano di adottarlo in via estemporanea. La disciplina applicabile, in via analogica, alla delibera invalida, è da rinvenirsi negli artt. 2377 e ss e non invece nei principi generali sulle patologie dei negozi plurisoggettivi.
In termini generali, deve osservarsi che l’art. 2500 ter cc introduce una deroga rilevante all’art. 2252 cc, posto che consente ai soci di società di persone, salvo che non sia diversamente previsto da disposizione del contratto sociale, di provvedere alla trasformazione con decisione presa a maggioranza, benché la trasformazione rientri nel novero delle decisioni che integrano una indubbia modificazione del contratto sociale. Di detta deroga al principio generale non può che darsi applicazione restrittiva alla sola delibera di trasformazione, non essendo consentito applicarsi il principio maggioritario anche per le modifiche statutarie che certamente non siano necessitate dal tipo societario prescelto. La deroga al principio dell’unanimità dei consensi non può estendersi ad ogni modifica statutaria meramente occasionata dalla trasformazione, in quanto, se è vero che il potere di trasformare la società dà di regola il diritto a riscriverne lo statuto, deve a contrario ritenersi che, quando ad una determinata maggioranza sia stato dato il solo potere di decidere della trasformazione, detto potere non contempli anche quello di modificare le clausole statutarie del vecchio tipo compatibili con il nuovo.
L’iscrizione al Registro delle Imprese della delibera di trasformazione osta alla declaratoria di invalidità di detta delibera, ma non sottrae invece al sindacato giudiziale le eventuali decisioni contestuali, adottate quindi prima dell’efficacia della trasformazione medesima, di modificazione del contratto sociale. E’ infatti da escludere che l’iscrizione possa avere efficacia sanante di deliberazioni di modifiche statutarie che non sono rese necessarie dalla trasformazione, ma che sono da questa meramente occasionate, non ricorrendo, infatti, alcuna esigenza di stabilizzazione degli effetti di tali modifiche, ininfluenti sull’organizzazione del nuovo tipo societario, con la conseguenza che esse non possono ritenersi comprese nella nozione di atto di trasformazione in senso stretto che l’art. 2500 bis c.c. contempla.