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Tribunale di Firenze, 11 Febbraio 2025, n. 513/2025

Sul disavanzo da fusione

Tribunale di Firenze, 11 Febbraio 2025, n. 513/2025
Sul disavanzo da fusione

La fusione per incorporazione tra due società comporta che i valori attivi e passivi della incorporata vanno a ricomporsi, insieme a quelli della incorporante, nel bilancio della società risultante dalla fusione; alcuni valori, però, non possono confluire nei bilanci di quest’ultima ma devono essere annullati: così è, per esempio, per i reciproci debiti e crediti delle partecipanti alla fusione e per le partecipazioni di una nell’altra. Se il valore della partecipazione annullata supera quello della porzione del patrimonio netto apportata dall’incorporata si ha un disavanzo di fusione.

A norma dell’art. 2504-bis c.c. il disavanzo di fusione deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell’attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per  la differenza ad avviamento, alla stregua di un costo sostenuto per l’operazione. Il principio contabile nazionale OIC 4 spiega però che un valore non imputabile a uno specifico elemento è da considerare avviamento solo ove possibile, dovendo altrimenti essere eliminato dall’attivo e detratto dalla riserva di consolidamento, se esistente, o, se non esistente la riserva, inserito nel conto economico come costo. Detto disavanzo, se è registrato all’attivo e non come perdita, dev’essere ammortizzato secondo la disciplina dettata dall’art. 2426 c.c. (richiamato dall’art. 2504-bis) e dal principio OIC 24. In tal senso, l’art. 2426 c.c., nella versione vigente nel 2010, imponeva un ammortamento massimo quinquennale, consentendo un periodo limitato di durata superiore di cui doveva essere data adeguata motivazione nella nota integrativa; dopo la modifica apportata a partire dal 2016, l’ammortamento dev’essere effettuato secondo la vita utile del bene e, se questa non è determinabile, entro un massimo di dieci anni. Anche l’OIC 24, ante d.Lgs 139/2015, fissava il periodo massimo di ammortamento in cinque anni, salve specifiche ragioni da evidenziare nella nota integrativa, mentre, a seguito della riforma, ribadisce la durata commisurata alla vita utile (ma mai superiore ai venti anni) o, se questa non determinabile, al decennio. In pratica, un ammortamento superiore al quinquennio può essere adottato a condizione che ne siano spiegate le ragioni.

Il disavanzo residuo di una operazione di fusione può essere imputato alternativamente o a specifici beni dell’attivo oppure ad avviamento, se espressivo di un plusvalore, altrimenti imputato a perdita; in tal senso, l’imputazione ad avviamento postula comunque che il disavanzo residuo rappresenti un plusvalore acquisito: l’OIC 4 spiega (punto 4.4.3.1) che la differenza residua del disavanzo di annullamento non può essere considerata sic et simpliciter avviamento: è necessario valutare se l’avviamento effettivamente esista e deve comunque essere legato alla operazione stessa e non ad altre future ed incerte o conseguenti alla fusione.

Data Sentenza: 11/02/2025
Carica: Presidente | Relatore
Giudice: Niccolò Calvani
Registro: RG 716 / 2021
Allegato:
Stampa Massima
Data: 12/10/2025
Massima a cura di: Giovanni Celano
Giovanni Celano

Avvocato specializzato in diritto commerciale, societario e della crisi di impresa; esercita la professione forense prevalentemente presso il Foro di Pisa ed ha maturato importante e solida esperienza nell'ambito della contrattualistica di impresa, del diritto societario (operazioni societarie, start-up ed operazioni M&A) e del contenzioso societario, nonché della crisi di impresa. E' stato Cultore di Diritto Commerciale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Pisa per il periodo 2012-2018 ed ha fondato lo Studio Legale Celano con sede in Pontedera nel 2018.

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