Salvo patto contrario, la cessione ad un terzo dell’esemplare di un dipinto non implica automaticamente la cessione del diritto di riproduzione del medesimo o di altri diritti di utilizzazione economica dell’opera.
L’assenza della firma dell’autore sull’opera o comunque la sua indicazione a margine della medesima rileva esclusivamente ai fini della valutazione della condotta dolosa del reato di diffusione abusiva di immagini ma non ai fini della responsabilità risarcitoria, rispetto alla quale è sufficiente che sia dimostrata la negligenza nel non aver verificato la provenienza delle immagini prima della loro pubblicazione. In particolare, infatti, la diligenza richiesta per l’attività imprenditoriale di riproduzione e distribuzione su larga scala di opere comprende anche l’attenzione ed il rispetto della disciplina in materia di diritto d’autore.
Il conferimento a terzi dell’incarico di reperire le immagini e di procedere al loro montaggio all’interno di un’opera multimediale non esonera colui che ha conferito l’incarico dalle responsabilità conseguenti all’eventuale violazione dei diritti d’autore su tali opere.
Il risarcimento del danno derivante dalla violazione dei diritti d’autore richiede la prova del danno, del dolo o della colpa, dei riflessi patrimoniali o morali del danno e del relativo nesso causale tra la condotta ed il pregiudizio.
Il valore in sé dell’opera non rileva ai fini della quantificazione del danno patrimoniale derivante dalla violazione dei diritti dell’autore sulla medesima, atteso che la stessa si fonda sul duplice criterio alternativo della retroversione degli utili conseguiti dall’autore della violazione ovvero del c.d. “prezzo del consenso. Secondo il primo criterio, i profitti direttamente realizzati dall’autore della violazione costituiscono un parametro di valutazione della pretesa risarcitoria. Sulla base del secondo criterio, invece, ci si avvale di una valutazione equitativa che vede quale riferimento minimale il prezzo che avrebbe avuto la cessione dei diritti di utilizzazione economica dell’opera stessa.
Qualora il titolare dei diritti d’autore violati non riesca a dimostrare l’esatta portata della violazione né i profitti da essa derivanti, è possibile operare una quantificazione meramente equitativa del pregiudizio da ristorare.
Quando la violazione dei diritti d’autore su di un opera figurativa si sia tradotta in una sua riproduzione all’interno di un’opera multimediale, occorre prendere in considerazione il lasso temporale in cui l’opera figurativa viene mostrata all’interno dell’opera multimediale, nonché la diffusione di quest’ultima [Nel caso di specie, il Tribunale – ai fini del risarcimento del danno patrimoniale – ha considerato che l’illecita riproduzione del dipinto all’interno del DVD durava soltanto per pochi secondi e che lo stesso, in via di approssimazione, era stato vista da qualche migliaio di persone].
Il diritto morale dell’autore costituisce quella ricompensa non economica che consiste nell’essere riconosciuto presso il pubblico indistinto come il soggetto che ha realizzato quell’opera con il proprio apporto originale e creativo.
Il pregiudizio derivante dalla violazione del diritto morale dell’autore può anche essere quantificato secondo equità.
L’obbligo di risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniale derivanti dalla violazione dei diritti dell’autore sull’opera costituisce un debito di valore e, pertanto, lo stesso è soggetto ad interessi e rivalutazione monetaria.