Gravano in esclusiva sull’amministratore della società gli obblighi di buona, competente e diligente gestione (art. 2380-bis e 2381 c.c., valevoli anche per le s.r.l.) e l’amministratore che eventualmente decida di informare il suo comportamento a direttive altrui, o permetta che altri si ingeriscano, non è per questo sollevato dalle responsabilità conseguenti alle attività gestorie che egli abbia posto in essere, omesso o tollerato altri ponessero in essere.
L’addebito di mala gestio dell’amministratore di società ha natura di addebito di illecito contrattuale, posto che si fonda sulla violazione dei doveri che l’amministratore deve adempiere in virtù del proprio rapporto gestorio verso la società medesima. Pertanto, per quanto riguarda gli oneri probatori, essi seguono le regole del tipo di domanda: spetta alla società allegare l’illecito (compresi gli elementi che rendono illecita la condotta addebitata, se occorrenti) e provare nesso causale e danno; spetta all’amministratore provare di avere invece diligentemente operato.
Qualora l’amministratore abbia predisposto bilanci non veritieri quanto ai valori di magazzino esposti in valori eccedenti il vero, ciò integra una mera violazione di regole relative alla redazione del bilancio, che non può avere quale conseguenza l’obbligo risarcitorio in capo all’amministratore di incrementare la ricchezza della società così da renderla eguale al valore fittizio indicato in bilancio. Aver simulato ricchezza, infatti, comporta semplicemente l’apparenza di una ricchezza inesistente, ma la ricchezza sostanziale della società, in sé, non cambia, in quanto l’atto rappresentativo dell’amministratore non ha incidenza sulla realtà sottostante.