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Assemblea totalitaria e abuso di maggioranza
Nel caso di mancata convocazione dell’assemblea, l’art. 2379 bis c.c. preclude al socio che, pur non essendovi convocato, abbia partecipato...

Nel caso di mancata convocazione dell’assemblea, l’art. 2379 bis c.c. preclude al socio che, pur non essendovi convocato, abbia partecipato e ne abbia consentito lo svolgimento, di impugnare la delibera esitata dall’assemblea. In altre parole, per quell’ipotesi di totale compromissione del diritto d’informazione del socio, cui la convocazione è preordinata, in omaggio al principio generale immanente nel sistema del diritto societario – di garantire, il più possibile, la stabilità delle decisioni assembleari – il legislatore ha inteso prevedere un’ipotesi di nullità sanabile.

Di fronte a un’assemblea totalitaria, l’accertamento della presenza dell’intero capitale sociale e della maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo esclude la rilevanza della mancanza delle formalità previste per la convocazione, il cui astratto rilievo officioso rimane neutralizzato. Tale assemblea ha competenza generale, senza che rilevi l’eventuale violazione delle norme che disciplinano la convocazione.

La disciplina dell’assemblea totalitaria contenuta al comma 4 dell’art. 2366 c.c. è da ritenersi applicabile anche alle assemblee di s.r.l.

L’esecuzione del contratto di società deve essere improntata ai ben noti canoni di correttezza e buona fede e l’abuso di maggioranza (c.d. abuso, o eccesso, di potere) può condurre all’annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando le stesse non trovino alcuna giustificazione nell’interesse sociale – per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale – oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli.

Nel nostro ordinamento non esiste una norma che identifichi espressamente la figura dell’abuso di potere nelle deliberazioni assembleari, anche se, da tempo, si ammette l’esistenza di tale fattispecie, riferendola alle ipotesi di applicazione non corretta del principio maggioritario; più precisamente, tale figura giuridica non tipizzata si estrinseca nell’esercizio del diritto di voto da parte del socio di maggioranza a danno degli altri soci, tramite l’adozione di una delibera assembleare lesiva degli interessi della minoranza, ovvero, in alternativa, in contrasto con l’interesse sociale.

Il cosiddetto abuso della regola di maggioranza costituisce una species del ben più ampio genus dell’abuso del diritto, al quale si riconducono tutte quelle ipotesi in cui un comportamento, che formalmente rappresenta l’esercizio di un diritto soggettivo, è sprovvisto di tutela giuridica o comunque illecito in quanto svolto in violazione delle regole generali di buona fede e correttezza, le quali sono di applicazione generale a tutti i rapporti giuridici obbligatori e, tra questi, anche a quelli derivanti dal contratto di società. Sussiste, infatti, la figura dell’abuso quando la decisione dell’assemblea risulta arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci di maggioranza allo scopo di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero per ledere i diritti del singolo partecipante.

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Profili di invalidità della delibera di determinazione del compenso dell’amministratore che sia anche socio
L’elenco delle materie da trattare in assemblea deve essere chiaramente indicato, sia per consentire ai soci una preparazione adeguata, sia...

L’elenco delle materie da trattare in assemblea deve essere chiaramente indicato, sia per consentire ai soci una preparazione adeguata, sia per evitare che sia sorpresa la buona fede degli assenti mediante discussione/deliberazione su materie non incluse nella convocazione. A tal fine non è necessaria una indicazione particolareggiata delle materie da trattare, ma è sufficiente un’indicazione sintetica, purché chiara e non ambigua, specifica e non generica, la quale consenta la discussione e l’adozione da parte dell’assemblea dei soci anche delle eventuali deliberazioni consequenziali ed accessorie.

Per quanto riguarda l’annullamento della delibera assembleare di una società di capitali per conflitto di interessi tra socio e società – quando il primo si trovi ad essere portatore, con riferimento ad una specifica delibera, di un duplice e contrapposto interesse, cioè da una parte il proprio interesse di socio e dall’altra quello della società –, è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse sociale, mentre è irrilevante che essa, senza pregiudicare tale interesse, consenta al socio di raggiungere anche un interesse proprio.

In tema di annullamento per conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 2373 c.c., della delibera assembleare determinativa del compenso degli amministratori, il vizio ricorre quando essa è diretta al soddisfacimento di interessi extrasociali, in danno della società, senza che risulti condizionante in sé – ai fini del conflitto di interessi ovvero anche dell’eccesso di potere – la decisività del voto da parte dell’amministratore (beneficiario dell’atto) che sia anche socio; ne consegue che la accertata irragionevolezza della misura del compenso (valutata in base al fatturato ed alla dimensione economica e finanziaria dell’impresa, da rapportare all’impegno chiesto per la sua gestione) può risultare anche quando la delibera attua un patto parasociale, in precedenza stipulato sotto forma di transazione fra i soci, compresi gli impugnanti soci di minoranza, che sono legittimati all’impugnazione in quanto dissenzienti e nonostante la partecipazione al predetto accordo.

Non risulta annullabile per conflitto d’interessi la deliberazione determinativa del compenso dell’amministratore per il mero fatto che essa sia stata adottata col voto determinante espresso dallo stesso amministratore che abbia preso parte all’assemblea in veste di socio, se non ne risulti altresì pregiudicato l’interesse sociale. Lo stesso vale in relazione al vizio di eccesso di potere, ritenendosi comunque essenziale l’accertamento della sproporzione del compenso attribuito.

A fronte dell’attribuzione all’amministratore di compensi sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell’assemblea della società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza, giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle scelte istituzionalmente spettanti all’assemblea dei soci, la convenienza o l’opportunità della delibera per l’interesse della società, bensì ad identificare, nell’ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del compenso stabilita in favore dell’amministratore, occorrendo a tal fine avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti dell’amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione complementare, alla situazione patrimoniale e all’andamento economico della società.

La circostanza che anche il socio amministratore abbia espresso il proprio voto in relazione al (proprio) compenso di amministratore non costituisce di per sé un vizio della delibera; infatti, per potersi configurare una situazione di conflitto di interessi o di abuso di potere è sempre necessario che venga dedotto e dimostrato il perseguimento di un interesse extrasociale in contrasto con quello della società.

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È inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c. volto a ottenere l’inibizione ex tunc dell’efficacia di una decisione dei soci di s.r.l.
Gli effetti che possono essere assicurati ex art. 700 c.p.c. sono appunto gli effetti che la sentenza di merito produrrà...

Gli effetti che possono essere assicurati ex art. 700 c.p.c. sono appunto gli effetti che la sentenza di merito produrrà nel mondo materiale e giuridico; non può invece essere anticipato, semplicemente, il pronunciato giudiziale. Fuori dei casi speciali previsti dalla legge (ad esempio, l’accertamento cautelare di non contraffazione, previsto dal codice della proprietà intellettuale) non è ammissibile un provvedimento cautelare di mero accertamento.

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Le azioni di accertamento del Fallimento sugli amministratori della s.r.l.: natura indebita di compensi, rimborsi spese e acconti sugli utili
Nel caso in cui il Fallimento di una s.r.l. abbia esercitato l’azione finalizzata a conseguire la restituzione di somme indebitamente...

Nel caso in cui il Fallimento di una s.r.l. abbia esercitato l'azione finalizzata a conseguire la restituzione di somme indebitamente corrisposte agli amministratori, ai sensi dell'art. 2033 c.c., non opera il termine di prescrizione quinquennale ma, al contrario, il diritto è soggetto all'ordinario termine di prescrizione decennale ex art 2946 c.c.

La disciplina dei compensi degli amministratori prevista per le s.p.a. dall'art. 2389 c.c. si estende analogicamente anche alle s.r.l.; in assenza di una determinazione all'interno dell'atto costitutivo ovvero da parte dell'assemblea dei soci, il quantum del compenso dovrà essere stabilito giudizialmente.

L'atto di riassunzione di un giudizio davanti ad altro giudice, dopo che il primo adito si sia dichiarato incompetente, non introduce un nuovo grado di giudizio sicché la riassunzione non risulta abbisognevole di nuova autorizzazione del giudice delegato.

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Rinvio dell’assemblea dei soci e modalità di convocazione
Il disposto di una norma che – come l’art. 2374 c.c. – è stata dettata soltanto per la società azionaria...

Il disposto di una norma che - come l’art. 2374 c.c. - è stata dettata soltanto per la società azionaria non sembra applicabile analogicamente anche alle società a responsabilità limitata, in quanto il legislatore ha riconosciuto ai soci che non partecipano all’amministrazione della società penetranti poteri di controllo costituiti dal diritto di avere notizie dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri e i documenti relativi all’amministrazione.

Il rinvio ad altra data della prosecuzione dei lavori dell’assemblea impone in ogni caso alla società di procedere ad una nuova convocazione dei soci assenti all’assemblea di cui viene disposto il rinvio. Il socio, infatti, ha diritto ad essere preventivamente convocato all’assemblea nei modi e nei termini stabiliti dall’atto costitutivo, o in mancanza, secondo quelli previsti dalla legge, affinché questi venga messo nelle condizioni di esercitare in maniera informata il diritto di voto in ragione della propria quota partecipativa e di partecipare ed intervenire nella discussione sociale, come espressamente dall’art. 2479, co. 5 c.c. per le società a responsabilità limitata. E ciò perché la convocazione del socio è strumentale all’esercizio dei suddetti fondamentali diritti sociali.

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Invalidità delle decisioni dei soci di s.r.l.
L’illegittima formazione delle maggioranze ai fini delle decisioni dei soci nella s.r.l. non costituisce in ogni caso vizio di nullità,...

L’illegittima formazione delle maggioranze ai fini delle decisioni dei soci nella s.r.l. non costituisce in ogni caso vizio di nullità, ma di mera annullabilità della delibera. La nullità è, infatti, prevista soltanto per il caso di decisioni aventi oggetto illecito o impossibile oppure prese in assenza assoluta di informazioni (art. 2479 ter, co. 3, c.c.) oppure che dispongono modifiche dell’oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite. Per tutte le decisioni che non sono state prese in conformità della legge o dell’atto costitutivo è, invece, dettato (art. 2479 ter, co. 1, c.c.) il regime della annullabilità.

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False attestazioni in verbali assembleari e compromettibilità in arbitrato
L’inserimento di false attestazioni in un verbale assembleare non si pone in contrasto “con le norme dettate a tutela di...

L’inserimento di false attestazioni in un verbale assembleare non si pone in contrasto “con le norme dettate a tutela di interessi generali che trascendono quelli del singolo socio”, cosicché un’eventuale controversia avente ad oggetto l'impugnazione della delibera contenente tali attestazioni non sarebbe sottratta alla competenza arbitrale: ciò sia perché l’impugnazione di delibera assembleare non è certamente svincolata dall’iniziativa di parte e come tale è, quindi, compromettibile in arbitri, sia perché in ordine alla contestazione delle attestazioni contenute in un verbale di assemblea ordinaria di società di capitali, la Suprema Corte ha stabilito che il verbale assembleare sottoscritto dal presidente e dal segretario dell’assemblea ha natura di scrittura privata e, pur essendo dotato di una sua efficacia probatoria, non è tuttavia dotato di fede privilegiata, potendo i soci, pertanto, far valere eventuali sue difformità rispetto alla realtà con qualsiasi mezzo di prova.

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La giusta causa per la revoca dei liquidatori di s.r.l.
I rimedi ex art. 2487, co. 2 e 4, c.c. per la nomina e la revoca dei liquidatori sono rimedi...

I rimedi ex art. 2487, co. 2 e 4, c.c. per la nomina e la revoca dei liquidatori sono rimedi separati e autonomamente esperibili. L’azione di responsabilità ex art. 2476, co. 3, c.c. può essere anticipatoriamente richiesta in via cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. per l’immediata revoca del liquidatore, con gli effetti di ‘provvisoria stabilità’ di cui all’art. 669-octies, co. 6, c.p.c., in funzione della successiva azione di merito ex art. 2487, co. 4, c.c. volta alla sola revoca in via definitiva dalla carica liquidatoria.

La giusta causa per la revoca ex art. 2487, co. 4, c.c. ricorre in presenza di grave inadempimento ad obblighi di legge (quale la mancata convocazione dell’assemblea in presenza di formale richiesta dei soci e la mancata presenza alle assemblee legittimamente convocate da questi, con conseguente violazione del diritto a sentir dibattere in assemblea le rilevanti questioni riconosciuto loro dall’art. 2479, co. 1, c.c.). Ricorre inoltre in presenza di modalità inaccettabili e contrarie a buona fede oggettiva nello svolgimento dell’incarico liquidatorio tali da incrinare il rapporto di fiducia con i soci (quale l’atteggiamento di rifiuto di qualsiasi legittima richiesta di condivisione e chiarimento delle modalità della liquidazione in corso, sia pur in difetto di vincoli in tal senso nella delibera di nomina).

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Approvazione del bilancio di s.r.l., invalidità della decisione assunta con consultazione scritta
La partecipazione personale dell’organo amministrativo nell’assemblea dei soci per la presentazione e la discussione del progetto di bilancio ai fini...

La partecipazione personale dell’organo amministrativo nell’assemblea dei soci per la presentazione e la discussione del progetto di bilancio ai fini dell’approvazione del medesimo costituisce un dovere dell’amministratore, non delegabile a terzi in quanto trattasi di attribuzione esclusiva, con conseguente annullabilità della delibera ex art. 2479-ter, comma 1, c.c., in quanto adottata su proposta di un soggetto non abilitato in assenza del vero organo amministrativo.

La comunicazione inviata dal legale dell’amministratore e non da quest’ultimo, ed indirizzata al legale dei soci e non a quest’ultimi direttamente, non può in alcun modo ritenersi equipollente alla comunicazione volta ad avviare il procedimento di approvazione scritta [nel caso di specie, un messaggio di posta elettronica certificata conteneva la chiosa “Si allega: bilancio al 31.12.2019 da approvarsi per iscritto”].

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Inammissibilità di querela di falso di delibera assembleare
Legittimato passivo rispetto alla querela di falso civile è solo il soggetto che intenda valersi del documento in giudizio per...

Legittimato passivo rispetto alla querela di falso civile è solo il soggetto che intenda valersi del documento in giudizio per fondarvi una domanda o un'eccezione e non già chi, in concreto, non intenda avvalersene o l'autore del falso ovvero chi abbia comunque concorso nella falsità, ai quali ultimi va riconosciuta, al più, la possibilità di intervenire in via adesiva nel giudizio. Rispetto a una querela di falso in relazione al contenuto di una delibera assembleare legittimata passiva è dunque solo la società e non il presidente dell'assemblea il cui verbale è oggetto di contestazione.

E' inammissibile la querela di falso di un verbale di delibera assembleare non rogato da un notaio, non avendo lo stesso alcuna capacità di fare fede privilegiata della veridicità dei fatti che ivi si afferma essere avvenuti (quale, nella specie, la avvenuta deliberazione della distribuzione degli utili). La querela di falso della scrittura privata è infatti esperibile nel caso di falsità materiale, per spezzare il collegamento , quanto alla provenienza, fra dichiarazione e sottoscrizione , ma non nel caso di falsità ideologica, per impugnare la veridicità di quanto dichiarato, dato che quest’ultimo aspetto può essere smentito mediante i normali mezzi di prova.

Deve ritenersi mancante, e quindi nulla, la delibera assembleare per cui non si sia avuto, in realtà, né svolgimento di dibattito né espressioni di voto da parte di tutti.

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Nullità della delibera assembleare per violazione del diritto di informazione dei soci e requisiti di validità della delibera di rinuncia preventiva all’azione di responsabilità
Il diritto di informazione è strumentale al corretto esercizio del diritto di voto. La sua violazione comporta la nullità della...

Il diritto di informazione è strumentale al corretto esercizio del diritto di voto. La sua violazione comporta la nullità della delibera di approvazione del bilancio tenuto conto che in tal modo non viene consentito ai soci di desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole che siano fornite in relazione a ciascuna posta di bilancio. In particolare il diritto di informazione è in rapporto di strumentalità con il principio di chiarezza, e ciò comporta per gli amministratori il dovere di soddisfare l'interesse del socio ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili recati dal bilancio.

 

In mancanza della relazione degli amministratori sulla situazione della società di cui agli art. 2446 e 2447 da depositare con le osservazioni del collegio sindacale, la delibera assembleare è nulla per totale difetto di informazione dei soci.

 

Affinchè la rinuncia preventiva all'azione di responsabilità verso gli amministratori della società sia espressa validamente dai soci, occorre che in sede di delibera vengano specificamente indicati i fatti gestionali imputati agli amministratori e che, esclusivamente in ragione di essi, i soci deliberino di rinunciare alla conseguente azione in modo consapevole. Una generica rinuncia a qualsiasi titolo e per qualsiasi causa sarebbe, dunque, inammissibile.

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Violazione di una clausola di prelazione e tutela reale
Alla violazione di una clausola di prelazione statutaria non consegue né la nullità né l’invalidità né l’inefficacia degli atti di...

Alla violazione di una clausola di prelazione statutaria non consegue né la nullità né l’invalidità né l’inefficacia degli atti di cessione né tantomeno la necessità di una “retrocessione” delle quote cedute. Tale violazione è sanzionata con la sola tutela reale consistente nel rendere inefficace l’atto di trasferimento nei confronti della società.
A tal fine, colui che intende agire per ottenere la declaratoria di tale inopponibilità alla società deve provare l’esistenza di un proprio effettivo interesse all’acquisto della partecipazione ceduta, presupposto necessario anche ai fini del ricorso al criterio equitativo ex art. 1226 c.c. per la determinazione del danno lamentato.

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