Nel valutare la sussistenza di un rischio di associazione possono assumere rilievo i commenti dei consumatori e gli articoli di stampa, dai quali emerge l’ambiguità che l’utilizzo dei marchi altrui crea in merito alla possibile esistenza di un legame tra le parti.
Ai sensi dell’art. 8 comma 3 c.p.i. i segni notori usati in campo sportivo possono essere usati come marchio solo dall’avente diritto o con il consenso di questi. Tale notorietà può essere provata per il tramite di articoli di stampa, di dati delle visualizzazione dei video contenenti gli highlights delle partire disputate dalla squadra, dal curriculum sportivo della squadra e dai dati degli spettatori delle partite.
Tra i motivi legittimi previsti dall’art. 15 del Regolamento UE n. 1001/2017, in base al quale il titolare del marchio europeo può opporsi alla successiva immissione in commercio dei prodotti, rientra anche l’ipotesi in cui il marchio sia utilizzato non solo per identificare i prodotti rivenduti, ma anche per scopi quali la promozione dei servizi offerti dal soggetto che reimmette in commercio il prodotto.
In ipotesi di contraffazione di un marchio, il pregiudizio che deriverebbe dalla prosecuzione o dalla reiterazione dell’illecito può dirsi connotato dal carattere dell’irreparabilità, in considerazione del fatto che in tal caso il titolare del marchio rischierebbe di veder ulteriormente diluita la capacità distintiva del proprio segno e di perdere quote di mercato.
Il patronimico, quando corrisponde a un marchio, può essere utilizzato purché tale uso non determini un effetto confusorio. Chi registra il proprio cognome come marchio patronimico e lo cede in seguito a terzi può continuare a utilizzare il cognome esclusivamente in funzione descrittiva per le proprie attività professionali, ma solo a condizione di non provocare un effetto di agganciamento e confusione con il marchio. Pertanto, sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi.
L'articolo 2557 c.c. , in tema di divieto di concorrenza, trova applicazione analogica nel caso in cui, anziché l'azienda, siano cedute le partecipazioni di controllo di una società che esercita un'impresa commerciale.
La legittimazione attiva per la tutela del marchio registrato ex art. 20 c.p.i. spetta esclusivamente al titolare del marchio, apparendo irrilevante sul piano del diritto - se non in alcun modo provata - l'autodefinizione in termini di "ex titolare di fatto del marchio" o anche di "autore morale dell'immagine riportata nel marchio".
La circostanza che l'insegna, e più in generale l'immagine in essa riprodotta, raffiguri un avo di un soggetto non esclude la possibilità che quella immagine possa essere inserita nei segni distintivi aziendali e quindi possa essere legittimamente utilizzata da altri soggetti, acquirenti dei predetti segni.
E' principio noto e consolidato, in coerenza con la funzione intrinseca del segno, che l'apprezzamento sulla confondibilità fra i segni distintivi similari dev'essere compiuto dal giudice non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via generale e sintetica, vale a dire con riguardo all'insieme degli elementi salienti, grafici, visivi e fonetici dei marchi interessati, e tenuto conto di tutti i fattori pertinenti, e quindi della notorietà del marchio e del grado di somiglianza tra i prodotti, nonché della normale avvedutezza dei consumatori cui i prodotti o servizi sono destinati.
L'uso del patronimico consentito nella ditta, in quanto giustificato per il principio di verità, deve avvenire nell'osservanza dei principi di correttezza professionale, e quindi non in funzione di marchio, e non in contrasto con la disciplina delle privative.
La manipolazione delle foto di una persona mediante il taglio del volto e l’eliminazione di quelle caratteristiche impresse permanentemente sul corpo (i tatuaggi) con l’intento, evidentemente, di conferire allo stesso nonché alla sua immagine un’identità specifica ed unica, costituiscono un atto gravemente abusivo dell’immagine della “persona”, in quanto hanno l’effetto di mercificarla, trattandola “alla stregua di un manichino”. (altro…)
La tutela del diritto al nome dettata dal codice civile con riguardo alle persone fisiche è estesa alle persone giuridiche. Infatti, così come il nome e il cognome rientrano nell’ambito dei diritti della personalità in quanto destinati a una funzione identificativa dell’individuo, allo stesso modo la denominazione identifica presso il pubblico una persona giuridica.
Ai fini dell’applicabilità delle discipline relative alla ditta e al marchio non si richiede che il soggetto che opera nel mercato sia un imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c., essendo sufficiente (altro…)
Quando il nome di uno stilista appaia ‘spersonalizzato’ in ragione del fatto che è da tempo utilizzato come marchio, non sussistono i presupposti della tutela di cui all’art. 7 c.c. ma permane in capo allo stilista personalmente il diritto alla tutela di cui all’art 8 c.p.i., tanto ex comma 2° che ex comma 3° c.p.i., la quale (altro…)
Deve considerarsi nulla la registrazione del marchio di un nome notorio ad esclusivo vantaggio di uno solo dei coeredi senza il consenso degli altri aventi diritto, secondo le regole della comunione ordinaria ex art. 1105 c.c.
Le contrapposte e speculari domande di accertamento positivo e negativo di contraffazione devono ritenersi legate da un rapporto di continenza tra loro, ove non sussista una relazione di litispendenza a causa della parziale diversità dei soggetti coinvolti nelle due cause; pertanto, la domanda di accertamento negativo (altro…)
L'istituto della priorità ha la funzione di consentire al richiedente di disporre di un “periodo di riflessione” durante il quale valutare l'ambito territoriale in cui ricercare effettivamente la tutela, evitando di dover depositare contemporaneamente le domande in tutti i Paesi di interesse potenziale, mantenendo comunque salvo il requisito della novità nei vari Paesi (altro…)
Un'associazione non riconosciuta può essere titolare di un marchio di impresa, anche di fatto, e può quindi invocarne la tutela anche nei confronti di società. Deve ritenersi in astratto tutelabile un marchio corrispondente ad una denominazione geografica, purchè esso non si esaurisca nella mera indicazione geografica (nel caso di specie trattasi della denominazione di una squadra di calcio, il cui nome riproduce in parte quello di una cittadina ligure).
L’uso del proprio patronimico coincidente con l'altrui marchio per contraddistinguere la propria attività deve essere considerato legittimo se conforme alla correttezza professionale, circostanza da ritenere sussistente qualora l'utilizzo avvenga a fini meramente identificativi/distintivi dell’autore delle prestazioni svolte, il che (altro…)
In tema di diritto d'autore, a fronte del riconoscimento offerto dall’art. 12 l.d.a. del diritto esclusivo del titolare all’utilizzazione economica dell’opera, l’art. 100 l.d.a. precisa che (altro…)