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Edoardo Beghelli

Edoardo Beghelli

Cultore della materia in Diritto Commerciale presso l'Università di Bologna; Avvocato in Bologna presso lo Studio Legale Associato Demuro Russo.

24 Settembre 2024

Il provvedimento n. 55 del 2005 di Banca d’Italia non costituisce prova privilegiata per le fideiussioni specifiche

Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 era stato predisposto dall’Associazione bancaria italiana nel corso dell’anno 2003 e riguardava unicamente le fideiussioni omnibus rilasciate a garanzia di operazioni bancarie. Dunque, la mera corrispondenza di alcune clausole contenute in una fideiussione specifica allo schema ABI non determina la nullità delle predette clausole, in essa riprodotte, poiché non vige il criterio presuntivo secondo cui tale fideiussione rappresenti il frutto di un’intesa vietata, cioè non può avvalersi del valore di prova privilegiata del provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia. Ne discende che l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che eccepisce la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust. Inoltre, non è sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito, al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa a monte, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito. [ Continua ]
24 Settembre 2024

Litispendenza e abuso del processo

L'azionare più volte la stessa pretesa attraverso diversi strumenti processuali configura un abuso del processo. Tale condotta abusiva giustifica la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata ai sensi dell'art. 96, co. 3, c.p.c., senza necessità di accertare il dolo o la colpa grave della parte. A norma dell'art. 39, co. 1, c.p.c., qualora una stessa causa venga proposta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, anche se la controversia iniziata in precedenza sia stata già decisa in primo grado e penda ormai davanti al giudice dell'impugnazione, senza che sia possibile la sospensione del processo instaurato per secondo, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. o dell'art. 337, co. 2, c.p.c., a ciò ostando l'identità delle domande formulate nei due diversi giudizi. [ Continua ]
25 Settembre 2024

Revoca dell’amministratore di S.r.l. nominato a tempo indeterminato

Nelle società a responsabilità limitata, la revoca dell'amministratore o dalla carica endoconsiliare, quando si tratti di soggetto nominato a tempo indeterminato, non richiede la sussistenza di una giusta causa, ma solo il rispetto di un congruo preavviso. La disciplina applicabile è quella dell'art. 1725 commi 1 e 2 c.c., e non quella prevista per le società di persone dall'art. 2259 c.c. o dall'art. 1723 comma 2 c.c. La violazione dell'obbligo di preavviso comporta il dovere risarcitorio della società, limitato al danno economico corrispondente alla mancata percezione degli emolumenti nel periodo di preavviso, da quantificarsi in via equitativa in sei mesi. Non rilevano, ai fini della disciplina applicabile, eventuali apprezzamenti sulla maggiore o minore intensità del legame sociale, né il fatto che l'amministratore fosse stato nominato nell'atto costitutivo. [ Continua ]
24 Settembre 2024

Invalidità della delibera assembleare di s.r.l. per partecipazione di un soggetto non legittimato

La delibera assembleare di una s.r.l. è invalida se assunta con il voto determinante di un soggetto non legittimato ad esercitare i diritti sociali. In caso di trasferimento mortis causa di quote sociali, l'erede o legatario acquista la qualità di socio e la legittimazione all'esercizio dei diritti sociali solo dopo aver adempiuto alle formalità pubblicitarie previste dall'art. 2470 c.c., tra cui il deposito presso il registro delle imprese della documentazione attestante la qualità di erede/legatario. La mancata iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese comporta l'inefficacia dello stesso nei confronti della società, senza possibilità di provare la conoscenza del trasferimento da parte degli organi sociali. Pertanto, è invalida la delibera assunta con il voto determinante dell'erede non iscritto, in quanto soggetto estraneo alla compagine sociale e non legittimato all'esercizio dei diritti sociali. [ Continua ]
26 Settembre 2024

Responsabilità precontrattuale e trasferimento di quote societarie

In tema di responsabilità precontrattuale, non sussiste alcuna responsabilità delle parti quando le trattative per la conclusione di un accordo di collaborazione commerciale non si sono concretizzate in un contratto definitivo, in assenza di prove tangibili circa la mala fede o il dolo di una delle parti nel recedere dalle trattative stesse. La mera esistenza di bozze contrattuali non sottoscritte e di incontri tra le parti per discutere i termini dell'accordo non è sufficiente a dimostrare il raggiungimento di un'intesa vincolante o la sussistenza di un obbligo a contrarre. Inoltre, non può essere accolta la domanda di trasferimento di quote societarie basata su un presunto accordo non formalizzato, in mancanza di elementi probatori che dimostrino un nesso di corrispettività tra la mancata conclusione dell'accordo di collaborazione e l'esclusione di una parte dalla compagine sociale di una nuova società. [ Continua ]
27 Settembre 2024

Abuso della clausola simul stabunt simul cadent e diritto al risarcimento dell’amministratore

La clausola simul stabunt simul cadent assolve la finalità di mantenere costanti gli equilibri originari propri del CdA, fungendo da deterrente alla disgregazione dell’organo gestorio poiché ciascun amministratore è consapevole che le dimissioni di uno o di alcuni degli altri determinano la decadenza dell’intero consiglio e, al contempo, può contribuire a quella decadenza, quando in disaccordo con gli altri. La clausola in parola può prestarsi altresì a un uso strumentale e/o abusivo laddove le dimissioni degli amministratori siano dettate prevalentemente dallo scopo di provocare la decadenza del CdA, al fine di rimuovere gli amministratori non graditi dalla carica gestoria, in modo tale da evitare la corresponsione del risarcimento del danno che ad essi sarebbe spettato ove revocati in assenza di giusta causa ai sensi dell’art. 2383, co. 3, c.c. Incombe sull’amministratore che lamenta la sussistenza di una revoca illegittima la prova del collegamento oggettivo e soggettivo tra le dimissioni dei consiglieri che hanno perfezionato la fattispecie statutaria della decadenza dell’intero consiglio e la successiva immediata nomina di un nuovo consiglio composto da tutti i precedenti componenti meno l’attore, nonché la prova della sua esclusiva finalizzazione all’estromissione dello stesso dal collegio degli amministratori e quindi all’ottenimento in via indiretta del risultato di revocarlo in assenza di giusta causa. Il danno da liquidare all’amministratore è rappresentato dal lucro cessante, consistente nella mancata percezione dei compensi che allo stesso sarebbero spettati ove non fosse cessato dalle proprie funzioni per via dell’operatività della clausola innescata. Per quanto concerne, invece, il danno all’immagine, esso è danno-conseguenza che per essere risarcito necessita di essere allegato e provato, non essendo sufficiente la mera allegazione dello stesso, giacché la liquidazione del medesimo necessita di essere compiuta sulla scorta del concreto pregiudizio patito e provato dal soggetto che lo invoca. [ Continua ]
31 Maggio 2024

Azione di responsabilità del curatore nei confronti dell’ex amministratore

In applicazione dei principi generali sull’onere di allegazione e della prova in tema di responsabilità civile contrattuale, il curatore che agisce verso l’ex amministratore per il risarcimento del danno deve fornire la prova della fonte del suo diritto (la carica di amministratore svolta dal convenuto) e allegare l'inadempimento ai doveri imposti all’amministratore di società dalla legge e dallo statuto, mentre sull’amministratore convenuto incombe l'onere della dimostrazione del fatto estintivo costituito dall'adempimento. Il curatore deve altresì allegare e dimostrare, quali elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, il danno e il nesso di causalità con l’inadempimento dell’amministratore, ma non è tenuto a provare l'imputabilità dell'inadempimento all’amministratore sul quale grava l'onere della prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che l'inadempimento è dipeso da una causa a lui non imputabile ex art 1218 c.c. Tali oneri gravano sul curatore che agisce anche per far valere la responsabilità dell’amministratore verso i creditori sociali, azione cui si attribuisce natura di responsabilità extracontrattuale, dovendo in aggiunta farsi carico non solo di allegare, ma altresì di provare il comportamento dell’amministratore convenuto in violazione del dovere del neminem laedere. In generale, l'inadempimento rilevante nell'ambito delle azioni di responsabilità da risarcimento del danno nelle obbligazioni cosiddette di comportamento non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisca causa, o concausa, efficiente del danno, sicché l'allegazione del creditore non può attenere a un inadempimento, qualunque esso sia, ma a un inadempimento per così dire qualificato, e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno. I doveri imposti dalla legge, dall'atto costitutivo e dallo statuto agli amministratori di società sono assai variegati. In parte risultano puntualmente specificati e s'identificano in ben determinati comportamenti quali, ad esempio, la predisposizione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, la tenuta delle scritture contabili, la predisposizione dei bilanci e i prescritti adempimenti fiscali e previdenziali, il divieto di concorrenza, e via elencando. Per il resto, si tratta di doveri il cui preciso contenuto non è sempre facile da specificare a priori, in quanto essi derivano dall'essere l'amministratore preposto all'impresa societaria e dal suo conseguente obbligo di compiere con la necessaria diligenza tutto ciò che occorre per la corretta gestione di essa. Ne discende che anche le conseguenze dannose - per la società e per i suoi creditori - che possano eventualmente scaturire dalla violazione dei suddetti doveri, dovendo essere in rapporto di causalità con quelle violazioni, non sono suscettibili di una considerazione unitaria, ma appaiono destinate a variare a seconda di quale sia stato l'obbligo di volta in volta violato dall'amministratore. In tanto, allora, ha senso parlare dell'individuazione del danno, del nesso di causalità che deve sussistere tra il danno medesimo e la condotta illegittima ascritta all'amministratore, della liquidazione del quantum debeatur e degli oneri di prova che gravano in proposito sulle parti del processo, in quanto si sia prima ben chiarito quale è il comportamento che si imputa all'amministratore di aver tenuto e quale violazione, tra i molteplici doveri gravanti sul medesimo amministratore, quel comportamento ha integrato. [ Continua ]
31 Maggio 2024

Sul compenso degli amministratori

Il rapporto intercorrente tra la società di capitali e il suo amministratore è di immedesimazione organica e a esso non si applicano né l'art. 36 Cost. né l'art. 409, co. 1, n. 3, c.p.c. Ne consegue che è legittima la previsione statutaria di gratuità delle relative funzioni. Nel rapporto interno con l’amministratore e sul piano contrattuale, le scelte negoziali per conto della società sono assunte ed espresse dai soci, ai quali spetta ex lege il potere di nominare e revocare gli amministratori e di determinarne, eventualmente, il compenso. Pertanto, al fine di individuare le modalità di regolamentazione del rapporto contrattuale con l’amministratore, occorre fare riferimento a quegli atti attraverso i quali, nell’ambito dell’organizzazione societaria, si manifesta la volontà dei soci con particolare riferimento al rapporto di amministrazione. In primo luogo, lo statuto della società, cui l’amministratore, nell’accettare la nomina, aderisce. Il disposto degli artt. 2364, co. 1, n. 3, e 2389, co. 1, c.c. - letti e interpretati in relazione alla natura del rapporto di amministrazione e alle fonti che lo disciplinano – delineano infatti una materia del tutto disponibile e subordinata alle disposizioni statutarie e alla volontà assembleare. In tutte le ipotesi in cui si accerti che l’amministratore ha diritto al compenso, ma né lo statuto né l’assemblea ne abbiano determinato l’ammontare, questo può essere stabilito dal giudice in via equitativa, sulla base di alcuni parametri di riferimento, che è onere dell’amministratore che agisce in giudizio allegare e provare. Il danno futuro è quello di cui si prevede il verificarsi in un tempo posteriore alla domanda risarcitoria con un grado di ragionevole certezza. Perché il danno futuro sia risarcibile, non basta una pura e semplice eventualità, o un generico o ipotetico pericolo, ma occorre la certezza, alla quale può equipararsi un elevato grado di probabilità, della insorgenza di un danno, che, per quanto non verificatosi in tutto o in parte, trovi ragionevole fondamento in una lesione già avvenuta, ovvero in fatti obiettivi che si ricolleghino direttamente al fatto illecito e rappresentino una causa efficiente già in atto. Al riguardo, va altresì precisato che, se è risarcibile il danno che, radicandosi in una causa presente, abbia ripercussioni nel futuro, non lo è quello che si riallacci a una causa attuale che lo predispone, ma che, per estrinsecarsi, abbia bisogno di un'altra causa la quale, come potrebbe sorgere nel futuro, così potrebbe anche mancare. [ Continua ]
10 Giugno 2024

Nullità degli atti nella procedura di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento

Il controllo di validità degli atti del procedimento degli atti della procedura di accordo e della procedura di liquidazione del patrimonio del sovraindebitato spetta agli organi della procedura ex artt. 26 e 36 l. fall., norme applicabili anche alle procedure di sovraindebitamento in quanto espressioni di un principio di portata generale nell’ambito delle procedure concorsuali dirette da un giudice. La regola contenuta nell’art. 2929 c.c., secondo cui la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita e l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, non è applicabile alle nullità che riguardino proprio la vendita o l’assegnazione, cioè quando si tratti di vizi che direttamente le concernono ovvero ad esse obbligatoriamente prodromici. La nullità di una vendita per collusione tra l’aggiudicatario e gli organi della procedura può essere fatta valere mediante l’introduzione di azione autonoma successiva alla collusione nel procedimento esecutivo se il debitore prova di aver avuto conoscenza della collusione dopo la chiusura della procedura esecutiva, dovendo, altrimenti, il vizio essere fatto valere mediante gli strumenti tipici endo-procedimentali di impugnazione degli atti esecutivi o della procedura concorsuale. La collusione tra creditore e aggiudicatario presuppone la consapevolezza della nullità e l’esistenza di un accordo in danno dell’esecutato, intervenuto tra acquirente e creditore. [ Continua ]
15 Luglio 2024

Il bilancio nelle s.r.l. e le modalità di dazione di denaro da parte del socio alla società

L'art. 2429, co. 3, c.c., applicabile anche alle s.r.l., secondo il quale il progetto di bilancio deve restare depositato in copia nella sede della società nei quindici giorni che precedono l’assemblea, attribuisce a tutti (e soltanto) i soci un diritto soggettivo perfetto alla preconoscenza del fascicolo di bilancio. Essa è volta a consentire una più informata, e quindi adeguata, espressione di voto al riguardo, tanto che il bilancio deve rimanere consultabile fino alla sua intervenuta approvazione anche il giorno stesso della riunione. Costituisce quindi in materia, nel bilanciamento fra l’interesse a una celere approvazione del bilancio e quello dei soci a conoscere in modo approfondito tale fondamentale snodo documentativo della gestione sociale, un presidio informativo inderogabile, tale per cui il deposito stesso e il suo termine quindicinale di durata a ritroso può essere compresso soltanto ove tutti i soci espressamente vi acconsentano. In caso di contestazione da parte di un socio dell’adempimento di tale obbligo, spetta alla società provare di avervi invece assolto. Varie sono le modalità di dazione di denaro da parte del socio alla società, ciascuna munita di una propria causa concreta, onde dalla relativa qualificazione discendono conseguenze eterogenee rilevanti e il giudice del merito deve verificarne la natura, attraverso un'analisi volta a individuare la causa del negozio intervenuto fra socio e società. Le diverse figure in cui la dazione del socio includono i conferimenti, i finanziamenti dei soci, i versamenti a fondo perduto o in conto capitale e i versamenti finalizzati a un futuro aumento di capitale. Decisiva nella qualificazione della dazione di un socio è l'interpretazione della volontà delle parti, occorrendo, in particolare, accertare se si sia trattato di un rapporto di finanziamento riconducibile allo schema del mutuo o di un contratto atipico di conferimento, e, in quest'ultimo caso, se esso sia stato, in modo inequivoco, condizionato o no, nella restituzione, a un futuro aumento del capitale nominale della società, indagine che può tener conto di ogni elemento del caso concreto capace di svelare la comune intenzione delle parti e gli interessi coinvolti, tenendo conto del fatto che l’onere di provare la natura di finanziamento è dell’attore che agisce per la restituzione. Il capitale sociale può essere eliso dalle perdite solo dopo l'assorbimento delle riserve, che vengono intaccate dalle perdite sulla base di un ordine successivo: dalla riserva meno vincolata e più disponibile alla riserva più vincolata e meno disponibile, qualificazione che tiene conto del grado di facilità con cui la società stessa potrebbe deliberarne la destinazione ai soci. Se il capitale sociale ha un grado di indisponibilità maggiore di quello relativo alle riserve legali, le riserve statutarie e quelle facoltative create dall'assemblea sono liberamente disponibili; pertanto, devono essere utilizzati, nell'ordine, prima le riserve facoltative, poi quelle statutarie, indi quelle legali e, da ultimo, il capitale sociale. Si tratta di principio posto a tutela di un interesse generale, che trascende quello del singolo socio, essendo dettato, in particolare, a protezione dell'affidamento che i terzi abbiano fatto sulla consistenza del capitale sociale, che, perciò, non può essere intaccato prima che siano state esaurite le altre voci del patrimonio stesso. [ Continua ]