hai cercato per: Luigi També

Responsabilità degli amministratori per inadeguata vigilanza sull’operato dei dipendenti e sulla movimentazione di cassa

Gli amministratori di una società (che gestisce una sala da gioco) sono tenuti a vigilare adeguatamente sulle movimentazioni di cassa e ciò implica l’apprestamento di personale e di strumenti tecnologici idonei a gestire in modo adeguato l’ingente movimentazione di cassa generata dalle slot machines. Sono responsabili del danno provocato gli amministratori che si accorgano con ritardo degli ammanchi provocati dai dipendenti della società, perché ove gli amministratori avessero adeguatamente vigilato sull’operato dei propri dipendenti, preservato le strumentazioni informatiche di controllo dall’accesso di soggetti non autorizzati e verificato puntualmente e costantemente gli andamenti di cassa, gli ammanchi non si sarebbero verificati o, al più, sarebbero stati di entità minima, in quanto scoperti e bloccati sul nascere. [ Continua ]

Responsabilità degli amministratori da omesso versamento delle imposte e delle ritenute previdenziali e tributarie

Gli amministratori hanno l’obbligo di pagare i debiti tributari e previdenziali né potrebbero sostenere di non essere a conoscenza dell’esistenza degli stessi, i quali derivano dall’andamento della gestione alla quale attendono. Il rapporto di causalità tra il mancato pagamento e la maturazione, sulle somme dovute, di interessi, sanzioni ed oneri è in re ipsa. Del tutto irrilevante in relazione al mancato pagamento delle imposte è la circostanza che la società operi nei limiti di una gestione meramente conservativa ai sensi dell’art. 2486 c.c., in quanto i limiti di gestione non esonerano certo gli amministratori dal pagare i debiti sociali o, quantomeno, dal presentare agli enti finanziari e previdenziali competenti un piano di rientro onde evitare il lievitare della somma dovuta per l’applicazione di interessi, sanzioni e altri oneri. L’eccezione di prescrizione è eccezione in senso proprio e stretto, ossia non rilevabile d’ufficio dal giudice, come stabilito dall’art. 2938 c.c. e deve, pertanto, essere proposta nella comparsa costitutiva, da depositare almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione dei termini, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 166 c.p.c. [ Continua ]
2 Settembre 2022

La decorrenza del termine di prescrizione dell’azione dei creditori sociali e la determinazione del compenso degli amministratori

L’azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146, comma 2 l.fall., cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2392-2393 c.c. e dall'art. 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, tant'è che il curatore può, anche separatamente, formulare domande risarcitorie tanto con riferimento ai presupposti dell'azione sociale, che ha natura contrattuale, quanto con riguardo a quelli della responsabilità verso i creditori, che ha natura extracontrattuale. Tali azioni, peraltro, non perdono la loro originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, che nella disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione dell'onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione. La prescrizione dell'azione dei creditori sociali promossa dal curatore fallimentare inizia a decorrere dall'insufficienza patrimoniale oggettivamente conoscibile dai creditori ravvisata nella pubblicazione del bilancio dell'esercizio, approvato dall'assemblea dei soci, dal quale emerga per la prima volta un'ingente perdita. In assenza di oggettiva conoscibilità dello stato di decozione la prescrizione inizia a decorrere dal fallimento, al pari dell’azione sociale. Nel caso in cui la quantificazione del compenso degli amministratori di società di capitali non sia prevista dall’atto costitutivo, come previsto dall’art. 2389, comma 1, c.c., è necessaria un’apposita delibera assembleare che provveda in tal senso, non potendo la stessa essere considerata implicita nella delibera di approvazione del bilancio. [ Continua ]
23 Settembre 2022

L’onere probatorio in materia di condotte distrattive e la determinazione del danno risarcibile

Nella procedura di fallimento l’onere probatorio della curatela si arresta alla prova della esistenza della somma e del suo mancato ritrovamento o della mancata consegna al momento del fallimento. Pertanto, a fronte di uno specifico addebito di distrazione, l’onere di dimostrare che le somme siano state destinate al pagamento dei lavoratori non può che ricadere sul convenuto amministratore della società fallita. Per quanto riguarda l’addebito di prosecuzione illegittima dell’impresa, in presenza di uno stato passivo che cristallizza l’esposizione debitoria della fallita ed in presenza di parte delle scritture contabili, il danno risarcibile non può essere desunto aprioristicamente da un criterio equitativo, come è la differenza tra l’attivo ed il passivo o la differenza dei patrimoni netti. [ Continua ]
20 Novembre 2022

Determinazione delle spese di lite a fronte della cessata materia del contendere

Dichiarata la cessazione della materia del contendere, in quanto la impugnata delibera con cui si disponeva l’esclusione del socio attore è stata revocata dalla società convenuta in data successiva alla istaurazione del rapporto processuale, la determinazione delle spese di lite avviene sulla scorta del principio della soccombenza virtuale, giudizio che può essere svolto solo sulla scorta degli atti depositati con valutazione sommaria. [ Continua ]
7 Gennaio 2023

L’impugnazione di delibere assembleari approvative di bilanci privi dei necessari requisiti di chiarezza, correttezza e veridicità

La delibera assembleare di una società di capitali è nulla per illiceità dell’oggetto, a norma dell’art. 2379 c.c., quando è contraria a norme dettate a tutela dell’interesse generale, che trascende quello dei singoli soci, e che siano dirette ad impedire una deviazione dello scopo essenziale economico-pratico del contratto e del rapporto di società. Pertanto, qualora, in relazione alla deliberazione del bilancio sociale, siano dedotte violazioni del principio di chiarezza e precisione del bilancio, la nullità della deliberazione ben può concretamente configurarsi se i fatti asseritamente contrari a quel principio si rivelino idonei ad ingenerare, per tutti gli interessati, incertezze ovvero erronee convinzioni circa la situazione economico-patrimoniale essendo posta la verità e la chiarezza di questo a tutela non soltanto del o dei singoli soci, bensì di tutti i terzi e dei creditori in particolare. L’interesse ad impugnare può attenere anche soltanto alla corretta informazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa; interesse che è ravvisabile in tutti i casi in cui dal bilancio e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte; ed anche l’esistenza di alcune soltanto delle poste redatte in violazione di disposizioni inderogabili di legge è già da sola sufficiente a far dichiarare tale nullità. Il socio, infatti, ha diritto a ottenere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte in bilancio ed è altresì indubbio che la pronuncia giudiziale con cui venga dichiarata la nullità della delibera assembleare impugnata dal socio obbliga i competenti organi sociali ad approvare un nuovo bilancio, esente dai vizi riscontrati nel precedente. Il bilancio di esercizio di una società di capitali, che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall'art. 2423, comma 2, c.c., è illecito, sicché la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato è nulla non soltanto se la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati, ivi compresa la relazione, non sia possibile desumere l'intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. [ Continua ]
14 Novembre 2021

Omessa consegna del certificato di abitabilità e conseguente azione risarcitoria e di responsabilità rispettivamente verso società e amministratori

Il certificato di abitabilità rientra nel novero dei documenti che, a norma dell’art.1477 c.c., il venditore deve rimettere al compratore al più tardi al momento della consegna del bene venduto. Pertanto, l’inadempimento del venditore sussiste già nel momento in cui, in sede di esecuzione del contratto di compravendita con l’immissione dell’acquirente nel possesso materiale e giuridico del bene, venga omessa la consegna allo stesso del certificato di abitabilità; ed è dunque da tale data che decorre il termine decennale di prescrizione dell’azione volta a far valere la responsabilità risarcitoria per inadempimento contrattuale. Non possono peraltro rilevare quali atti interruttivi del corso della prescrizione (ex art. 2943 c.c.), delle precedenti missive che non contengano, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione della pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. L'inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell'altro contraente, secondo la previsione dell'art. 2395 c.c. o dell’art. 2476, co. 6°, c.c., atteso che tale responsabilità – di natura extracontrattuale – postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi. Inoltre, ai fini dell’esperimento dell’azione di responsabilità verso gli amministratori, ex art. 2394 c.c., l’intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria azionata nei confronti della società venditrice, fa venir meno la qualifica di creditore in capo all’istante, escludendo quindi la sussistenza del presupposto fondamentale per l’utile accesso al rimedio previsto dalla norma. Infine, a fondare la responsabilità dell’amministratore ex art. 2394 c.c. non può valere la mera insufficienza del patrimonio sociale, occorrendo anche che la stessa sia conseguenza di atti di mala gestio, ovvero di omissioni e condotte illegittime poste in essere dall’amministratore in violazione degli obblighi correlati alla carica e, segnatamente, in contrasto con il generale dovere di preservare l’integrità del patrimonio sociale. [ Continua ]
15 Gennaio 2022

Sospensione dell’efficacia della decisione di fusione a seguito di opposizione

La proposizione dell’opposizione alla fusione (da considerare come mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c., e quindi esercitabile giudizialmente) produce ex lege ed erga omnes effetti sospensivi dell’efficacia della decisione di fusione stessa; e tale soluzione si desume dall’interpretazione degli artt. 2503 c.c. (con il conseguente rinvio all’art. 2445 comma 4) e 2629 c.c. Pertanto, l’opposizione blocca in via preventiva e paralizza automaticamente il procedimento di fusione, e con tale strumento un terzo estraneo alla società – indipendentemente dalla fondatezza delle sue ragioni – potrà incidere, per volontà di legge, sul diritto soggettivo della società a procedere a fusione, fintanto che tale ostacolo non sia rimosso dal provvedimento del tribunale. [ Continua ]
10 Ottobre 2022

Approvazione del bilancio ed effetti interruttivi della prescrizione

Il riconoscimento del diritto, al fine della interruzione della prescrizione, ex art. 2944 cod. civ., è configurabile in presenza dei requisiti della volontarietà, della consapevolezza, della inequivocità, della esternazione e della recettizietà, requisiti che devono coesistere nello stesso atto, restando escluso che questo possa essere ricomposto a posteriori attraverso l’integrazione a mezzo dei risultati di attività probatoria svolta nel processo. Ne consegue che la ricognizione interruttiva della prescrizione non può essere ricollegata alla correlazione tra una singola voce, complessiva e generica, di bilancio, ed un atto interno di contabilità specificativo, in quanto, in tale ipotesi, il bilancio non è fornito di quel carattere specificatorio necessario per integrare la manifestazione di consapevolezza idonea alla ricognizione del singolo debito, mentre l’atto interno, pur dotato di specificità, è, però, privo della esteriorizzazione implicante la manifestazione di consapevolezza. All’approvazione del bilancio, non può attribuirsi il valore di una rinuncia tacita alla prescrizione. Poiché la funzione del bilancio è quella di informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione, la relativa delibera di approvazione integra gli estremi di una dichiarazione di scienza, che solo a certe condizioni può integrare gli estremi di un atto negoziale. [ Continua ]
7 Gennaio 2023

La determinazione del danno da mancata nomina alla carica di presidente del CdA

Con riferimento agli interessi pretensivi, l’ingiustizia del danno si configura in relazione alla consistenza della protezione che l’ordinamento riserva all’istanza di ampliamento della sfera giuridica del pretendente, essendo necessario che egli sia titolare non già di una mera aspettativa, bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la consecuzione, secondo la disciplina applicabile ed un criterio di normalità, di un esito favorevole. Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretandosi nell’accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato o impedito dall’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, presuppone la prova, sia pure indiziaria, dell’utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, esclusi i mancati guadagni meramente ipotetici perché dipendenti da condizioni incerte, sicché la sua liquidazione richiede un rigoroso giudizio di probabilità (e non di mera possibilità), che può essere equitativamente svolto in presenza di elementi certi offerti dalla parte non inadempiente, dai quali il giudice possa sillogisticamente desumere l'entità del danno subito. [ Continua ]