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Matteo Santellani

Matteo Santellani

Avvocato - Associate

Avvocato iscritto all'Albo degli Avvocati di Verona, svolgo la mia attività professionale tra Verona e Milano presso lo studio associato Unistudio Legal&Tax. Mi occupo di diritto societario e commerciale, anche con riferimento alla consulenza day-by-day e alla contrattualistica commerciale (anche internazionale), operazioni straordinarie, M&A e private equity, nonchè diritto fallimentare e restructuring (ivi incluso il restructuring M&A).

21 Luglio 2023

Postergazione legale del finanziamento del socio: requisito soggettivo ed oggettivo

In tema di postergazione dei finanziamenti soci rispetto al soddisfacimento degli altri creditori, l’art. 2467 comma 2 c.c. prevede che si intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. Il regime di postergazione legale del credito del socio derivante dal finanziamento effettuato alla società richiede due requisiti: uno soggettivo, consistente nella sussistenza della dazione di denaro alla società ad opera di un socio ed uno oggettivo consistente nella condotta del socio stesso il quale, conoscendo o dovendo conoscere la situazione di crisi irreversibile della società, aveva provveduto a sostenerne la operatività con mezzi non ragionevoli e non adeguati, ossia con mezzi tesi ad incrementare il capitale sociale, ma che avevano provocato ulteriore indebitamento (giacché, secondo una valutazione di natura prognostica, sarebbe stato preferibile soddisfare i creditori prima della restituzione del predetto apporto che assumeva la connotazione dissimulata di conferimento). [ Continua ]
11 Agosto 2023

Recesso convenzionale condizionato da società cooperativa ed effetti del recesso da cooperativa edilizia

In tema di società cooperative il recesso convenzionale, disciplinato dagli artt. 2518 e 2526 c.c., costituisce manifestazione della volontà negoziale, in quanto previsto dall’atto costitutivo, che può legittimamente disciplinarlo attraverso clausole che ne determinino il contenuto, ammettendo l’esercizio di tale facoltà in situazioni specifiche, ovvero limitandolo o subordinandolo alla sussistenza di determinati presupposti o condizioni, in particolare all’autorizzazione o all’approvazione del consiglio d’amministrazione o dell’assemblea dei soci. Tali clausole attribuiscono ai predetti organi un potere discrezionale, che non può tuttavia essere esercitato in modo arbitrario, nè tradursi in un rifiuto di provvedere o in un diniego assoluto ed immotivato dell’approvazione; il che, oltre a contrastare con i principi di correttezza e buona fede, che vanno rispettati anche nell’esecuzio del contratto sociale, comporterebbe una sostanziale vanificazione del diritto di recesso, il cui esercizio non può essere escluso o reso eccessivamente gravoso. La violazione di tale diritto, per inosservanza dei predetti principi, rende applicabile l’art. 1359 c.c., in virtù del quale la condizione si considera avverata, qualora sia mancata per causa ascrivibile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento. La necessità dell’autorizzazione non comporta infatti la trasformazione della fattispecie in un accordo, nell’ambito del quale la determinazione della società venga ad assumere la funzione di accettazione della proposta del socio, configurandosi pur sempre il recesso come un negozio unilaterale, corrispondente al diritto potestativo di uscire dalla società o di rinunciare a conservare lo status derivante dal rapporto giuridico nel quale il socio è inserito (operando quale condizione di efficacia rispetto alla deliberazione del consiglio di amministrazione o dell’assemblea). Nelle cooperative aventi come scopo la costruzione di alloggi e l’assegnazione degli stessi in godimento e, successivamente, in proprietà individuale ai soci, le anticipazioni e gli esborsi effettuati dal socio non a titolo di conferimento, ma per il conseguimento dei singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa, pongono il socio nella posizione di creditore verso la cooperativa, posizione che una volta avvenuto lo scioglimento del rapporto sociale si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate, sempre che la proprietà dell’alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto. La cessazione del rapporto sociale, in conseguenza del recesso esercitato dal socio di una società cooperativa, comporta anche la cessazione del rapporto mutualistico, il quale tuttavia può cessare solo qualora la cooperativa abbia realizzato lo scopo mutualistico in favore di tutti i soci, in applicazione del principio di parità di trattamento. [ Continua ]
5 Ottobre 2023

Responsabilità dell’amministratore di fatto per condotte distrattive e responsabilità solidale dell’amministratore di diritto

L’individuazione della figura del c.d. amministratore di fatto presuppone che la persona abbia in concreto svolto attività di gestione, e non anche meramente esecutive, della società e che tale attività abbia carattere sistematico e non si esaurisca nel compimento di taluni atti di natura eterogenea ed occasionale. La corretta individuazione della figura richiede l’accertamento dell’avvenuto inserimento nella gestione dell’impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, che si verifica quando le funzioni gestorie, svolte appunto in via di fatto, non si siano esaurite nel compimento di atti di natura eterogenea e occasionale, essendo la sistematicità sintomatica dell’assunzione di quelle funzioni. Il soggetto che accetti di ricoprire la carica di amministratore di una società di capitali e poi consenta, con pieno assenso e consapevolezza, che a gestire l’impresa sociale sia di fatto un terzo, è sotto il profilo causale necessario compartecipe e sotto quello giuridico corresponsabile di ogni singolo atto di gestione che abbia lasciato compiere all’amministratore di fatto. Ove quest’ultimo arrechi un vulnus all’integrità del patrimonio sociale, la responsabilità in relazione a tale evento dannoso è pertanto ascrivibile, in via solidale, anche all’amministratore di diritto. L’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 c.c. può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica mentre l’azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori si prescrive sempre in cinque anni, ex art. 2949, co. 2, c.c., ma il termine decorre dal momento in cui si è verificata l’insufficienza del patrimonio sociale o, più precisamente, dal momento in cui questa insufficienza patrimoniale diviene oggettivamente conoscibile da tutti i creditori. Quanto all’azione dei creditori sociali, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizi motivazionali che la rendano del tutto illogica o lacunosa. [ Continua ]
19 Luglio 2023

Omissioni sulla situazione patrimoniale della società nel contratto di cessione di quote

Nel caso di contratto di cessione di quote, ancorché l’oggetto contrattuale presenti specifiche peculiarità, esso soggiace alla disciplina propria del contratto di compravendita (e tanto soprattutto in relazione alle garanzie per “i vizi della cosa venduta”, siccome enucleate dall’art. 1497 c.c.). Nello specifico, la cessione di una partecipazione sociale ha come oggetto immediato la partecipazione e come oggetto mediato la quota-parte del patrimonio sociale (quindi attività e passività) che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, la carenza o i vizi relativi alle caratteristiche o al valore dei beni ricompreso nel patrimonio sociale e di riverbero alla consistenza economica della partecipazione possono giustificare l’attivazione di diversi rimedi contrattuali (la risoluzione per difetto di qualità della cosa venduta ai sensi dell’art. 1497 c.c., o l’annullamento del contratto per error in obiecto, attinenti ai diritti e agli obblighi che la partecipazione sociale è idonea a trasferire e non il suo valore, solo se il cedente abbia prestato idonea garanzia) tra cui l’annullamento per dolo quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società sono accompagnate da malizie e astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee in concreto a sorprendere una persona di normale diligenza. Non è sufficiente, perché possa ritenersi integrato il dolo contrattuale, una qualunque influenza psicologica sull’altro contraente, ma sono necessari artifici e raggiri o anche semplici menzogne, purché abbiano una efficacia causale sulla determinazione volitiva della controparte e quindi sul consenso di quest’ultima. Ne consegue che l’effetto invalidante dell’errore, frutto di dolo, è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza o in costanza di questa falsa rappresentazione. [ Continua ]

Esclusione del socio di società cooperativa per grave inadempimento

In tema di società cooperativa, le cause di origine convenzionale di esclusione di un socio devono essere indicate nello statuto in modo tassativo e non generico, al fine di evitare un’eccessiva discrezionalità dell’organo amministrativo e, pertanto, quando un’ipotesi di esclusione fa riferimento alla gravità dell’inadempimento è necessario che sia indicato chiaramente sia la prestazione richiesta, sia la gravità dell’inadempimento stesso. [ Continua ]
9 Gennaio 2024

Dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo e sorte delle obbligazioni dei soci verso la società

La dichiarazione di nullità dell’atto costitutivo non comporta automaticamente il venir meno degli obblighi assunti dai soci nei confronti della società, ma - al contrario - qualora tali obbligazioni, siano esse principali o accessorie, non siano connesse alla prosecuzione dell’attività sociale, ma siano relative a obbligazioni dei soci verso la società, restano ferme ex art. 2332, co. 2, c.c. (che pure parla di “conferimenti”) in quanto derivanti dal contratto di società.

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23 Agosto 2023

Onere della prova in tema di azione per la dichiarazione di nullità di una delibera assembleare di s.r.l.

La nullità delle delibere assembleari delle s.r.l. per «assenza assoluta di informazione», previsto dall’art. 2479 ter, 3° co., c.c., in analogia all’art. 2379 c.c. per le decisioni dei soci di s.p.a., ha il fine di tutelare il diritto inderogabile di partecipazione di ciascun socio alle decisioni della comune società, e si rivolge sia ai casi in cui i soci non abbiano ricevuto l’avviso di convocazione, sia ai casi nei quali, pur essendo stato ricevuto, non sia idoneo a consentirgli di essere preventivamente avvertiti della convocazione o della data dell’assemblea. Qualora un soggetto agisca per la dichiarazione di nullità della delibera assembleare ha l’onere – da un lato – di identificare con chiarezza la deliberazione oggetto dell’eventuale pronuncia di invalidità e – dall’altro lato – di produrre, al fine di provare il vizio lamentato, o l’avviso di convocazione, o il verbale di assemblea comprovante la propria assenza o la formulazione di richiesta di rinvio. [ Continua ]
4 Ottobre 2023

Nullità parziale della fideiussione omnibus conforme allo schema ABI

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), della l. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti. La formulazione di una eccezione riconvenzionale in una materia devolta alla competenza delle sezioni specializzate in materia di imprese non comporta la separazione delle cause e lo spostamento della competenza. Specularmente, essendo la competenza sull’opposizione a decreto ingiuntivo una competenza funzionale inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di connessione, del giudice che ha emesso il decreto, ne deriva che questi, in caso sia proposta domanda riconvenzionale di competenza delle sezioni specializzate delle imprese di altro tribunale, è tenuto a separare le due cause, rimettendo quella relativa a quest’ultima domanda dinanzi al tribunale competente. [ Continua ]
10 Gennaio 2024

Il dies a quo della prescrizione della responsabilità dell’amministratore è quello delle dimissioni e non dell’iscrizione della delibera di sostituzione

L’iscrizione nel registro delle imprese della delibera con cui l'assemblea ha accettato le dimissioni dell'amministratore e nominato un nuovo organo amministrativo non ha efficacia costitutiva, ma solo dichiarativa. Pertanto, il dies a quo per il calcolo del termine di prescrizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti del primo amministratore deve essere identificato nella data dell'assemblea e non dell'iscrizione della relativa delibera. L’amministratore di una società con l’accettazione della carica acquisisce il diritto ad essere compensato per l’attività svolta in esecuzione dell'incarico affidatogli. Con riferimento poi alla determinazione della misura del compenso, la norma di cui all’art. 2389, co. 1, c.c. prevede che qualora essa non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio. Laddove, invece, manchi una disposizione dell’atto costitutivo e l’assemblea si rifiuti od ometta di stabilirlo o lo determini in misura inadeguata, l’amministratore è abilitato a richiederne al giudice la determinazione, anche in via equitativa. La determinazione giudiziaria del giusto compenso dell’amministratore di società di capitali, ove non pattuito dalle parti deve essere condotta alla stregua del criterio di equità, secondo la regola della proporzione con l’entità della prestazione in concreto svolta e con il risultato fatto conseguire alla società, potendo rilevare, al riguardo, una pluralità di elementi, quali l’impegno profuso dall’amministratore nell’attività prestata, la situazione economica della società, gli utili e i vantaggi conseguiti, la misura dei compensi come corrisposti nei precedenti esercizi, il compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di simili dimensioni e così via. In tema di assemblea dei soci per la promozione dell’azione di responsabilità, non rileva la mancata sottoscrizione di tale verbale da parte del presidente e dal segretario, atteso che trattasi di vizi meramente formali e tali da non inficiarne in ogni caso la validità, soprattutto qualora l’assemblea si svolga in modalità totalitaria e qualora non vi siano state impugnazioni di tale delibera. [ Continua ]