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Incompletezza/inattendibilità delle scritture contabile e responsabilità degli amministratori nei confronti del curatore fallimentare
L’incompletezza e l’inattendibilità delle scritture contabili non può essere ritenuta ex se fonte di responsabilità per gli amministratori, essendo necessario...

L'incompletezza e l'inattendibilità delle scritture contabili non può essere ritenuta ex se fonte di responsabilità per gli amministratori, essendo necessario rilevare un pregiudizio al patrimonio sociale potenzialmente ricollegabile a tale violazione in termini di lucro cessante e danno emergente.

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Impugnazione di delibera di approvazione del bilancio di s.r.l.
Non è normativamente previsto che il bilancio della società controllata debba essere approvato prima del bilancio della società controllante; pertanto,...

Non è normativamente previsto che il bilancio della società controllata debba essere approvato prima del bilancio della società controllante; pertanto, la sequenza cronologica che veda il bilancio della società controllante approvato prima dell’approvazione del bilancio della controllata non è di per sé ragione di invalidità della delibera di approvazione del bilancio della controllante.

L’art. 2429 c.c. non è applicabile alle società a responsabilità limitata in quanto il richiamo operato dall’art. 2478 bis c.c. alle disposizioni di cui alla sezione IX del capo V del libro V è testualmente limitato alle sole disposizioni per la redazione del bilancio. L’art. 2478 bis rubricato “Bilancio e distribuzione degli utili” prevede infatti che “Il bilancio deve essere redatto con l’osservanza delle disposizioni di cui alla sezione IX del capo V del presente libro” e prosegue “Esso è presentato ai soci entro il termine stabilito dall’atto costitutivo e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, salva la possibilità di un maggior termine nei limiti e alle condizioni previsti dal secondo comma dell’art. 2364 c.c.. Entro trenta giorni dalla decisione dei soci di approvazione del bilancio deve essere depositata presso il registro delle imprese, a norma dell’art. 2435, copia del bilancio approvato”. L’articolo in esame, oltre a dettare una disciplina autonoma quanto alla procedura di approvazione, richiama espressamente la norma di cui all’art. 2435 c.c., facente parte della “sezione IX del capo V del presente libro” per estendere alle s.r.l. l’obbligo di deposito del bilancio approvato presso il registro delle imprese, norma che, diversamente opinando - e cioè ritenendo onnicomprensivo il rinvio alle norme della sezione IX - non avrebbe ragione di essere richiamata espressamente, essendo già compresa nella sezione IX.

Gli utili della società controllata confluiscono nel bilancio della controllante solo nella misura in cui ne sia approvata la distribuzione – in base a decisione rimessa ai soci della controllata e non sindacabile da parte del giudice dell’impugnazione del bilancio della controllante – e comunque anche in presenza di utili di cui sia stata deliberata la distribuzione questi non potrebbero che confluire nel bilancio di esercizio della società controllante nel corso del quale né è stata deliberata dalla controllata la distribuzione, secondo il principio di competenza.

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Condotta di amministratori e sindaci penalmente rilevante e proroga della prescrizione dell’azione di responsabilità
In materia di responsabilità di amministratori e sindaci la proroga della prescrizione dell’azione di responsabilità opera a prescindere dalla previa...

In materia di responsabilità di amministratori e sindaci la proroga della prescrizione dell'azione di responsabilità opera a prescindere dalla previa qualifica delle condotta degli stessi come illecito civile in senso assoluto, quando la condotta contestata integri gli estremi del reato. Infatti, la caratterizzazione penale della condotta degli organi gestori e di controllo consente sempre di ravvisare anche un illecito extracontrattuale, potendosi ritenere la relativa deduzione come implicita nel contraddittorio, a condizione che la natura di reato del fatto sia espressamente dedotta.

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Mancata individuazione del termine per l’avveramento della condizione: intervento del Giudice in via suppletiva
Nei casi in cui le parti non abbiano provveduto ad individuare il termine ultimo entro il quale verificare l’avveramento della...

Nei casi in cui le parti non abbiano provveduto ad individuare il termine ultimo entro il quale verificare l’avveramento della condizione, spetta al Giudice intervenire in via suppletiva stabilendo se, alla luce delle caratteristiche e delle peculiarità della vicenda di volta in volta in esame, sia già o meno trascorso un termine congruo e ragionevole tale da poter ritenere definitivamente mancato l’avveramento della condizione.

Secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, infatti, la carenza dell’indicazione di un termine entro il quale la condizione sospensiva o risolutiva debba verificarsi o mancare non comporta necessariamente un vincolo a tempo indeterminato delle parti, ben potendosi il termine desumere implicitamente dalle esigenze di tutela degli opposti interessi delle parti; con la conseguenza che, quando il rapporto giuridico sia sospensivamente condizionato al verificarsi di un evento del quale non sia indicato il termine entro il quale possa utilmente avverarsi, il contratto deve considerarsi inefficace per il mancato avveramento della condizione – senza che decorra l’esigenza della previa fissazione di un termine da parte del giudice – dal momento in cui sia decorso un lasso di tempo congruo entro il quale la condizione avrebbe dovuto avverarsi.

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Acquisto di quote di una società in difficoltà finanziaria e causa “in concreto” del negozio
La causa “in concreto” – intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio...

La causa “in concreto” – intesa quale scopo pratico del contratto, in quanto sintesi degli interessi che il singolo negozio è concretamente diretto a realizzare, al di là del modello negoziale utilizzato – conferisce rilevanza ai motivi, sempre che questi abbiano assunto un valore determinante nell’economia del negozio, assurgendo a presupposti causali, e siano comuni alle parti o, se riferibili ad una sola di esse, siano comunque conoscibili all’altra.

Non può quindi accogliersi la domanda con cui l’opponente chiede di dichiarare la nullità dell’atto di cessione di quote sociali per mancanza di causa concreta, da individuarsi nella realizzazione di un lucro impossibile nel caso di specie stante la messa in liquidazione della società ed il deposito di una domanda di pre-concordato con finalità liquidatorie. Infatti, una tale prospettazione difensiva - in base alla quale quale l’acquisto di quote viene effettuato sempre a scopo di lucro - si pone di fatto in contrasto con la tesi invocata, in quanto individua la causa del negozio in termini astratti e non concreti.

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I requisiti per la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora. Il caso Berneschi.
Il pericolo nel ritardo, quale condizione di ammissibilità del sequestro conservativo dal punto di vista oggettivo, si desume dal rapporto...

Il pericolo nel ritardo, quale condizione di ammissibilità del sequestro conservativo dal punto di vista oggettivo, si desume dal rapporto di proporzione, quantitativo e qualitativo, tra patrimonio del debitore e presunto ammontare del credito e, nella valutazione di questo rapporto, si deve anche considerare se il patrimonio, pur in ipotesi idoneo al momento del sequestro ad assicurare la garanzia del credito, minacci di non esserlo più quando si determineranno le condizioni per la sua realizzazione coattiva.

L’incapienza del patrimonio dei debitori comporta che qualsiasi disponibilità attiva che sopravvenga, invece di essere destinata alla soddisfazione (pur eventualmente parziale) del credito, ben può essere destinata dai debitori ad altri scopi, sinanco naturalmente leciti o non anomali, ma lesivi del diritto del creditore alla soddisfazione del suo credito in quanto suscettibili di pignoramento.

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La determinazione del valore di liquidazione delle azioni per le quali viene esercitato il diritto di recesso, affidata all’esperto nominato dal Tribunale, è rimessa all’equo apprezzamento del terzo
Il terzo arbitratore, a meno che le parti si siano affidate al suo «mero arbitrio» deve procedere con equo apprezzamento...

Il terzo arbitratore, a meno che le parti si siano affidate al suo «mero arbitrio» deve procedere con equo apprezzamento alla determinazione della prestazione, adottando cioè un criterio di valutazione ispirato all'equità contrattuale, che in questo caso svolge una funzione di ricerca in via preventiva dell'equilibrio mercantile tra prestazioni contrapposte e di perequazione degli interessi economici in gioco. Pertanto l'equo apprezzamento si risolve in valutazioni che, pur ammettendo un certo margine di soggettività, sono ancorate a criteri obbiettivi, desumibili dal settore economico nel quale il contratto incompleto si iscrive, in quanto tali suscettibili di dare luogo ad un controllo in sede giudiziale circa la loro applicazione nel caso in cui la determinazione dell'arbitro sia viziata da iniquità o erroneità manifesta, il che si verifica quando sia ravvisabile una rilevante sperequazione tra prestazioni contrattuali contrapposte, determinate attraverso l'attività dell'arbitratore.

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Il difetto di informazione degli amministratori sulla gestione della società
Il difetto di informazione può condurre all’illegittimità della delibera del consiglio. L’art. 2381 c.c. disciplina i flussi informativi all’interno del...

Il difetto di informazione può condurre all’illegittimità della delibera del consiglio. L’art. 2381 c.c. disciplina i flussi informativi all’interno del consiglio, imponendo in capo al presidente del C.d.a., agli organi delegati e, in generale, agli amministratori il dovere di informare ed essere informati. L’obiettivo della citata disposizione è quella di consentire la trasparenza delle decisioni del consiglio e la possibilità, per ogni amministratore, di adempiere al proprio dovere di “agire in modo informato”. In relazione a questo dovere, viene conferita ad ogni amministratore la facoltà di chiedere agli organi delegati che vengano fornite informazioni relative alla gestione della società, anche se non è previsto per i membri del c.d.a., qualora non si ritengano sufficientemente informati, il diritto - espressamente riservato ai soci dall’art. 2374 c.c. - di ottenere il rinvio della seduta del consiglio. La differenza, che è di diritto positivo, forse, trova la sua giustificazione nel fatto che i membri del c.d.a., hanno maggiore accesso alle informazioni societarie rispetto ai soci.

Dunque, una deliberazione assunta in modo non trasparente e non informato costituisce una deliberazione che non è presa in conformità della legge ed è, quindi, annullabile.

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Annullabilità del contratto di cessione di quote di s.r.l. per vizio del consenso
L’inganno è elemento costitutivo della fattispecie di dolo disciplinata dagli articoli 1439 e 1440 del codice civile, nonché presupposto fondamentale...

L'inganno è elemento costitutivo della fattispecie di dolo disciplinata dagli articoli 1439 e 1440 del codice civile, nonché presupposto fondamentale sia della domanda di annullamento per dolo determinante sia della pretesa risarcitoria per dolo incidente. Pertanto, l'attore che agisce in giudizio al fine di ottenere l'annullamento di un contratto di cessione di quote (altro…)

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Responsabilità del liquidatore per debiti tributari di una società estinta
Il liquidatore di una società estinta risponde ai sensi dell’art. 2495 co.3 c.c., se il mancato pagamento è dipeso da...

Il liquidatore di una società estinta risponde ai sensi dell’art. 2495 co.3 c.c., se il mancato pagamento è dipeso da colpa dello stesso, direttamente nei confronti del singolo creditore sociale il cui diritto risulta compromesso. Tra i creditori sociali è da ricomprendere anche l’Amministrazione finanziaria. Venendo meno il soggetto debitore, al fine di far valere la responsabilità del liquidatore sono oggetto di onere della prova del fisco: la fondatezza del proprio credito, l’effettività del danno e la sussistenza del nesso causale tra le colpe del liquidatore e la sopravvenuta impossibilità di realizzazione del credito tributario. Condizioni che costituiscono i principi cardine per la ricostruzione della responsabilità del liquidatore sono:

1. L’effettività del debito tributario, in difetto non essendo possibile accordare una tutela risarcitoria ad una posizione debitoria provvisoria, ovvero al mero dovere di corretta apposizione contabile “prudenziale” di un fondo a copertura di un debito. In caso di tardività dell’opposizione all’accertamento da parte della società ormai estinta, il relativo debito tributario è liquido, esigibile e da registrarsi.

2. Il credito tributario deve esser stato riconoscibile come tale al momento della formazione del bilancio di liquidazione, o almeno essere incorporato in un titolo esecutivo. L’eventuale sussistenza di circostanze che giustifichino la “non iscrizione per carattere controverso” è un dato che attiene alla colpa del liquidatore e, di conseguenza, onere della prova è del liquidatore stesso. Non si può imputare al liquidatore di non aver proceduto all’iscrizione nel bilancio di liquidazione di un credito tributario accertato con riferimento esclusivo alle presunzioni. Si deve far eccezione solo per la quota di 1/3 dei soli tributi che l’Agenzia può escutere anche nella pendenza del giudizio di primo grado. Tale quota di debito tributario risulta pienamente fondata ed il liquidatore è tenuto ad appostare un debito tributario da accertamento per la suddetta quota nel contesto del bilancio di liquidazione.

3. Il credito tributario, rimasto insoddisfatto, corrisponde ad un danno risarcibile se è ipotizzabile una condizione delle operazioni di liquidazione diversa, nel contesto della quale – secondo la regola del giudizio controfattuale – il credito fondato, e da registrarsi, sarebbe stato soddisfatto. Nel vaglio di tale condizione occorre considerare l’ordine dei pagamenti fatti a terzi in fase di liquidazione, le residue esistenze ed infine gli eventuali attività sociali non menzionate in bilancio, di cui si deve presumere destinazione diversa dalla soddisfazione dei creditori.

L’eventuale riduzione, in sede di liquidazione, del debito tributario per compensazione con crediti fiscali della società cancellanda, non incide sulla responsabilità del liquidatore: egli è responsabile nel limite di quanto è provato il singolo creditore sociale potesse recuperare.

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Azionisti di risparmio, limitazione del diritto d’opzione e prezzo d’emissione al di sotto della parità. Il caso Carige-Malacalza.
Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio di società emittenti azioni quotate non è legittimato a far valere in giudizio...

Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio di società emittenti azioni quotate non è legittimato a far valere in giudizio i pregiudizi patrimoniali in thesi prodottisi nelle sfere patrimoniali dei singoli azionisti di risparmio, rappresentando la sua legittimazione straordinaria a “tutelare gli interessi comuni” di questi, ai sensi dell’art. 2418 c.c. cui l’art. 147, c. 3, del testo unico della finanza rinvia, una eccezione al principio generale stabilito dall'art. 81 c.p.c., a mente del quale "nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui".

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