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Azione di responsabilità per falsità delle risultanze del bilancio: onere della prova
Ove il fondamento dell’azione di responsabilità degli amministratori, dei sindaci e del revisore per c.d. danno diretto (artt. 2395 e...

Ove il fondamento dell'azione di responsabilità degli amministratori, dei sindaci e del revisore per c.d. danno diretto (artt. 2395 e 2407 c.c. e art. 15 del D. Lgs. n. 39/2010) e di responsabilità c.d. “da prospetto” (art. 94, comma 8, T.U.F.) sia l’erroneità/falsità delle risultanze del bilancio, l'onere della prova circa tale circostanza è in capo all'attore [conseguentemente, nel caso di specie, il Tribunale ha sancito che l’inammissibilità delle istanze di ordine di esibizione e di C.T.U. e l’assenza tra i documenti di causa degli elementi necessari per verificare la fondatezza dell’erroneità/falsità del bilancio in punto crediti verso la clientela impediscono di ritenere dimostrati sia l’an sia il quantum della pretesa risarcitoria e dunque costituiscono ragioni di per sé sole sufficienti per rigettare la domanda di risarcimento del danno e di accertamento delle quote di responsabilità degli amministratori, sindaci e revisori].

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Società cooperative: rapporto sociale e scopo mutualistico
Nelle società cooperative bisogna distinguere il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi...

Nelle società cooperative bisogna distinguere il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società, dal rapporto associativo. Mentre il rapporto associativo è volto al perseguimento dello scopo comune e si attua nel contratto sociale, è in seno ai contratti a prestazioni corrispettive che si inscrive lo scopo mutualistico, che si realizza proprio attraverso rapporti contrattuali di scambio con il socio.

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Azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare: disciplina della prescrizione
L’azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare, pur cumulando in sé i profili propri sia dell’azione di responsabilità sociale che...

L’azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare, pur cumulando in sé i profili propri sia dell’azione di responsabilità sociale che dell’azione dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma - quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali –, implicando, quindi, una modifica della legittimazione attiva, non muta, tuttavia, la natura giuridica e i presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti, essendo quindi diversi, rispetto a ciascuna di esse, i principi che regolano la ripartizione dell’onere della prova e la disciplina della prescrizione.

Con particolare riferimento alla prescrizione, tanto l’azione sociale di responsabilità quanto l’azione dei creditori si prescrivono in cinque anni. Tuttavia, mentre il decorso della prescrizione quinquennale dell’azione sociale di responsabilità è regolato dal principio secondo cui essa non decorre sino a quando l’organo amministrativo rimanga in carica, in forza del disposto dell’art. 2941 n. 7) cc., con la conseguenza che la prescrizione prevista dall’art. 2949 comma 1 cc rimane sospesa tra le persone giuridiche ed i loro amministratori finché sono in carica per le azioni di responsabilità contro di essi, nell’azione dei creditori sociali, secondo costante giurisprudenza di legittimità, il dies a quo della prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2949 co. 2 cc, decorre dal momento in cui i creditori abbiano potuto avere contezza dell’insufficienza patrimoniale, momento che, in caso di fallimento, si presume coincidere con la dichiarazione di insolvenza della società debitrice, salva prova contraria.

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Sopravvenienze attive e passive di società estinta
Qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir...

Qualora all'estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l'obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.
Il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, il cui valore economico sarebbe stato altrimenti ripartito tra i soci, comporta soltanto che, sparita la società, s'instauri tra i soci medesimi, ai quali quei diritti o quei beni pertengono, un regime di contitolarità o di comunione indivisa, onde anche la relativa gestione seguirà il regime proprio della contitolarità o della comunione.

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Cessione di azienda con patto di riservato dominio: principi in materia di inadempimento
La domanda di riduzione dell’indennità ex articolo 1526 c.c., conseguente alla risoluzione di un contratto di vendita con patto di...

La domanda di riduzione dell'indennità ex articolo 1526 c.c., conseguente alla risoluzione di un contratto di vendita con patto di riservato dominio, può essere accolta solo successivamente alla restituzione della res oggetto del contratto di vendita [nel caso di specie, l'azienda], in quanto solo dopo che la restituzione è avvenuta diviene possibile determinare l'equo compenso spettante al venditore per il godimento garantito all'acquirente nel periodo di efficacia del contratto. Il suddetto equo compenso comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente all'incommerciabilità del bene come nuovo e il logoramento per l'uso, ma non il risarcimento del danno spettante al venditore.
Con riferimento a un contratto di vendita con patto di riservato dominio che preveda che le rate pagate dal compratore restino acquisite al venditore a titolo di indennità in caso di risoluzione, è considerata manifestamente eccessiva la penale che, mantenendo in capo al venditore la proprietà del bene, gli consenta di acquisire i canoni maturati fino al momento della risoluzione, ciò comportando un indebito oggettivo derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene e in tal caso il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l'indennità convenuta.

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Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore e dell’esperto stimatore
L’art. 2500 ter, 2° comma cc impone che, in caso di trasformazione della società da società di persone a società...

L’art. 2500 ter, 2° comma cc impone che, in caso di trasformazione della società da società di persone a società di capitali, il capitale sociale venga determinato sulla base degli elementi dell’attivo e del passivo e risulti da relazione di stima, redatta ai sensi dell’art. 2465 cc per le società a responsabilità limitata. La norma in esame mira a garantire l’integrità del capitale sociale della società risultante dalla trasformazione. Da ciò discende che la relazione di stima riveste sia funzione valutativa di tutti gli elementi suscettibili di valutazione economica a valori correnti, cioè di mercato, ma anche funzione certificativa dell’esistenza dei valori del patrimonio sociale. Risponde pertanto del danno provocato ai creditori l'esperto stimatore che abbia falsamente attestato in sede di trasformazione la presenza di un patrimonio netto positivo e così consentito l'occultamento della situazione di scioglimento.

L’art. 2485 cc prevede che gli amministratori debbano senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dalla legge, essendo in caso di ritardo o di omissione responsabili per il danno cagionato alla società ed ai creditori. La norma citata impone agli organi gestori un particolare onere di diligenza nell’accertare “senza indugio” la causa di scioglimento della società ivi compresa la perdita del capitale sociale, imponendosi agli amministratori di verificare nel corso dell’esercizio sociale che l’andamento economico e patrimoniale della società sia tale da non determinare la causa di scioglimento indicata.

Chi agisce in giudizio con azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società di capitali che abbiano compiuto, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, attività gestoria non avente finalità meramente conservativa del patrimonio sociale, ai sensi dell’art. 2486 c.c., ha l’onere di allegare e provare l’esistenza dei fatti costitutivi della domanda, cioè la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento della società ed il successivo compimento di atti gestori da parte degli amministratori, ma non è tenuto a dimostrare che tali atti siano anche espressione della normale attività d’impresa e non abbiano una finalità liquidatoria; spetta, infatti, agli amministratori convenuti di dimostrare che tali atti, benché effettuati in epoca successiva allo scioglimento, non comportino un nuovo rischio d’impresa (come tale idoneo a pregiudicare il diritto dei creditori e dei soci) e siano giustificati dalla finalità liquidatoria o necessari per specifiche ragioni.

Ai fini della responsabilità solidale di cui all'art. 2055, comma 1, c.c., norma sulla causalità materiale integrata nel senso dell'art. 41 c.p., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità - contrattuale ed extracontrattuale -, in quanto la norma considera essenzialmente l'unicità del fatto dannoso, e riferisce tale unicità unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità delle norme giuridiche violate.
Il limite del risarcimento va contenuto alle normali conseguenze dell’inadempimento e il danno non può eccedere il rischio assunto dal debitore in relazione alla concreta operazione negoziale intrapresa.

Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole on claims made basis, quale deroga convenzionale all'art. 1917 c.c., comma 1, consentita dall'art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322 c.c., comma 2, ma alla verifica, ai sensi del comma 1 della norma, della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l'adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l'ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale.

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Azione sociale di responsabilità: arbitrabilità
L’azione sociale di responsabilità promossa dai soci nei confronti degli amministratori ex art. 2476, comma 3, c.c., integra una causa...

L'azione sociale di responsabilità promossa dai soci nei confronti degli amministratori ex art. 2476, comma 3, c.c., integra una causa fra società, da una parte, e amministratori, dall'altra, in quanto si fonda su una legittimazione del socio a esercitare, surrogatoriamente, i diritti della società a beneficio di questa. Invero, i diritti esercitati dal socio sono diritti della società verso il suo amministratore e, solo in forza di una legittimazione straordinaria riconosciuta dalla legge, tale rapporto è agito dal socio e non dalla società che ne è titolare. Al fine di determinare la competenza del giudice ovvero dell'arbitro nel caso di clausola compromissoria statutaria, risulta determinante il rapporto giuridico oggetto della domanda e non il soggetto che la esercita processualmente. Applicando tale principio all'azione sociale di responsabilità, si rileva come il rapporto concerna la società, nel cui patrimonio rifluisce l'eventuale condanna dell'amministratore al risarcimento e potendo solo la società rinunciare all'azione e transigerla.

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Legittimazione dell’amministratore giudiziario a richiedere l’avvio della procedura di liquidazione giudiziale
Il rendiconto dell’amministratore giudiziario, se non contestato dalle parti, deve essere approvato dal tribunale. A seguito dell’introduzione dell’art. 120 bis...

Il rendiconto dell'amministratore giudiziario, se non contestato dalle parti, deve essere approvato dal tribunale.

A seguito dell’introduzione dell’art. 120 bis d.lgs. 14/2019, ad opera del d.lgs. 83/2022, l'amministratore giudiziario è legittimato a proporre il ricorso per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale in caso di insolvenza della società. Le spese di lite sostenute dall'amministratore giudiziario e dal curatore speciale devono essere rimborsate dal socio che ha presentato un'istanza infondata lamentando asseriti inadempimenti dell’amministratore giudiziario.

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Inesistenza e nullità della notifica e questioni di competenza e giurisdizione relative a domande nei confronti di convenuti britannici
La notifica dell’atto di citazione è inesistente, per totale mancanza materiale dell’atto, laddove non abbia la notificazione conseguito il suo...

La notifica dell’atto di citazione è inesistente, per totale mancanza materiale dell'atto, laddove non abbia la notificazione conseguito il suo scopo consistente nella consegna dell'atto al destinatario. L’inesistenza della notifica non comporta l’assoluta insanabilità della notificazione, in caso di costituzione dei convenuti, a mezzo di comparsa di costituzione e risposta, che ha effetto sanante (ancorché essi abbiano concluso per la mancata instaurazione del rapporto processuale nei loro confronti) sebbene ex nunc, dovendosi ritenere coincidente la vocatio in ius con la loro costituzione e purché venga fissata, se i convenuti lo chiedano, una nuova udienza nel rispetto del termine a comparire, in modo che essi possano beneficiare del termine per la costituzione di cui avrebbero beneficiato qualora la notificazione vi fosse stata, a garanzia del loro diritto di difesa.

In base all’art. 3 della legge n. 218 del 1995 la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o ha in Italia un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, a norma dell’art. 77 cpc. Inoltre la giurisdizione italiana sussiste altresì nel caso in cui, pur non essendo il convenuto domiciliato o residente nel territorio italiano o avente in tale territorio un rappresentante autorizzato a stare in giudizio, (i) ricorrano i criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles e (ii) l’oggetto del contenzioso rientri nelle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione (vale a dire nella materia civile o in quella commerciale).

Pur non essendo più il Regno Unito un paese membro dell’Unione Europea (essendosi concluso in data 30 dicembre 2020 il periodo di transizione previsto dall’art. 126 del Brexit Withdrawal Agreement), trovano applicazione in materia di giurisdizione le norme della Convenzione di Bruxelles (poi sostituita dal Regolamento UE n. 1215 del 2012) anche nei confronti dei convenuti inglesi in forza del richiamo effettuato dalla legge n. 218/1995.

La clausola attributiva della giurisdizione deve essere oggetto di pattuizione tra le parti, manifestatasi in modo chiaro e preciso, ed è pertanto rispettato nel caso in cui tale clausola sia contenuta nelle condizioni generali di contratto predisposte dalla parte acquirente, espressamente richiamate negli ordini di acquisto e ad essi allegate, potendo le stesse ritenersi accettate dalla parte venditrice unitamente agli ordini di acquisto integranti la proposta contrattuale.

In tema di giurisdizione del giudice italiano quando la domanda abbia per oggetto un illecito extracontrattuale (alla cui stregua si allinea l’illecito anticoncorrenziale), trova applicazione il criterio di individuazione della giurisdizione fissato dall'art. 7, n. 2, reg. UE n. 1215 del 2012, a mente del quale una persona domiciliata in uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro, in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all'autorità giurisdizionale del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire; alla luce di tale criterio e della costante interpretazione che ne ha dato la CGUE, la giurisdizione si radica o nel luogo in cui si è concretizzato il danno o, in alternativa, a scelta dell'attore danneggiato, in quello dove si è verificato l'evento generatore di tale danno. Tale norma è costantemente interpretata dalla Corte di giustizia nel senso che «la nozione di "luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto" riguarda sia il luogo in cui si è concretizzato il danno sia quello dell'evento generatore di tale danno, di modo che il convenuto possa essere citato, a scelta dell'attore, dinanzi ai giudici dell'uno o dell'altro di questi luoghi».

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Responsabilità solidale e presupposti per il sequestro conservativo
Il socio che propone l’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. agisce nella veste di sostituto processuale della società, per...

Il socio che propone l'azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. agisce nella veste di sostituto processuale della società, per far valere un danno patito dal patrimonio sociale, e non un danno proprio; pertanto risulta del tutto irrilevante la circostanza che lo stesso non avesse la qualità di socio al momento del compimento dei fatti contestati, essendo sufficiente che tale qualità il socio rivesta al momento della domanda.

Ai fini dell' operatività dell’art. 1310, comma 1, c.c., è sufficiente l'esistenza di un vincolo obbligatorio solidale scaturente dall'unicità del fatto dannoso; l’atto processuale con il quale viene interrotta la prescrizione nei confronti di uno dei coobbligati opera pertanto ex lege anche nei confronti di coloro che sono rimasti estranei al processo.

Il periculum in mora, quale presupposto del sequestro, va inteso come pericolo di infruttuosità, ossia come rischio che nelle more del giudizio di merito il patrimonio del debitore venga depauperato e per tale via sottratto in tutto o in parte alla sua funzione di garanzia generica sancita dall'art. 2740 c.c. Detto timore deve trovare riscontro in dati esterni, che dimostrino in modo sufficientemente univoco l'esistenza di un pericolo reale e che rendano quindi verosimile e ragionevole il timore del creditore di perdere le garanzie per il recupero del proprio credito. La semplice insufficienza del patrimonio del debitore può non essere decisiva ai fini della concessione del sequestro, poiché la specificità della cautela consiste nell’assicurare la fruttuosità della futura esecuzione forzata contro il rischio di depauperamento del patrimonio nelle more del giudizio e quindi, oltre all’oggettiva incapienza patrimoniale, può essere richiesto che esistano circostanze oggettive (quali protesti, pignoramenti, azioni esecutive iniziate da altri creditori, ecc.) che facciano temere l’impoverimento del debitore nelle more del giudizio.

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Tollerata coesistenza di un medesimo marchio di fatto da parte di più soggetti
La tutela del marchio di fatto trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto, per effetto della notorietà...

La tutela del marchio di fatto trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto, per effetto della notorietà presso il pubblico, e, pertanto, presuppone la sua utilizzazione effettiva, con la conseguenza che la tutela medesima non è esperibile in rapporto a segni distintivi di un'attività d'impresa non più esercitata dal preteso titolare. L'acquisto del diritto sul marchio di fatto dipende quindi non solo dall'utilizzo del segno, ma richiede anche che il segno abbia raggiunto una notorietà qualificata.

Per ostacolare la registrazione del marchio successivo il preutente deve provare non solo l'uso, ma anche che il proprio preuso abbia determinato la notorietà generalizzata del proprio segno distintivo (marchio di fatto, denominazione o ragione sociale, ditta individuale) prima dell'uso da parte di altri. Si deve trattare di un uso sistematico, non sporadico e tale da consentirne la conoscenza effettiva da parte del pubblico dei consumatori interessati, mediante commercializzazione dei prodotti o servizi. La prova può essere offerta non solo documentalmente, tramite, ad esempio, la produzione di cataloghi e documentazione pubblicitaria, ma anche tramite prove testimoniali e indizi, purché dimostrino la rilevanza quantitativa o qualitativa del prodotto del servizio sul mercato, la durata della presenza e il suo ambito territoriale, facendo riferimento alle concrete modalità di diffusione del segno. L'uso di un marchio di fatto non deve necessariamente essere effettuato in un ambito territoriale esteso, così escludendo una notorietà sull'intero territorio nazionale, ma è sufficiente ai fini dell'acquisto del diritto che la notorietà si riverberi ultra-localmente.

Nel caso in cui i preutenti, in regime di tollerata coesistenza di un preuso non meramente locale, siano due, il preuso dell'altro imprenditore priva il segno di novità e impedisce la registrazione e nessuno dei due preutenti può registrare il segno senza il consenso dell'altro.

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Abuso dell’esclusione del socio di società di persone da parte dei soci maggioritari
Sussiste abuso quando  i soci maggioritari di una società di persone, dopo aver reiteratamente deprivato con il loro voto il...

Sussiste abuso quando  i soci maggioritari di una società di persone, dopo aver reiteratamente deprivato con il loro voto il socio minoritario degli utili, e dopo avere agito contro di lui esecutivamente in proprio, si avvalgano di una mera facoltà statutaria che fa perno sul pignoramento della quota per escludere detto socio dalla compagine.

L'esclusione del socio non è impedita dalla situazione di scioglimento della società.

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